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Inter, Mazzarri non parli di sfortuna. E ora è finita anche la querelle rigori

Inter, Mazzarri non parli di sfortuna. E ora è finita anche la querelle rigoriTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
domenica 6 aprile 2014, 00:002014
di Italo Cucci
Nato a Sassocorvaro il 31 maggio 1939, allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli ed Enzo Biagi. Collabora con la Rai come opinionista/editorialista sportivo.

Fa male, Mazzarri, a parlare di sfortuna. Anche un indonesiano, forse mai sfiorato da ubbìe scaramantiche, finirebbe per crederci. E di attribuirne l'origine - la dolorosa produzione - all'allenatore più sfortunato dell'anno: lui, il Walter che descamisado infuocava il popolo del San Paolo e inanellava, soprattutto ai tempi del Pocho Lavezzi, vittorie colte oltre il tempo regolamentare, talché la Zona Cesarini era diventata Zona Mazzarri; il quale, quando parlava della partita in generale, non diceva mai "nei novanta minuti", come logico, ma "nei novantacinque". Aveva dilatato il tempo e in quei minuti preziosi brillava la sua bravura ribattezzata dai critici avversi "fortuna". Thohir il Paziente (nel senso di tollerante, ma anche di malato) potrebbe aver sentito dire che Napoleone sceglieva i suoi generali individuando anche coloro che, a parte l'abilità di strateghi, mostravano di possedere la volgare virtù attribuita al posteriore; sicchè, fallita miseramente la benevola seppur inquieta attesa di vedere l'Inter trasformarsi in Beneamata dagli Dei, potrebbe indirizzare la sua ricerca verso altri lidi. Verso altre fortune. Grazie a Mazzoleni è finita anche l'eterna querelle dei rigori non dati all'Inter; grazie a Diego Milito, sorto come per incantesimo maligno dalla panchina e incaricatosi di batterlo, quel rigore atteso per trentatrè partite, il Curci disperato è riuscito nell'impresa - che diventerà leggenda se il Bologna si salverà - di parare il penalty dell'ennesima possibile sconfitta. Conosco i miei concittadini e so che se ne parlerà per anni, di quella fortunata sortita del portiere rossoblù, ridendo due volte: per la rinata speranza di salvezza e per la beffa giocata ai danni dell'eterna Nemica cui cinquant'anni fa - mica ieri - fu strappato uno storico scudetto nello sperggio dell'Olimpico. Mi duole aggiungere veleno al calice d'amarezza inghiottito da Mazzarri, ma è certo che - ironia a parte - qualcosa non funziona neppure in lui.

Mi è scappato di dire - essendone sincero estimatore - che il Walter ch'io conosco non è mai arrivato a Milano, restando forse prigioniero del prezioso delirio napoletano, forse indotto a ricrearsi un'immagine buona e giusta per San Siro. Gliel'ha detto Franco Colomba, con squisita saggezza: "Quest'Inter non gioca secondo i tuoi canoni. Ti sei aggiornato per onorare San Siro, chiedendo alla tua Inter più qualità di quanta ne chiedevi al tuo Napoli". Mazzarri è caduto nell'involontaria trappola, e ha detto "sì", credendo di salvarsi con le sole buone intenzioni. Peccato che chi l'ha scelto - Massimo Moratti - fosse stato conquistato dalle sue gesta napoletane; e chi l'ha confermato - Thohir - fosse convinto di avere ingaggiato l'Uomo Vincente. Il Pareggiante non era previsto. Lo Sfortunato nemmeno. Que sera sera.