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Parigi e il calcio. La Capitale del mondo potrà mai divenire Capitale del gioco? Campos ci prova, cambiando tutto attorno a Mbappé, con scommesse su allenatore e giovani? Viaggio nella Ville LumiereTUTTO mercato WEB
mercoledì 13 luglio 2022, 08:12Editoriale
di Carlo Pizzigoni

Parigi e il calcio. La Capitale del mondo potrà mai divenire Capitale del gioco? Campos ci prova, cambiando tutto attorno a Mbappé, con scommesse su allenatore e giovani? Viaggio nella Ville Lumiere

Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
“Ici c’est… Paris!”
L’urlo del pubblico è l'orgoglio di rappresentare la (forse) più bella città del Mondo ma anche la necessità di sentirsi parte di essa. Parigi non accoglie tutto, coopta, assume, mette a servizio. Quei due scalmanati lionesi che avevano inventato una nuova arte di immagini in movimento, avrebbero avuto i riflettori del mondo addosso solo dopo la proiezioni in un cafè della capitale francese: da quel momento il cinema è (l’ennesimo) portato della Ville Lumiere.

Il Calcio, ha fatto lo stesso percorso. Perché se gli inglesi hanno inventato le regole del football e i rioplatensi l’amore per il futbol, i francesi, che sono i veri americani del mondo, hanno mosso per far diventare le foot il vero esperanto del pianeta, anche mercé l’intervento di Jules Rimet, parigino acquisito, che con l’organizzazione del Campionato del Mondo ha scavato il solco che oggi esiste tra il nostro sport e tutte le altre discipline.
Il rapporto tra i club di calcio parigini e il calcio, quello è stato fin dalle origini un po’ complesso. E’ vero che il vero il calco, il primigenio modello nasce a qualche chilometro dalla Tour Eiffel, a Reims, con lo Stade, primo finalista di Coppa Campioni (giocata dove? ovviamente a Parigi!) e base della nazionale del ‘58, l’unica squadra ad aver impensierito il Brasile dei fenomeni Pelé e Garrincha poi campioni.

Parigi è stata quindi capitale del calcio, ma città aperta di Football, senza un grande club a rappresentarla.
Ci hanno provato in tanti a edificare una realtà competitiva parigina, da Jean Paul Belmondo, coinvolto da Daniel Hachter, a Canal Plus, il più interessante progetto di pay-tv del continente. Nel 2011, buoni ultimi della lista, sono intervenuti i qatarioti tramite un fondo direttamente legato allo stato e alla famiglia dell’emiro che lo governa. Qualche mese prima la FIFA aveva assegnato l’organizzazione del Mondiale del 2022 proprio in quel luogo della penisola arabica, ed ecco scatenarsi l’improvviso amore per il football. L'acquisizione del Paris Saint Germain è la possibilità di sperimentare la gestione di un club di alto livello proprio nel calcio, percorrendo la stessa via dello stato limitrofo degli Emirati Arabi Uniti che avevano rilevato il Manchester City qualche tempo prima.

Il PSG cerca da sempre una identità che dalla sua recente nascita (attorno al 1970 e a causa di una serie di fusioni tra piccoli club) non ha realmente mai trovato.
Nell’agosto del 2017, con l’acquisto di Neymar, uno dei migliori giocatori del pianeta, il Paris mostra davvero di fare sul serio. Quella cessione non sarà mai digerita appieno dal Barcellona, più mentalmente che tecnicamente, provocando in Catalogna un moto d’indignazione: “come può un artista del calcio lasciarci per trasferirsi in un club di parvenu?” Nel mondo del calcio che cambia, quel trasferimento sarà ricordato sui libri di storia. Io ero al Parco dei Principi, alla presentazione del brasiliano, e la sensazione di tutti era quella di gioia e sorpresa col tentativo di convincersi che Parigi aveva finalmente la sua squadra di calcio, una squadra di calcio all’altezza del valore e della storia della Ville Lumière.
“Ici c’est Paris!” gridavano tutti.
Con l’arrivo di Neymar sono arrivati altri titoli nazionali e una finale di Champions League, persa per un gol di un ragazzo parigino cresciuto nel vivaio del PSG. Gli dei del calcio sanno essere particolarmente dispettosi, specie con i nuovi arrivati nell’élite.


L’arrivo l’anno passato di Leo Messi, il miglior calciatore del mondo e forse della storia del gioco non ha portato i risultati continentali attesi, anche se le migliori due gare del Paris di Pochettino sono state proprio contro il Real Madrid, dominato 150 minuti su 180, prima dell’irruzione del prossimo Pallone d’Oro, altro premio nato negli Anni Cinquanta a Parigi, e che verrà consegnato quest’anno a un concittadino di quei fratelli Lumière che avevano portato il cinema nella capitale. E qui siamo oltre il dispetto, è una vera persecuzione per il Paris.

Parigi cambia, ancora, e siamo all’oggi, ma stavolta modifica anche la sua filosofia. L’occasione è di nuovo da mettere sui libri di storia del calcio: Kylian Mbappé, manco a dirlo nato e cresciuto nell’Ile de France, la provincia di Parigi, già promesso sposo del Real Madrid, ha scelto di restare all’ombra della Torre Eiffel. E attorno a lui nasce un nuovo progetto.

Il neo direttore sportivo Luis Campos, portoghese che da anni lavora in Ligue 1, prima col Monaco poi a Lille, vuole strutturare una squadra con una forte identità di gioco attorno a un un tecnico esperto di Francia, Christophe Galtier per il quale ha addirittura pagato una penale al Nizza (ultimo club di Galtier, che è passato da giocatore, dall’Italia, al Monza) e contemporaneamente sborsato una lauta buonuscita a Pochettino, per interrompere il rapporto di lavoro. Un rischio non da poco che però certifica della grande fiducia in un progetto diverso e nuovo, con una chiara attenzione a quel vivaio che in passato ha spesso prodotto giocatori che si sono affermati altrove: il super talento classe 2006 Warren Zaire-Emery è promosso in pianta stabile con la prima squadra, e ha già mostrato giocate sopraffine nella preparazione, presto sarà seguito dal centrale difensivo Bitshiabu, lui pure campione d’Europa con la Francia under 17, il mese scorso.

Giocatori di prospettiva, e non solo del vivaio, pensiamo anche al possibile ingaggio di Gianluca Scamacca del Sassuolo, e poi più elementi funzionali attorno alla superstar Mbappé, assurto a simbolo del club. L’ex Porto Vitinha e, a breve, Skriniar sono i primi puntelli: giocatori di sostanza con ridotta allure mediatica, almeno per i canoni di una super big, ma ritenuti perfetti per la nuova identità che Galtier vuol dare al nuovo Paris.
L’obiettivo è da più di cinquant’anni lo stesso: non solo gridare forte “ Ici c’est Paris”, ma esserne davvero convinti.