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DAINELLI, I perché del mio addio. Mi chiamò PradèTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
martedì 7 settembre 2021, 14:41News
di Redazione FV
per Firenzeviola.it

DAINELLI, I perché del mio addio. Mi chiamò Pradè

Intervenuto ieri sera a RTV 38, l'ex supervisore dell'area tecnica ed ex capitano della Fiorentina Dario Dainelli ha parlato così delle questioni legate alla squadra viola: "Due anni fa mi chiamò Pradè e la Fiorentina, quindi la prima estate che volevo passare con la mia famiglia l'ho messa da parte. Non ho pensato molto a quello che stavo facendo, c'era solo l'entusiasmo di tornare a Firenze e alla Fiorentina. Qualche giorno prima ero in vacanza, qualche giorno dopo già in tournée in USA. Poi due anni non facili e complicati dal punto di vista dei risultati e di quello che è successo nel mondo. Però una bella esperienza".

Perché l'addio alla Fiorentina?
"Ero partito con entusiasmo e non avevo valutato molto il mio ruolo. È un ruolo particolare, nel quale sembra che fai poco ma sei quotidianamente con la squadra che oggi è formata, se pensiamo al gruppo squadra, da oltre 60 persone. Se tu sei referente di tutti fai parte di tante dinamiche tra giocatori, dirigenti e staff. Ad un certo punto però non sapevo neanche io che cosa facevo, oltretutto io volevo girare e invece con il Covid non era possibile. Questo mi ha fatto venire qualche dubbio, e nel momento in cui mi hanno proposto un ruolo nel settore giovanile mi sono detto che volevo ripartire con la rabbia giusta. Quindi prima riprendermi, studiare e poi eventualmente tornare nel calcio".

Cosa è cambiato dal calcio in cui ha esordito a quello di oggi?
"In questi vent'anni è cambiato tanto, sia dal punto di vista fisico per quanto riguarda la preparazione e l'alimentazione, sia da quello dell'organizzazione. Oggi la squadra è circondata da un'altra squadra che segue e cura tutto. I ragazzi sono trattati come aziende: c'è il positivo perché sono diventati molto più professionali, ma dall'altra parte ti limita nell'empatia. Se hai tutto stai bene anche nel tuo spazio, invece se c'è qualche difficoltà crei empatia. Poi ci sono i social: quello che prima si faceva insieme adesso è individuale".

Qualcosa che non rifarebbe in questi due anni?
"A posteriori c'è sempre qualcosa. Però è troppo facile dirlo dopo, al momento era molto difficile mantenere l'equilibrio. Adesso il fulcro del calcio è la guida tecnica e va scelta bene, bisogna crederci e dargli tanta forza. È quello che fa la differenza con quelli che ci sono intorno".

Il mio scout su Italiano?
"La facevo ogni giorno di diversi allenatori, guardando anche le lezioni che hanno fatto a Coverciano. Nella relazione su Italiano avevo scritto dei principi di gioco incentrati sulla verticalità, su poche pause nelle esercitazioni e sull'attaccare lo spazio. Fare oggi il difensore di Italiano ha dei pro e dei contro. Il campo alle spalle non fa paura se c'è pressione".

Le richieste mancate di Iachini?
"Sia lui che Montella sono due allenatori di qualità. Poi ci sono le situazioni di mercato. Io sono contentissimo di Italiano ma non voglio criticare gli altri che con gli stessi giocatori hanno fatto peggio".