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Juve: il no per Tolisso, nasconde qualcosa di grosso (ma occhio ad Agnelli...). Milan: i fissati sulla questione cinese e un futuro grandi-nomi. Inter: occhio, arriva la "scelta di Pioli". Napoli: la "bellezza" della sofferenza

Juve: il no per Tolisso, nasconde qualcosa di grosso (ma occhio ad Agnelli...). Milan: i fissati sulla questione cinese e un futuro grandi-nomi. Inter: occhio, arriva la "scelta di Pioli". Napoli: la "bellezza" della sofferenzaTUTTO mercato WEB
© foto di Alessio Alaimo
martedì 10 gennaio 2017, 00:002017
di Fabrizio Biasin

Eccoci qua. Sono stato quattro giorni in ferie. In Valtellina. A mangiare pizzoccheri. La caratteristica dei pizzoccheri è che il primo giorno sono buonissimi, il secondo ti fanno venire l’acetone, il terzo cementano e al quarto non ci arrivi. Nel senso che muori. Siccome il 6 gennaio era “il quarto” mi sono dato malato perché non voglio lasciare questo pianeta prima di scoprire come finisce Gomorra. Speriamo che programmino poche stagioni della nota serie perché altrimenti sono fottuto. Ma non divaghiamo.

Lo stesso 6 gennaio, in pieno delirio da digestione, ho pensato ai cari vecchi colpi di mercato che ormai nessuno cita più e mi sono un po' intristito. Ecco perché prima di cominciare vi butto là la top ten di quei colpi "certi" che alla fine sono rimasti nel paradiso dei colpi mai sparati. Quanto mi mancano...

10) Falcao-Juve: si può.
9) Inter, Lampard c'è!
8) Kolarov all'Inter. Alla Juve. Alla Roma. Kolarov a Coverciano.
7) Criscito vuole l'Inter, il Genoa, odia i russi, torna sicuro.
6) Napoli-n'Koulou: siamo ai dettagli.
5) Ibra ha preso un trilocale a Peschiera Borromeo: è Milan.
4) Lavezzi-Inter limonano.
3) Lavezzi-Inter al sesto mese.
2) Lavezzi-Inter, che trombata.
1) Lavezzi in Cina perché la vuol prendere lunga ma è Inter.

Bei momenti, converrete. Ma proviamo a fare i seri che son già le 23 passate.

QUI MILAN

Oggi si parte da qui, ovvero dal Milan. Non perché ci sia chissà quale notizia da dare legata al mercato, ma perché siamo al punto di non ritorno per quanto riguarda la situazione “cinesi sì, cinesi no”. O meglio, ha stufato l’accanimento dei negazionisti, che magari avranno pure ragione, ma non al punto di voler imporre la loro idea “a prescindere”.

“I cinesi non esistono perché rimandano”, “perché c’è il passaggio di denaro dalle Isole Vergini”, “perché non confermano né smentiscono”. I cinesi non esistono “perché è tutto strano”. Ma si può dire che una cosa non esiste “perché è strana?”. Per carità, dubbi se ne possono avere a iosa, così come è doveroso indagare per capire se la faccenda “paradiso fiscale” nasconda illegalità di qualche genere, quel che è sbagliato è che non si può impugnare il documento abilmente scovato dall’ottimo Matteo Spaziante di “Calcio & Finanza” per dire “l’affare non esiste”, così come non si può dire a prescindere che “è tutto un magna-magna”, a meno che non si abbiano delle prove. Le prove, al momento, non ce le ha nessuno, eppure tutti puntano il dito “perché è tutto strano”. Mah.

Ci fosse uno che, per esempio, avesse spostato l’attenzione su un altro aspetto, forse più centrale in questo momento specifico: il Milan - cinesi sì-cinesi no - in caso di qualificazione alle coppe europee, a giugno avrà i suoi problemi per le note questioni legate al fpf (le stesse che hanno coinvolto l’Inter lo scorso anno, per intenderci). A quanto risulta, il club rossonero potrebbe non aver concluso la procedura di “Voluntary Agreement” (la formula che consente di trovare un accordo con l’Uefa prima che intervenga l’Uefa stessa) e rischia – sempre in caso di qualificazione alle coppe – di dover pagare una pesante sanzione e di dover “promettere” il pareggio di bilancio in 2 o 3 anni. Nulla di drammatico, soprattutto in caso di closing e conseguente pioggia di milioni, ma certo non il miglior modo di iniziare la nuova avventura per Marco Fassone che insieme a Mirabelli ha già compilato una lista di nomi di primissimo piano per il Milan che verrà e non è passato "tra quelli che dubitano dei cinesi" come qualcuno ha voluto far credere.

QUI JUVE

La prima partita del 2017 ha confermato che anche solo associare la parola “crisi” ai bianconeri è una follia: mentre le altre faticavano e la sfangavano solo al 90', la Signora ha ritrovato il record di vittorie in casa, un Higuain tranquillo e in formissima (merito anche della serenità garantita dalla clausola inserita nel suo contratto che limiterebbe le interviste del fratello-agente) oltre a un Dybala forse un po' nervoso ma in recupero (entro gennaio arriverà il rinnovo). C'è chi parla di Real che avrebbe già messo i primi paletti per "bloccare" il giocatore, di sicuro sappiamo che, nel caso, servirà un assegnone da cento e più milioni.

Dovesse capitare sarà una tragedia? Non proprio: la Juve ha già dimostrato che il problema non è perdere i giocatori, ma saperli rimpiazzare. Per questo nell'ottica di un centrocampo da rinforzare sempre più ha già messo occhi e braccia su Marco Verratti. Ne avevamo parlato un mese fa e confermiamo: i bianconeri che a gennaio dopo Rincon cercano un altro rinforzo per la mediana (non Tolisso, per il quale è arrivato il no dalla Francia), a giugno puntano sull'azzurro. Il centrocampista del Psg ha già parlato con il Real Madrid, ma Zidane non lo considera una priorità. Resta la concorrenza di Inter e, soprattutto, Bayern Monaco, ma al momento la Signora è l'unica corazzata che in gran segreto ha mosso i primi passi ufficiali.

Il resto ce lo dice (si fa per dire) Marotta, che ieri ha smentito se stesso dopo nemmeno 24 ore - «il sostituto di Evra ce l'abbiamo in casa» - e ha messo le basi per arrivare a Kolasinac dello Schalke 04 (sempre viva anche l'opzione Bentancur se non arriverà un extracomunitario in questa sessione). Come se non bastasse il dg bianconero ha praticamente chiuso per Orsolini e a quanto risulta centrerà l'obiettivo del pareggio di bilancio a prescindere dall'esito della corsa Champions.

Il lavoro del dg e dell'amministratore delegato Aldo Mazzia rende sempre più forte la posizione di John Elkann (e, di riflesso, quella di Massimiliano Allegri, allenatore voluto proprio da Marotta) mentre indebolisce quella di Andrea Agnelli. Il presidente della rinascita bianconera starebbe cercando un exit strategy (è andato a vuoto il primo tentativo di passare in Ferrari) in vista del possibile avvicendamento nel ruolo di presidente con un ex bandiera (Nedved?). I tifosi attendono in grande (e comprensibile) serenità.

QUI NAPOLI

La vittoria sulla Samp nel gelo del San Paolo è stata un'arrampicata di fatica firmata dagli uomini "con la valigia". I gol di Gabbiadini (che andrà in Premier o in Bundesliga, come confermato dal suo procuratore) e Tonelli (mai utilizzato prima) hanno inaugurato un nuovo modo di vincere del Napoli: soffrendo. La squadra di Sarri, spesso prigioniera del suo bel gioco e incapace di vincere partite "sporche", ha dimostrato di aver raggiunto quella maturità necessaria per raggiungere ogni obiettivo.

Stasera la banda-Sarri tornerà in campo per gli ottavi di Coppa Italia contro lo Spezia. Si giocherà in un San Paolo quasi deserto, come consuetudine in queste occasioni. Non si capisce cosa si aspetta ad imitare il modello FA Cup, con il sorteggio integrale che determina anche quale squadra gioca in casa e con il "replay" in caso di pareggio. Così anziché avere un San Paolo comprensibilmente vuoto (oh, bisogna risparmiare per i carissimi biglietti di Champions...), avremmo vissuto la partita in un Picco colmo e vibrante. Ma in Italia - vai a capire perché - non si può...

QUI INTER

L'affare-Gagliardini attende solo le firme per essere ufficializzato ed evidenzia una differenza netta nel club nerazzurro rispetto agli ultimi anni. Zhang non ha problemi a spendere i soldi, soprattutto quando si parla di giocatori giovani e talentuosi. I 26 milioni complessivi tra prestito, riscatto e bonus spesi per l'atalantino, seguono i 70 milioni spesi per assicurarsi Joao Mario e Gabigol: tre indizi fanno una prova, il tempo delle vacche magre in casa nerazzurra è terminato.

Il problema, oggi, è un altro: bisogna acquistare con logica, evitando doppioni. Gagliardini doppione non è, a scanso di equivoci. È un ancora un embrione di giocatore, ma le premesse sono ottime soprattutto per un motivo: in accordo con la società lo ha voluto il suo futuro allenatore, Pioli, che considera il ragazzo un elemento in grado di essere utile da subito alla causa. Le caratteristiche di Gagliardini sono perfette per il credo tattico del mister nerazzurro: è un predatore di seconde palle, copre ampie porzioni di campo ed ha una naturale predisposizione al gioco verticale. Pioli lo sistemerà in mediana nel 4-2-3-1, accanto a Brozovic e presumibilmente al posto di Kondogbia (con Medel, vicino al rientro, arretrato al fianco di Miranda). Fino a che punto crescerà il ragazzo non è dato a sapersi, ma la logica dietro questo acquisto esiste ed è già un passo avanti rispetto a tanti errori del passato.

Nel frattempo l'addio di Jovetic si è concretizzato in un prestito al Siviglia con diritto di riscatto a 14 milioni. Il montenegrino se ne va alzando il polverone della polemica, puntando il dito contro l'Inter che, a suo parere, non gli ha dato la possibilità di essere all'altezza. In compenso, i tifosi nerazzurri non verseranno lacrime sul suo precoce addio.

Per rimanere sulle "questioni di stile", viceversa, è doveroso salutare un altro ormai ex nerazzurro che se ne va da signore. Almeno fuori dal campo, ché in campo gli hanno sempre cucito addosso (e con più di una ragione, va detto...) la fama del randellatore.

Se avete ancora un po' di voglia, buona lettura (mail: ilsensodelgol@gmail.com, Twitter: @ilsensodelgol, @FBiasin).

Bello non lo è mai stato.
Simpatico non lo so.
 Arrivò all'Inter perché il mister dell'epoca si impuntò con la dirigenza e disse:

- lo voglio lo voglio lo voglio, se non lo prendete non mangio la minestra, cacca e pipì.

E quindi lui che aveva appena rinnovato per svariati milioni col suo club turco, rescisse e giunse a Milano.
Disse quello che dicono tutti:

- Vinceremo, faremo, disferemo.

Con lui in campo inizialmente si vinse, poi proprio a causa di una sua puttanata in un match con la Lazio, tutto cominciò a disfarsi.


Gli venne un muso lungo così, ma non fece mai polemica.


In panca stava zitto, quando entrava si dava da fare come chi sa di non essere baciato dal "Dio della tecnica e delle buone maniere" e quindi o si sbatte o è fottuto.


La sua presenza faceva venire sincopi agli astanti, ché se andava bene finiva la partita in qualche modo, viceversa si faceva cacciare tipo bullo di periferia.


Il nuovo tecnico aveva un'idea di calcio assai lontana dalla sua e lo mise da parte.

Lui non disse nulla, ben conscio di essere stra-pagato per (non) giocare a calcio, che alla fine è sempre meglio che lavorare.


Ultimamente aveva ritrovato fiducia e una dignità tecnico-tattica di tutto rispetto: giocava, metteva ordine, dava sicurezza ai compagni, si sbatteva come sempre e come sempre veniva cacciato anche perché nei suoi confronti pesava il "peccato originale" del centrocampista cattivo e falloso a prescindere.


Ora se ne va. Abbastanza in silenzio tra l'altro.


Da quello che abbiamo capito non ha fatto storie, non ha messo paletti, né ha sputato fiotti di facile veleno come spesso succede in queste occasioni.


È stato semplicemente un professionista, con i suoi pregi (qualcuno) e i suoi difetti (molti).


Non passerà alla storia del calcio mondiale, neppure di quello milanese, ma si è comportato da uomo. Sempre. E questa, davvero, non è cosa di tutti.


Buona fortuna Felipe Melo. A te e ai poveracci che ti incontreranno nel cerchio di centrocampo.