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esclusiva

Fabio Lupo: "La figura del ds è in difficoltà"

ESCLUSIVA TMW - Fabio Lupo: "La figura del ds è in difficoltà"TUTTO mercato WEB
giovedì 8 aprile 2010, 19:102010
di Stefano Sica
Intervista di Raffaella Bon

L'esperienza di Sorrento gli ha lasciato tanta amarezza, come un sottile senso di fallimento. TMW ha contattato l'ex ds rossonero Fabio Lupo, col quale si è discusso dell'argomento Torino oltre a ripercorrere i due mesi e mezzo vissuti a fianco della famiglia Gambardella. "Mi auguro che si salvino presto - ci dice -. Lo spero per la squadra, oltre che per l'allenatore e per l'ambiente. Le scelte di mercato? Il problema è far coesistere la nostra figura con quella della proprietà. I presidenti vogliono fare tante cose da soli e spesso la convivenza non è facile: io, ad esempio, ho fatto 30 anni di calcio. Ma sono problematiche che riscontro parlando con altri miei colleghi. E' evidente che la figura del direttore sportivo è in difficoltà. Questo ruolo si deve basare non solo sul presente, ma anche sulla programmazione. Altrimenti anche mio figlio di dieci anni può fare il mercato, leggendo i giornali, andando su internet e parlando con qualche procuratore. Ogni direttore non deve fare solo il mercato, ma deve anche gestire i giocatori che prende, facendoli migliorare o risolvendo i problemi che si vengono a creare. Lo stesso Delio Rossi disse una grande verità quando affermò che, al giorno d'oggi, meno dell'allenatore conta solo il ds. Con una differenza fondamentale: del tecnico non si può fare a meno, e lui è il padrone assoluto del rettangolo di gioco. Del direttore in tanti pensano di poter fare a meno. E poi vediamo che tante società sono piene di debiti e disorganizzate, questa è una realtà. Quindi è chiaro che i presidenti non possono privarsi di un ds, anche se dicono di poterne fare a meno".

Può essere che un ds debba occuparsi anche di bilanci per rivitalizzare la propria figura?
"A mio avviso, o sei dietro ai conti, o ti occupi di fatti tecnici. Ogni club ha bisogno di un'area amministrativa e di un'area tecnica. Ogni vero direttore sportivo è responsabile di quest'ultima. Sono due aree distinte, anche se devono essere costantemente in contatto per sovrintendere alla costruzione della squadra. Senza fare nomi, ma le società che hanno ragionato in questo modo, hanno poi creato circoli virtuosi".

Il suo futuro?
"Il mio futuro dovrà indirizzarsi proprio nell'ottica di quest'ultima riflessione, a prescindere da quale sarà la società con cui lavorerò. In questo momento, molti club neanche conoscono il loro futuro perchè sono in lotta per vari obiettivi, dalla A alla Prima divisione. C'è quindi una situazione di incertezza che condiziona anche la programmazione. Qualcuno che pensa al sottoscritto ci sta, e ciò mi fa piacere. Ma credo che, in genere, grandi novità ci saranno nel prossimo mese. Devo però pensare bene a quello che farò e con chi lo farò, per evitare altre esperienze che poi ti restano un pò come colla fra le dita, come dice una canzone. Resta cioè il fastidio, anche se basta una sciacquata di mani per voltare pagina".

Parliamo del suo vecchio Toro
"Ho sempre pensato che potesse ambire alla promozione diretta. E' vero che c'è stata una rivoluzione, ma fondamentalmente i granata ruotano intorno a due grandi. Quando hai un portiere che para tutto ed un centravanti che fa gol, è già un bel passo avanti. Sereni e Bianchi sono due giocatori importanti per la serie B e possono fare la differenza in una categoria simile, oltre ad essere decisivi anche in una categoria superiore. Non a caso il Torino si sta affidando molto alle loro prodezze. Mi auguro che possano andare direttamente in serie A. Li ho visti ad Ancona e Modena, male nella prima uscita, meglio nella seconda. Ma credo che proprio Sereni e Bianchi possano essere i trascinatori di questa squadra, che deve ricollocarsi lì dove è sempre stata: la A".

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