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I limiti di Sarri, così evidenti proprio nell’anno in cui Allegri sta mostrando di essere l’uomo più decisivo della Juve. Di Francesco aveva ragione, i romanisti torto. Gli juventini tifano Conte

I limiti di Sarri, così evidenti proprio nell’anno in cui Allegri sta mostrando di essere l’uomo più decisivo della Juve. Di Francesco aveva ragione, i romanisti torto. Gli juventini tifano ConteTUTTO mercato WEB
mercoledì 14 marzo 2018, 07:352018
di Tancredi Palmeri
Inviato di beIN Sports, opinionista per la CNN, ogni settimana presenta la Serie A in 31 paesi stranieri

Di Mourinho ce n'è uno, come lui non c'è nessuno (e vale anche al'indomani forse della sua notte più disgraziata in carriera) . E' saggio tenerlo sempre in mente ogni qualvolta qualcuno sia tentato dall'ormai stucchevole cliché del "faccio come Mourinho, distolgo l'attenzione".
Sono stati pochissimi i momenti di difficoltà del Napoli quest'anno, e sottolineati solo perché di fronte c'è una Juve a ritmi straordinari. Ma in quei pochi momenti, abbiamo sempre sentito Sarri lamentarsi dell'impossibilità del Napoli non all'altezza finanziariamente della Juventus. La premessa di ogni discorso di Maurizio Sarri in situazione di crisi è: "Del resto la Juve ha una rosa di molto più forte, possiamo solo provarci". Premessa doverosa e condivisibile, davvero nessuno può negare che la Juventus sia l'unica squadra che può mettere in campo due formazioni di titolari. E di conseguenza nessuno può evitare di applaudire quanto la scienza calcistica di Sarri stia moltiplicando le forze del Napoli. Ma dire che Sarri si lamenti sistematicamente così come fa Mourinho, per schermare la squadra dalle critiche, è una scempiaggine.
L'effetto è ormai controproducente: a che serve che Maurizio Sarri lo ricordi a ogni difficoltà?
Questo è il momento in cui si serrano le fila per quel che rimane del campionato. Non ha più senso parlare del gioco, dell'Olanda del 74 etc. C'è un momento in cui il carattere devi dartelo. E a che serve che Maurizio Sarri continui a trovare una scusante a prescindere per i suoi giocatori?
Non rischia di demotivare la squadra, il cui bel gioco ormai ha una colonna sonora di sottofondo: "Tanto anche se va male, non dovevamo mica vincere"? Insomma, è proprio sicuro Maurizio Sarri che in questa maniera il Napoli si caricherà per il rush finale?
E' l'ultimo stadio che manca a Sarri per entrare nel novero dei vincenti, a prescindere dal vincere o no. Ed è quello stadio che da quest'anno possiede totalmente Allegri. Forse la sua Juve non aveva mai giocato così male, eppure Allegri si sta adattando a tutte le situazioni, prendendo di petto anche il suo ambiente quando mugugna per i risultati in Champions. Certo, anche lui non è scevro dal ricordare che in Europa ci sono ben altri budget. Eppure si ferma un attimo prima che questo diventi una scusante per i propri giocatori. Forse Sarri deve ritrovare un po' di freschezza, e mettere da parte la faccia sconsolata.

Intanto gli juventini stasera tifano per Antonio Conte. L'ascia di guerra non è seppellita, ma il motivo è un altro: il Barcellona è forse l'unica squadra davvero superiore alla Juventus, tutte le altre grandi sono allo stesso livello, o nel caso del Manchester City e del Real Madrid hanno dei punti deboli in fase difensiva di cui la Juve può cibarsi. Se il Chelsea eliminasse il Barcellona, la Champions 2018 per la Juventus potrebbe cominciare a prendere le sembianze di quella 2010 per l'Inter, una amore che matura turno dopo turno. Sempre che sulla strada poi non arrivi l'amante tradito, Antonio Conte...

A proposito: qualcuno chiederà scusa a Di Francesco? No perché due settimane fa erano in tanti a tirare le pietre, a programmare la lista dei sostituti, e perfino a chiederne l'esonero. Vero, forse è troppo facile scriverlo il giorno dopo, ma la Roma ha compiuto un percorso progressivo, con semplici fisiologiche battute d'arresto. E' la somma che fa il totale, come diceva Totò, quindi vedremo a fine stagione, ma non c'era niente che facesse presagire una tale sfiducia intorno all'allenatore. Forse il problema era e rimarrà un altro, quelli che Daniele De Rossi denominava come "papponi", quel circo dei miracoli che campa a sbafo sul nome della Roma.
La società sta crescendo, la squadra pure, che l'ambiente cresca di conseguenza.