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Thiago Alcantara, barese in blaugrana

Thiago Alcantara, barese in blaugrana
lunedì 12 maggio 2008, 00:002008
di Francesco Letizia

Leo Messi, Giovanni Dos Santos, Bojan Krkic? Roba superata: la next-generation è arrivata a Barcellona e porta i nomi di Thiago Alcantara e Gay Assulin, nuovi gioielli della Cantera blaugrana. Quest'oggi vi presentiamo il primo, italiano di nascita e figlio di una vecchia conoscenza della Serie A...

E' IL FIGLIO DEL CAMPIONE DEL MONDO '94, MAZINHO
Thiago Alcantara do Nascimiento nasce a Bari l'11 Aprile 1991: sì, avete capito bene, proprio nella città che ha dato i natali, ad esempio, ad Antonio Cassano. Ma la storia di Alcantara è totalmente diversa da quella del numero 18 della Sampdoria: Thiago infatti può essere definito un "barese per caso", visto che nel capoluogo pugliese c'è rimasto giusto nelle prime ore della sua vita post-parto. Lecce- Firenze -San Paolo -Valencia - Vigo le città in cui il bimbo vive i suoi primi 5 anni d'età: la colpa? Di suo padre, brasiliano doc, di Santa Rita (Stato di Paraiba): il padre è un certo Iomar do Nascimento, un nome che non dice nulla, ma un soprannome, "Mazinho", certamente celebre a chiunque abbia una buona memoria del calcio degli anni '90. Centrocampista, argento olimpico a Los Angeles '84 ma soprattutto Campione del Mondo ad Usa '94 con la Seleçao, Mazinho ha militato appunto per due stagioni in Serie A (in giallorosso nel 1990-91 e in viola 1991-92) ed ecco spiegata l'apparentemente strana città sul passaporto di suo figlio, nel campo "nato a". Un figlio d'arte, che inizia a giocare a calcio intorno ai 10 anni quando, in coincidenza del ritiro dall'attività del capofamiglia, si stabilisce definitivamente in Brasile: Thiago inizia così a far parte del settore giovanile del Flamengo, dove perfeziona i suoi fondamentali fino ad allora frutto solo del divertimento in giardino con papà e suo fratello minore, Rafael. Il talento è di quelli cristallini e lo sbarco in Europa non tarda ad arrivare: Mazinho per lui sceglie la Spagna, paese in cui lui stesso ha vissuto il periodo migliore della sua carriera. Così prima all'Ureca, in Galizia, e presto, nel 2004, al Barcellona. In uno dei migliori vivai europei, il giovane brasiliano cresce a vista d'occhio con due "soci" particolari: Gay Assulin, talentuosissimo israeliano che ha già esordito nella sua nazionale maggiore, e Dani Pacheco, il futuro craque del Liverpool che lo ha strappato al Barça qualche mese fa.

TECNICA ALLO STATO PURO
Un centrocampista offensivo "alla brasiliana", tutto tecnica e fantasia, ma anche grande personalità : fisicamente ancora non "finito" (170 cm per una sessantina di kg), Thiago è sostanzialmente ambidestro (per quanto comunque sia il destro il suo piede preferito) e può vantare un'eleganza veramente unica per la sua età. Eccellente controllo di palla ed abile nell'uno contro uno, è anche un ottimo calciatore di calci da fermo, ma ciò che lo distingue marcatamente è la visione di gioco "da playmaker" che qualcuno dice sia un fatto genetico ereditato dal padre: non ce ne vorrà Mazinho, che nella sua carriera ha sollevato anche la Coppa del Mondo, ma la qualità del ragazzino ci sembra tutt'altra cosa, come dimostrano i doppi passi, i colpi di tacco, e le veroniche "alla Zidane" sul pallone. Tutt'altro che un giocoliere fino a sé stesso però: i suoi detrattori lo accusano di essere eccessivamente "pausado", ovvero lento, critica mossa con una certa frequenza a questo tipo di giocatore... In realtà, vista la straordinaria capacità di scegliere la cosa giusta da fare, potremmo definirlo "riflessivo": la personalità spiccatamente da leader, senza paura di rischiare la giocata e soprattutto di prendersi le responsabilità della partita, completa il quadro "psicologico" del numero 8 , che sogna di vestire un giorno la maglia della Seleçao brasiliana, nonostante abbia scelto al momento la nazionalità spagnola. Difficile compararlo ad un giocatore in particolare: alcuni hanno indicato Juninho Pernambucano, altri Deco o addirittura Luis Anderson del Manchester United. Probabilmente tutto dipenderà però dalla crescita fisica del giocatore (dotato anche di un ottimo tiro, oltre che di una straordinaria capacità di assist): se resterà sulle "misure" attuali, senza riempire il proprio fisico muscolarmente, ci pare difficile che possa trovare spazio al centro della linea mediana, visto che difensivamente paga un dazio eccessivo per essere il regista perno della squadra, ma meglio starebbe nel suo ruolo naturale, quello della mezzala defilata o del trequartista.

SARA' IL PROSSIMO GIOIELLO DEL BARCA
La storia professionistica di Alcantara si riassume ad un'unica presenza con la prima squadra del Barcellona, nella Copa di Catalunya: Frank Rijkaard lo ha fatto già esordire infatti a Settembre contro il Girona, match in cui si è addirittura tolto lo "sfizio" di riprendere il veterano messicano Rafa Marquez dopo un intervento ruvido. C'è da giurarci però che l'avvento di Pep Guardiola sulla panchina culè, spalancherà le porte al suo talento nella prossima stagione: Guardiola infatti è il tecnico del Barça B in cui Alcantara ha militato nella seconda parte di stagione, facendo meraviglie e meritandosi così anche la convocazione nella nazionale spagnola Under 17, per l'Europeo di categoria in corso in Turchia. Proprio l'Europeo Under17 può segnare uno spartitraffico decisivo nella carriera del talentino italo-brasil-spagnolo, come fu per Bojan Krkic nell'ultima edizione della manifestazione, svoltasi in Lussemburgo: con due gol alla forte Francia, di cui uno su punizione, Alcantara ha già lasciato il suo segno nel torneo, in cui la Spagna sta ben militando attendendo la semifinale contro l'Olanda. Praticamente impossibile dare una valutazione economica del giocatore, che è già un "incedibile" da blindare, considerando i casi Fabregas e Merida: Juan Cruz Sol però, scout spagnolo del Chelsea, e Frank Arnesen, direttore tecnico dei Blues, sono già pronti ad offrire ponti d'oro sia a Thiago che al compagno Gay Assulin. Di certo c'è solo da dire bravo però al Barcellona, che per aggiudicarsi il piccolo craque nel 2005, ha investito addirittura 40mila euro, una cifra consistente per un semplice bambino talentuoso: il Real Madrid si era mosso addirittura in anticipo, ma i rapporti tra il club galiziano ed i blaugrana sono stati decisivi. Una politica, quella dei catalani (che nel frattempo si sono assicurati anche il fratellino Rafael), che di certo dovrebbe far pensare le società italiane: quanti soldi buttati per iniziative stupide, figure professionali inutili, multe assurde da pagare per striscioni o cori allo stadio? Con il costo di uno stipendio annuo di un giardiniere, si acquistano i nuovi Messi: e poi, care Milan, Inter e Juve, non veniteci a raccontare che costano troppo o sono incedibili, quando saranno sotto gli occhi di tutti...