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Gianni Mura: "Conte valore aggiunto. Nazionale? Ha tanti problemi di gioco"

Gianni Mura: "Conte valore aggiunto. Nazionale? Ha tanti problemi di gioco"TUTTO mercato WEB
martedì 1 aprile 2014, 15:592014
di Chiara Biondini
fonte Luca Cilli

In esclusiva per TuttoJuve.com, il giornalista di Repubblica Gianni Mura ha parlato della Juventus di Antonio Conte e della grande stagione che sta vivendo. Oltre che del club bianconero Mura esprime la propria opinione anche sulla Serie A, sull'Italia di Prandelli, e di come si è venuto a creare il deficit tecnico fra il calcio italiano e quello giocato nei principali tornei d'Europa.

Antonio Conte è il valore aggiunto della Juventus?
"Si. Però non so quanto riescono ancora a sopportarlo, perché Conte è quanto di più simile a Mourinho come allenatore martello. Va benissimo anche quest'anno, non ha problemi e riesce sempre a tenerli sulla corda. È un valore aggiunto. È come un'autista di pullman: non si ferma nemmeno per un bicchiere d'acqua, non esce mai di strada, non si addormenta. Fa il suo lavoro."

Perché la Juventus domina in Italia? Troppo forti i bianconeri o la concorrenza non è all'altezza?
"A costo di far arrabbiare Conte secondo me non aveva tutti i torti Capello. Il dominio della Juventus è impressionante. Se guardiamo la classifica ed i punti di distacco dalla Roma, che ha fatto un torneo straordinario, e dal Napoli, che doveva essere la prima avversaria dei bianconeri, la Juventus sta lottando praticamente contro se stessa. In campo internazionale le difficoltà si possono spiegare perché magari si incontrano formazioni non di richiamo ma che ti mettono in difficoltà, come accaduto con il Galatasaray. Non è un caso che in Champions League la Juventus le partite migliori le ha disputate con il Real Madrid, quando sentiva il peso del grande appuntamento. Negli altri incontri invece si presentava non dico impreparata, ma in ciabatte con le stringhe slacciate."

Per essere competitiva anche in Europa cosa manca alla Juventus? L'eventuale successo in Europa League potrebbe essere il primo passo?
"Potrebbe essere sicuramente una tappa importante. Poi servono i giocatori. Stando alle voci che circolano adesso Pogba parte, perché offrono cifre a cui è difficile dire di no. A Conte interessa Di Maria. La Juventus vendendo Pogba può prendere due, ma anche tre pezzi importanti. Credo che cercheranno un difensore centrale, un portiere da far crescere all'ombra di Buffon, e se si tiene Vidal non penso abbiano bisogno di altro. Verratti? Dopo quello che ha detto sui bianconeri non credo che lo accoglieranno a braccia aperte. La gavetta serve anche a non dire fesserie. A proposito di tecnici che hanno fatto la gavetta e si ritrovano in Champions come Conte, il Real con Ancelotti gioca straordinariamente meglio che con Mourinho dando anche spettacolo. Nonostante quest'aria che gli rinfacciano da cotechino bollito Carletto ci sa fare."

Deve crescere ancora Verratti?

"Il salto Pescara - Parigi, anzi Manoppello - Parigi, è enorme. C'è il rischio di rompersi le costole e non so come lo ha vissuto Verratti. Nel Pescara di Zeman lui giocava benissimo, nel ruolo classico che fu di Di Biagio. Avendo un buon piede aveva due esterni che si allargavano e poteva sempre lanciare. Secondo me deve decidere se da grande vuole essere Pirlo o Gattuso. Se vuole essere Pirlo dev'essere un po' più elegante e leggero. Se vuole essere Gattuso invece ci siamo, perché fa sempre delle entrate terrificanti non appena perde la palla e becca un ammonizione a partita."

Quale squadra l'ha favorevolmente impressionata oltre a quella bianconera?
"Agli inizi di campionato la Fiorentina, quando c'era Rossi. In generale, togliendo dal mazzo la Juventus, la Roma ha disputato gare interessanti. È strano che un tecnico come Garcia non pratico del nostro campionato si sia adeguato in pochi mesi. Tra l'altro trovando inizialmente una situazione drammatica, con sputi ed insulti. Partito dal fondo è arrivato in testa in poche settimane. Fiorentina e Roma mi sono piaciute. Quest'ultima ha Pjanic che è un grande giocatore. In generale mi sono sempre piaciute le squadre povere e coraggiose. Negli anni ho tenuto per il Foggia di Zeman, il Pescara di Galeone, il Chievo Verona di Del Neri. Adesso mi è impossibile tenere per il Chievo. Giocano malissimo le ultime 5 squadre. Mi dispiace dirlo e non lo auguro nessuno di retrocedere, ma le ultime 5 giocano già tutte come se fossero in B. Con pochissimo coraggio, attente solo a non prendere gol, con 3 tiri in porta quando va bene e poi si stappa lo spumante."

L'Italia di Prandelli. A pochi mesi dal mondiale bisogna essere preoccupati o pensa che alla fine ci inventeremo qualcosa per non sfigurare?
"Questo è vero che nelle difficoltà alla fine abbiamo sempre tirato fuori qualcosa. Ma non sempre accade. In Sud Africa, nel 2010, nelle difficoltà siamo andati giù come un sasso. È vero che conta essere in forma in quel periodo. Nell'82 e nel 2006 le nazionali che vinsero il mondiale furono fischiate all'inizio. Questa di Prandelli è una nazionale che ha tanti problemi di gioco, anche senza prendere per vero quello che si è visto nell'ultima amichevole con la Spagna. È vero che sa soffrire, ma ci mancherebbe altro. Sa soffrire perché dopo 5 minuti tranne il centravanti sono tutti davanti alla difesa. Quindi non abbiamo fatto grandi passi avanti sotto questo profilo. E facciamo molta difficoltà anche a fare contropiede, al di là di qualche schizzetto di Cerci. È una squadra che non capisco: molto debole nella parte esterna della difesa ed il centrocampo è lento. L'attacco è legato, stando ai dati di oggi, al recupero di Rossi ed a due poco affidabili psicologicamente che sono Balotelli ed Osvaldo. Se va tutto bene - ma deve andare tutto bene - può darsi che si veda un'Italia migliore. L'unica nota rosea secondo me ce l'ho pensando che sulla panchina dell'Inghilterra c'è Hodgoson, dal mio punto di vista non un'aquila della panchina. Credo che sia la gara fondamentale per noi. Vinta quella poi si può fare una gestione più tranquilla. Non vincerla significherebbe arrivare all'ultima sfida con l'Uruguay abbastanza sul nervo."

Colpisce il fatto che determinati calciatori dell'Italia, come ha detto anche lei, 30 anni fa non erano nemmeno presi in considerazione. È una cosa grave questa per il nostro calcio
"E' una cosa gravissima ma non è colpa di Prandelli. Anzi, da questo punto di vista ha tutta la mia comprensione. In tutta la serie A la presenza di calciatori italiani è del 38%. Questo significa che il 62%, bravi o no, non può convocarli. A Prandelli resta 1/3 dove pescare, e li c'è di tutto. Ma di bravi ce ne sono pochissimi. Quelli bravi sembrano solo tali. Gli anziani da questo punto di vista sono favoriti. Avendo visto Di Stefano, Maradona, Platini e Pelè, è chiaro che non posso impazzire per una finta di Iturbe e dire che uno è il nuovo Riva o Buffon. Ora c'è un giornalismo secondo me molto approssimativo ed enfatico, che da etichette con troppo anticipo salvo poi ributtarti giù. E qualcuno poi ci crede, a cominciare dai diretti interessati. Recentemente ho intervistato Luisito Suarez. Mi ha detto che quando vede la serie A al terzo cross che va dietro la porta cambia canale. Ed ha ragione, perché non è possibile. Ed i cross che non vanno dietro la porta finiscono sul sedere del terzino, che non è 5 metri ed impossibile da evitare. E questi calciatori giocano in nazionale."

Com'è stato possibile questo impoverimento tecnico del nostro campionato. Dagli anni '80 in poi è iniziata una parabola discendente. Com'è potuto succedere?
"E' successo perché in maniera graduale si sono affermate nuove realtà. È un po' come nel vino. Una volta c'erano solo Francia, Spagna ed Italia. Ora hanno iniziato in California, Nuova Zelanda, Australia ed adesso la Cina. Il calcio si è globalizzato. Una volta i migliori arrivavano qui perché gli sceicchi non avevano ancora preso grandi club europei. Mentre oggi uno come Diamanti può andare in Cina e guadagnare quello che in Italia poteva solo sognare. Alla fine degli anni '80 i migliori venivano qui. Probabilmente c'era un amministrazione societaria più attenta, contavano meno i procuratori che oggi invece fanno quello che vogliono, e c'era anche un campionato italiano molto più considerato. La gente veniva volentieri qui a giocare da noi. Poi è successo che l'Italia, che vinceva coppe in Europa con 2 o 3 stranieri ha dimenticato questo concetto. Ci si è illusi che avendone 11 su 11 chissà cosa si potesse fare. Ed invece si combina meno. L'Inter in tal senso ha dato l'esempio in negativo. In questo discorso devo inserire anche l'Udinese, che punta molto sugli stranieri. Dimenticando che alle spalle ha un grande vivaio. E ci è voluto l'infortunio di un portiere straniero per lanciare Scuffet, un friulano nella squadra che rappresenta la regione. Buon segnale ma ancora poco. Io vorrei dei calciatori italiani cresciuti meglio, anche tecnicamente, e meno stranieri fra l'altro poco utili. Però la tendenza è quella di collezionare stranieri."

Com'è possibile che, a differenza di anni passati, ora un giovane tecnico anche senza esperienza possa iniziare la propria carriera immediatamente alla guida di un grande club?
"Non vedo bene questa cosa. Credo che un minimo di gavetta - non dico 10 anni - ma 2 o 3 anni facciano bene a tutti. Una volta in tutti i mestieri si faceva. C'è l'esempio di Mancini, Montella, Seedorf e poteva esserci anche Inzaghi. Avviene perché si insegue il nome e non il medagliere. Io ritengo che, al di là della gavetta, che ci siano delle caratteristiche particolari in certi allenatori. Una è il pensare prima alla squadra che a se stessi. Un grande campione messo in panchina può comportare il rischio che pensi prima a se stesso, per difendere il suo nome, che alla squadra."

Lo stadio di proprietà che vive 7 giorni su 7, e dove l'evento-partita è proprio l'ultimo, è il futuro del calcio?
"Ho visto gli stadi di cui si parla in Inghilterra ed in Spagna. Io personalmente penso che se dovessi uscire con una ragazza o mia moglie non vado a mangiare allo stadio. Poi il merchandising: gli inglesi si comprano tazze da thè, cravatte, pigiami e pantofole. Io il tifoso italiano medio non ce lo vedo, anche perché le maglie poi costano un accidente. È chiaro che poi che a fare affari sono quelli che sulle bancarelle vendono le magliette taroccate."

© video di Luca Cilli