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Tredici anni fa, il cielo azzurro sopra BerlinoTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 9 luglio 2019, 14:00Serie A
di Marco Conterio

Tredici anni fa, il cielo azzurro sopra Berlino

Eravamo noi, eravamo altri. Eravamo trepidanti, poi Campioni. Sofferenti e in giubilo, brindisi e lacrime, braccia al cielo e una Coppa che tornava nostra. Notti magiche, davvero, il cielo era azzurro sopra Berlino, ma anche sopra l'Italia. Tredici anni fa, il ricordo vivo e non sbiadito, azzurro come i sogni e i principi. L'urlo di Grosso, l'incornata di Materazzi, il colpo di testa e il colpo con la testa di Zidane. Lippi che si sfila gli occhiali un attimo prima del rigore, l'inquadratura sulle braccia allargate di Pirlo che corre festante. Cannavaro che alza la Coppa, che brilla di felicità, di luce immensa, di ricordi indelebili. Tredici anni fa. Eravamo altro, altri, noi stessi, mutati ma immutabili. Panta rei, tutto scorre, la vita e le esperienze.

Ricordate, ricorderete certamente: con chi eravate, al momento di quei gol, di quelle lacrime, di quegli abbracci, di quelle sofferenze, di quella gioia? I passi e i respiri, unghie tra i denti, cuore in gola. Gli sguardi e i sospiri. Ogni singolo dettaglio è una fotografia che resterà sempiterna e per questo, in Russia, Giampiero Ventura e la sua italietta, minuscola per coraggio e per risultato, ci hanno tolto tanto. Perché il Mondiale è per antonomasia e definizione quel che rappresenta tutto, il massimo, il pianeta. Tutti contro tutti e vinca il migliore, o magari il più fortunato. Ma uno vince e se non hai la possibilità di rincorrere un'ambizione, se ti viene negata dalla tua incapacità, allora soffri, dentro, privato e povero. E' la missione di Roberto Mancini e di questa nuova Italia che riparte. Riaprire il porto dei sogni e delle ambizioni, in una delle ere più cupe e complicate del tempo del nostro paese. Tornare ad abbracciarci, a stringersi forte. A volersi bene. A sperare che un giorno così torni ancora, sui cieli d'Italia.