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I 90 anni della "viola"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
lunedì 29 agosto 2016, 10:57Archivio
di Claudio Nassi
per Claudionassi.com

I 90 anni della "viola"

Un giovedì sera d'estate l'ex sindaco Domenici venne a Forte dei Marmi per incontrarmi. Chiese se tornavo a dirigere la Fiorentina. Ringraziai, ma avevo chiuso col calcio. Avevo detto no non so quante volte al Torino, non mi ero presentato all'Inter da Moratti e alla Roma da Sensi, né avevo fatto i salti mortali quando, il 10 gennaio '94, mi aveva chiamato l'Avv. Grande Stevens per la Juventus. Una settimana dopo Gianni Agnelli lasciò la società al fratello, che portò i suoi uomini, Giraudo e Moggi. Fu un sollievo. A Domenici dissi soltanto che cosa avrei fatto se fossi stato il Presidente per tornare al più presto in serie A. Mi chiese se le stesse cose potevo dirle sabato pomeriggio a Diego Della Valle in Palazzo Vecchio. Non c'erano problemi. Ci incontrammo nel suo ufficio alla presenza dell'allora Vicepresidente della FIGC Mazzini. Fin dalla sera del giovedì mi ero raccomandato che non si prendesse Vierchowod per la panchina. Non era pronto per la Fiorentina. Lo diceva chi l'aveva acquistato alla Sampdoria. Era stato dal 1976, quando giocava nella Primavera del Como, un mio pallino, lo stimavo come uomo e ammiravo la famiglia, ma era di fronte a un compito più grande di lui. Al solito fecero il contrario. Un giorno a Coverciano, a pranzo con Mencucci, insieme a un amico, ci permettemmo di suggerire il D.S. e l'allenatore: Corvino e Prandelli o Sartori e Del Neri. Caso strano, arrivarono i primi due.

Nel novembre '84, quando firmai per la Fiorentina, il Conte Pontello aveva le mani nei capelli, con una squadra divisa tra i clan Passarella e Pecci, più alcuni agnostici e De Sisti operato in ospedale. Gli dissi di non preoccuparsi, perché il saggio Valcareggi avrebbe portato la barca in porto. C'era da rifare tutto. La cosa mi intrigava. Quando mi disse che si doveva chiudere la campagna in attivo non feci una piega. Chiesi solo puntualità nei pagamenti: se il 27 cadeva di sabato o di domenica, si dovevano anticipare gli stipendi al venerdì. Feci rientrare Pandolfini dall'esilio di Viareggio e si prese cura del settore giovanile. Ho sempre ritenuto Egisto l'uomo che ha dato più di tutti nella storia della Fiorentina. Averlo allontanato era stato un errore. Poi ci buttammo a corpo morto sul lavoro e avemmo una fortuna sfacciata. Chiudemmo con un attivo di 260 milioni, una squadra rinnovata, 76 le cessioni, 4° posto in campionato, semifinalisti in Coppa Italia, alle finali con tutte le squadre giovanili e lo scudetto degli allievi. Non credo di aver avuto una stagione migliore. Eppure ho un record con il Perugia '83/'84: 37 partite utili su 38 per una sconfitta immeritata. E conservo gelosamente un gagliardetto firmato dai calciatori della Sampdoria dopo la vittoria della Coppa delle Coppe a Goteborg contro l'Anderlecht, con la dedica del Presidente Mantovani che recita: "Questi calciatori sono più suoi che miei, compreso il metro e 60 di Faustinho Salsano". Quando, nel febbraio '86, vendemmo Massaro e Galli al Milan per 13 miliardi e Passarella all'Inter, ci rimboccammo le maniche e venne confezionata una squadra pronta per il vertice, con Van Basten, Diaz, Kieft a costo zero e Di Chiara, dove, escluso Oriali, i più vecchi erano i ventisettenni Contratto e Diaz.

Se aggiungo che Baggio, acquistato per 2 miliardi e 100 milioni, ne portò quasi 20 e che Berti all'Inter fu un'altra cessione da urlo, mi sembra di non aver fatto tanto male nel capoluogo della nostra Toscana. Ma anche se la riconoscenza è una malattia del cane che non si attacca all'uomo, non posso fare a meno di augurare alla "viola", per i suoi 90 anni, di andare sempre più in alto, per raggiungere quei traguardi che sono alla portata e che continuiamo a sognare.

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