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Una notte d'Inghilterra che non dimenticheremo mai più. Come il gol di Grosso, come le lacrime per Baggio, come l'urlo di Tardelli
Nato a Firenze il 5 maggio del 1985, è caporedattore di Tuttomercatoweb.com. Attualmente è corrispondente a Euro 2020
Quell'abbraccio di gioia, a un amore, a un amico, a uno sconosciuto, dopo il gol di Fabio Grosso. Quelle lacrime inconsolabili, in mezzo alla notte sudata di Pasadena. Quelle mani al cielo, quel sorriso dell'amata, del fratello, di chi c'era, al tuffo di Francesco Toldo. Oppure il suono di quel clacson, lo sventolio di quella bandiera, quella terrazza, quell'orizzonte vicino e ora così lontano, all'urlo di Tardelli. Ci ricordiamo quel divano, quella panchina, quel giardino, quel teatro, oppure quello stadio, quella spiaggia. Quel momento. Nella buona e nella cattiva sorte, i Mondiali, gli Europei, le Olimpiadi, hanno segnato da sempre i tempi delle nostre vite. Stanotte torneranno a farlo, 11 luglio 2021, dispari perché è un mondo impari con la giustizia terrena. Quest'Europeo, un anno più tardi, s'è dovuto giocare perché il Dio denaro e gli investimenti fatti chiedevano a gran voce, certamente con lo stesso eco di certi conti in banca, che tutto ripartisse. Così son tornati gli abbracci, pure in Inghilterra, dove a Wembley tutto è sembrato ripartire come un tempo. Anche se il virus c'è ancora, tra i boccali, tra la gioia, tra le bandiere dei Tre Leoni e tra sessantacinquemila anime libere da restrizioni.
Ci ricorderemo dov'eravamo, stanotte. Sulla sabbia, in una piazza, nel religioso silenzio di una stanza vuota, davanti a una tavola imbandita, con gli amici, con i cari, su una nuvola. Lo faremo mentre qui, a Wembley, l'estate d'Inghilterra è nebbia, freddo, bandiere al vento, e un arco in mezzo al cielo. L'estate di Londra è un autobus rosso che sfreccia dalla parte opposta del cielo, e della strada, una bandiera del Leeds, odore di cibo d'Oriente, un'insegna cinese, le scintillanti luci della City all'orizzonte. L'Europeo visto da fuori Wembley, nelle notti che precedono l'ultima volta, sono mondo e vita generosa. Londra come porto accogliente di facce e costumi, razze e costumi. Vicino allo stadio c'è un fish and chips di una donna libanese che ama l'Italia. Accanto un ristorante somalo con mille spezie che inebriano la mente. A pochi passi una birreria d'inglesi, e in questi giorni le bionde son passate di mano in mano, di brindisi in brindisi, di festa in festa.
Ci ricorderemo di questa notte per sempre. Di quest'Italia che ha fuggito la retorica ma che ne è stata padrona, compagna, onesta partecipe. Il gruppo, la gavetta, le storie di fatica e sudore, di rilancio e di riscatto. C'è tutto, in questa squadra di Roberto Mancini, e pure l'amicizia, il dramma e l'amore di e per Gianluca Vialli. Quei ragazzi della Sampdoria degli anni '90, allora e per sempre, come se il tempo a volte dipingesse solo i capelli di bianco ma le anime d'azzurro. L'Italia è la carezza di Cristante a Spinazzola dopo l'infortunio, l'abbraccio di Chiellini a Locatelli dopo il rigore sbagliato. E' un guantone di Donnarumma, è Di Lorenzo che giocava nel Matera, è Raspadori che studia la mattina, è Insigne e una cassa che batte Notti Magiche.
Davanti avremo l'Inghilterra, che sogna di riportare il calcio a casa, con la sua boria antica, quella che le fece snobbare i primi Mondiali e poi esser presa a calci dai pedestri e dilettanti statunitensi. L'Inghilterra sogna di vincere ancora a Wembley, dove i tedeschi piangono ancora lacrime di rabbia per quel gol fantasma del 1966. Kasper Schmeichel, figlio d'arte e di, prima della gara con la Danimarca ha sentenziato che "c'è poco da riportare a casa, visto che non avete mai vinto un Europeo". Il tempio del calcio inglese si prospetta come un inferno caldo, dove la testa giocherà un ruolo importante per tutti. Il rischio boomerang per i britannici, schiacciati da cotanta pressione, è inevitabile da immaginare. E dall'altra parte c'è l'Italia, che dovrà giocare come sa fare. Spensierata e crudele, convinta ma mai sopra la soglia dell'autocompiacimento. Per ricordarci per sempre di questo 11 luglio londinese. Nella buona sorte. Abbracciamoci forte.
Ci ricorderemo dov'eravamo, stanotte. Sulla sabbia, in una piazza, nel religioso silenzio di una stanza vuota, davanti a una tavola imbandita, con gli amici, con i cari, su una nuvola. Lo faremo mentre qui, a Wembley, l'estate d'Inghilterra è nebbia, freddo, bandiere al vento, e un arco in mezzo al cielo. L'estate di Londra è un autobus rosso che sfreccia dalla parte opposta del cielo, e della strada, una bandiera del Leeds, odore di cibo d'Oriente, un'insegna cinese, le scintillanti luci della City all'orizzonte. L'Europeo visto da fuori Wembley, nelle notti che precedono l'ultima volta, sono mondo e vita generosa. Londra come porto accogliente di facce e costumi, razze e costumi. Vicino allo stadio c'è un fish and chips di una donna libanese che ama l'Italia. Accanto un ristorante somalo con mille spezie che inebriano la mente. A pochi passi una birreria d'inglesi, e in questi giorni le bionde son passate di mano in mano, di brindisi in brindisi, di festa in festa.
Ci ricorderemo di questa notte per sempre. Di quest'Italia che ha fuggito la retorica ma che ne è stata padrona, compagna, onesta partecipe. Il gruppo, la gavetta, le storie di fatica e sudore, di rilancio e di riscatto. C'è tutto, in questa squadra di Roberto Mancini, e pure l'amicizia, il dramma e l'amore di e per Gianluca Vialli. Quei ragazzi della Sampdoria degli anni '90, allora e per sempre, come se il tempo a volte dipingesse solo i capelli di bianco ma le anime d'azzurro. L'Italia è la carezza di Cristante a Spinazzola dopo l'infortunio, l'abbraccio di Chiellini a Locatelli dopo il rigore sbagliato. E' un guantone di Donnarumma, è Di Lorenzo che giocava nel Matera, è Raspadori che studia la mattina, è Insigne e una cassa che batte Notti Magiche.
Davanti avremo l'Inghilterra, che sogna di riportare il calcio a casa, con la sua boria antica, quella che le fece snobbare i primi Mondiali e poi esser presa a calci dai pedestri e dilettanti statunitensi. L'Inghilterra sogna di vincere ancora a Wembley, dove i tedeschi piangono ancora lacrime di rabbia per quel gol fantasma del 1966. Kasper Schmeichel, figlio d'arte e di, prima della gara con la Danimarca ha sentenziato che "c'è poco da riportare a casa, visto che non avete mai vinto un Europeo". Il tempio del calcio inglese si prospetta come un inferno caldo, dove la testa giocherà un ruolo importante per tutti. Il rischio boomerang per i britannici, schiacciati da cotanta pressione, è inevitabile da immaginare. E dall'altra parte c'è l'Italia, che dovrà giocare come sa fare. Spensierata e crudele, convinta ma mai sopra la soglia dell'autocompiacimento. Per ricordarci per sempre di questo 11 luglio londinese. Nella buona sorte. Abbracciamoci forte.
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