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Panchine in fuga

Panchine in fuga TUTTO mercato WEB
© foto di Giacomo Morini
lunedì 21 dicembre 2009, 19:452009
di Alessio Calfapietra

Si sono contesi lo scudetto in lunghe ed appassionanti sfide. In campionato è andata sempre bene al primo, mentre nella bistrattata Tim Cup il successo ha spesso arriso al secondo. Da adesso Roberto Mancini e Luciano Spalletti misureranno la loro bravura a migliaia di km di distanza ma su un fronte comune. Le armi a disposizione sono una vagonata di soldi, tanti, tantissimi, forse anche troppi per i puristi, con la serie A ed i suoi pochi, residui gioielli (o pietre luccicanti) quale terreno della contesa. Chi tra Manchester City e Zenit San Pietroburgo riuscirà ad avere la meglio sul fronte italiano del mercato? Mancini torna là dove il figlio ha svolto un interessante stage un paio di anni fa (ora Filippo gioca nel Bellaria), manca il nume tutelare di Sven Goran Eriksson ed anzi il clima si annuncia infuocato visto che metà spogliatoio ha protestato vivacemente contro l'esonero di Hughes. L'obiettivo non lascia spazio a fraintendimenti: scalzare Ancelotti dal vertice della Premier League. Il derby meneghino si riscopre in salsa britannica e Mancini, dopo 15 mesi di pensione a spese dell'Inter ed una buonuscita da sistemare tre generazioni, trova la tanto desiderata Inghilterra - appena accarezzata da calciatore con la maglia del Leicester - ed un portafoglio senza fondo dal quale attingere per un ulteriore sessione di mercato da nababbi, dopo quella estiva che ha portato agli ex cugini poveri dello United campioni come Adebayor, Tevez, Tourè, Barry e Lescott. I mezzi finanziari abbondano, resta da verificare la resa di Mancini in un torneo con una reale concorrenza e privato del passe-partout di Ibrahimovic che risolve ogni partita. Spalletti ha invece concretizzato un accordo esistente dal mese di settembre e congelato per la stagione a venire: TMW ha illustrato questo accordo in tempi non sospetti ed alla luce del contratto russo in tasca, la rinuncia allo stipendio con la Roma assume un significato meno edificante. Anche il tecnico di Certaldo, che troverà Rosina a fargli da "Cicerone", potrà contare su un budget illimitato al quale rispondere con il massimo bottino di vittorie possibili. Prepariamoci dunque a razzie anglo-russe sul fronte giocatori, appreso che la fuga di panchine nobili ha preso i connotati dell'irreversibilità. Ancelotti, Capello, Mancini, Spalletti, Trapattoni e forse Zenga, in pratica il meglio di quanto espresso da diversi anni a questa parte, e Leonardo e Mourinho, dall'accento portoghese, a guidare due delle squadre più prestigiose in Italia. Effetti della globalizzazione o caduta di competitività tricolore: forse entrambe le ozpioni sono giuste a seconda dell'angolo dalle quali vengono considerate. Non abbiamo citato la Juventus: Ciro Ferrara, italiano DOC, è sulla graticola per le cinque sconfitte in sei partite, una media che rievoca la disastrosa Juventus di Gigi Maifredi una ventina di anni fa. La sua panchina non è in bilico, così almeno assicura Blanc, secondo cui il materiale umano ed il manico che lo coordina sono buoni. Ferrara deve ancora formarsi come allenatore ma il sospetto è che i tifosi della Vecchia Signora, risentiti più che altro verso la dirigenza, non abbiano la pazienza di aspettare nè lui nè Felipe Melo. Restando sui colori bianconeri, Marino ha le ore contate a Udine. Il giocattolo friulano sta mancando un colpo dietro l'altro, De Biasi avanza come un'ipotesi reale ma la cabina di comando potrebbe concedere un'altra possibilità al suo allenatore.

L'anno solare 2009 sta per concludersi. Le squadre raccolgono i frutti, generosi o avari, certe volte avvelenati, di quanto seminato in precedenza e si preparano alla finestra invernale, quella soprannominata "di riparazione". Le milanesi sembrano voler marcare visita, Moratti ha escluso l'arrivo di una punta e Galliani ha rimandato all'estate gli interventi nel reparto avanzato accontentandosi di Adiyiah e Beckham. Pretattica, null'altro: se l'approdo in nerazzurro di Pandev sembra imminente (giustizia sportiva permettendo), lo è anche la volontà in Via Turati di reperire un attaccante esterno, archiviata la questione Gattuso e volendo differire il reperimento di un difensore. Anche la Juventus, almeno a parole, vuole rimanere con le mani in mano. Gli unici a giocare a carte scoperte sono i due club romani, l'Atalanta - Chevanton, che colpo! - il Siena (proprietà da definire) ed il Napoli alla perenne ricerca di un terzino sinistro. La Fiorentina può servire il doppio colpo Felipe-Munoz, ma se per il brasiliano siamo al nero su bianco, per il centrale del Boca le cose rischiano di complicarsi. La Lazio, dicevamo, ha in mano Maxi Lopez, il primo di almeno tre investimenti per rimpolpare un organico lacunoso. Se queste sono le premesse, non c'è da esultare: Lopez in Europa non ha convinto, al di là di un'iniziale innamoramento nei suoi riguardi, presto estintosi, da parte del pubblico del Barcellona, ed ha sempre manifestato una certa ostilità verso la porta. Un attaccante dunque poco prolifico e, ci sia permesso di rimarcarlo, con una somiglianza inquietante, fisica e tecnica, con il connazionale Rambert, arrivato all'Inter con Zanetti a metà anni novanta e subito partito per altri lidi. Il difensore Rever si è defilato all'orizzonte appena il Gremio ha chiesto un pagamento in contanti, occorrerà dunque che Lotito si indirizzi altrove e faccia attenzione che l'ingaggio di Maxi non nasconda una sorta di rivalsa da parte del Gremio per la mancata cessione di Rever. La Roma, legatasi in eterno a capitan Totti, cercherà un attaccante - magari anche un terzino - dai costi modici, il suo nome, a sentire Ranieri, costituirà una sorpresa. Terminati i bagordi festivi, il mercato potrà dunque esprimersi in tutte le sue sfaccettature. Seguiteci e non ne perderete nemmeno un passaggio. Da questo baillamme di nomi sono esclusi in partenza i due babies verdeoro Alex Teixeira e Alan Kardec, accostati al nostro calcio dopo le belle prestazioni ai mondiali di categoria: sono stati ceduti rispettivamente in Russia ed in Portogallo. I brasiliani, almeno, sono abituati ed anzi lavorano per esportare i propri talenti nel mondo.