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Abbiamo un problema. O forse no..
venerdì 5 agosto 2022, 17:29Editoriale
di Manuel Listuzzi
per Tuttoveneziasport.it

Abbiamo un problema. O forse no..

Certo che fa uno strano effetto quest’estate arancioneroverde. Sembra passata un’eternità da quando sognavamo il ritorno nella massima serie con quel mix di ansia ed adrenalina che contraddistingue la vigilia di un’annata storica. Solamente tredici mesi fa sfogliavamo le pagine della Rosa colmi di orgoglio ed aspettative. Eppure anche quest’anno è volato ed a riavvolgerlo come un nastro Vhs è facilmente tracciabile quella linea che settimana dopo settimana segnava un percorso sempre più evidente verso il baratro.

Di conseguenza l’unica cosa che mi sorprende in questi giorni di apatica attesa, è la sorpresa stessa di una città che pare totalmente inconsapevole della propria storia, della propria dimensione, ma soprattutto del proprio umore. Meno di 500 abbonamenti strappati, una miseria che non si vedeva dai tempi più bui dell’epopea unionista. Effettivamente una cifra talmente bassa che era difficile da prevedere, o forse no..?

Con il rischio di esser tacciati per provocatori e fautori di sterili polemiche, preferiamo però analizzare con quel minimo di distacco necessario i motivi che stanno portando a questa figuraccia nazionale, sperando che l’ambiente e la società possano trovare qualche spunto tra le righe scritte da un tifoso che quest’estate fatica a riaccendere il proprio amore, a quanto pare insieme a molti altri.

13 mesi fa dicevamo. Tutto iniziò in quel momento, quando il presidente dichiarò ai suoi collaboratori il cambio della linea aziendale, proiettata con decisione verso un marketing estremo, sia sul terreno di gioco che fuori dal suo perimetro. La maglia, anzi, le maglie, furono la miccia per una tifoseria che sui propri colori aveva puntato la propria essenza, il proprio motivo di vita, in particolare quando il nome stesso della società era costantemente tema di discussione ed ambiguità mai realmente risolta. Subito dopo le dichiarazioni di Niederauer con il famoso “se non vi piacciono non compratele” e la presenza sempre più attiva dei responsabili marketing che tramite i canali social non trovavano nulla di meglio da fare che battibeccare con i propri tifosi, tacciandoli spesse volte per ignoranti del mondo del brand e del commercio.

Mentre spopolavamo nei siti di moda come una delle squadre più cool del pianeta, sul campo l’infornata di scommesse straniere, affiancate dai flop di quelle italiane e dallo smantellamento del gruppo storico, portavano la compagine arancioneroverde ad un lunghissimo periodo di sconfitte, culminate con l’ultimo posto in classifica. Ma fu a quel punto che la frattura con la tifoseria veneziana, ed in particolare con la curva, trovò il suo apice quando il settore Groppello si schierò apertamente con l’anima veneziana della società, incluso quel mister che aveva portato in paradiso i colori arancioverdi dopo un ventennio. Evidentemente toccata nell’orgoglio ed incapace di assumersi la benché minima responsabilità, la dirigenza d’oltreoceano iniziò così una fase di repulisti che portò all’epurazione di ogni connessione con le figure di Collauto e Zanetti, recidendo una volta per tutte il legame tra tifoseria e stanza dei bottoni. La tempesta durò per diverse settimane con le diverse frazioni della curva sud che presero una netta posizione di contrasto al  nuovo corso di Viale Ancona, chiedendo a gran voce le dimissioni di coloro ritenuti i maggiori colpevoli non solo della retrocessione, ma dello sfaldamento di un capolavoro che ci aveva reso così felici e fiduciosi. Ancora una volta la risposta della società fu agghiacciante, con la censura dai profili social del proprio popolo, evidentemente incapace di comprendere la nuova politica senza scadere in commenti inopportuni, almeno per Duncan e soci. Arriviamo così ai nostri giorni, con la presentazione delle nuove maglie che raccolsero un timido apprezzamento, se non altro per quello sputo di colore lungo le braccia; sfortunatamente però son bastate poche immagini televisive per comprendere come l’effetto grafico fosse un total black da far invidia alla Nuova Zelanda, con l’immancabile oro nei numeri e nel nuovo logo.

A coronare quest’annata da incubo infine il caso abbonamenti, con il lapalissiano tentativo di rimettere in riga il settore più caldo degli appassionati del VeneziaMestre, con quella che più di qualcuno ha definito una vera e propria provocazione, ovvero le mancate promozioni per la sud ed in particolare l’obbligo della tessera tanto invisa agli ultrà. A completare il quadro generale una finestra social totalmente priva di ogni accenno allo sport, con grafiche ridotte al minimo, informazioni col contagocce, esposizione di giocatori e staff praticamente nulle, ma pregne di inviti all’investimento sui bond ed al materiale sociale, peraltro con prezzi fuori portata per quasi chiunque. Sul discorso ritiro invece, un sano, elegante, velo pietoso, in particolare per chi, come il sottoscritto, aveva prenotato la propria vacanza in Cadore.

Questa la storia di questi mesi; una storia che magari qualcuno potrà leggere in modo differente, magari terrorizzato dai traumi degli ultimi vent’anni che hanno visto dirigenze lasciarci in brache di tela ogni tre per due. Ma per quanto sia corretto rispettare il pensiero di chiunque, ciò di cui abbiamo parlato sono fatti, e sono i motivi per cui ora stiamo raccogliendo i cocci di una tifoseria al limite dell’esaurimento nervoso. Ci sorprendiamo della prossima invasione dei tifosi genoani, la prima probabilmente di una lunga serie, ma lo possiamo fare esclusivamente se ignoriamo i motivi, anzi, il motivo per cui esiste quella passione in quella piazza e da noi torna a deficitare, ovvero l’Identità. Per mesi si sono denigrati le ragioni dei malumori della tifoseria, a decine i commenti di critica verso chi provava a sottolineare l’importanza del legame tra città e squadra, tra colori e territorio. Al confronto del giro di giostra in serie a e di una società che sembrava poter garantire sicurezza economica, che peso potevano mai avere le maglie, il nome, una squadra legata al suo popolo, la perdita di una dirigenza presente e consapevole della piazza?

Beh, ora lo stiamo capendo quanto erano fondamentali tutte queste cose. La domanda è se lo avranno capito anche ai piani alti, oppure se, ancora una volta, le priorità saranno altre, ed uno stadio Penzo invaso dalle tifoserie ospiti un sopportabile effetto collaterale. Basta che poi non ci si lamenti.

Avanti Unione!