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Inter, il bivio tra bruciante passione e cocente delusione: Conte protagonista
Sconvolgere gli stati d’animo, rovesciare l’umore sono caratteristiche insite nelle grandi storie di passione. Sentimenti che bruciano almeno quanto la linea torrida che collega Antonio Conte e l’Inter nel momento di gran lunga più complicato da quando il top manager leccese siede sulla panchina nerazzurra. L’antologia dedicata all’incapacità di accettare la sconfitta da parte del salentino è già sufficientemente ricca di capitoli ed è da ascrivere ai pregi del diretto interessato, mentre è altrettanto ridondante sottolineare come i modi non siano certo la specialità della casa.
Tra le poche sensazioni difficili da smentire c’è quella di un rapporto totalmente inesistente con parte della dirigenza che già in più di una circostanza è stata oggetto di attacchi frontali in questa stagione. Tra i retroscena che si possono aggiungere al già ricco calderone c’è quello della sensazione di abbandono concretizzatasi a margine della gara dell’Olimpico contro la Roma quando Conte si ritrovò sostanzialmente da solo nel difendere le ragioni nerazzurre per quel gol apparentemente irregolare subìto con cui si conclusero di fatto le speranze tricolori della sua Inter. Una sensazione covata da diverso tempo e deflagrata nel momento in cui il migliore amico di Conte, ovvero il campo con i suoi risultati annessi, è arrivato in suo soccorso con numeri che da queste parti non si vedevano dall’anno di grazia 2010: ovvero il momento della massima apoteosi.
Una costruzione alla quale Conte ha partecipato attivamente scendendo in campo anima e corpo anche sul mercato e che sarebbe delittuoso sprecare o magari regalare a qualcun altro che possa raccogliere i frutti di una semina tanto faticosa.
Anche per questo si registra la prova di pace con tanto di dichiarazione d’intenti e perché no anche d’amore, che fa a pugni con le frasi del post Atalanta che hanno generato la bagarre delle ultime ore. Ora sarà tempo della razionalità targata Marotta nell’abilità di ricomporre i pezzi, magari con la presenza tangibile di Zhang che Conte ha richiesto a gran voce. Di lì in poi si capirà se il connubio esplosivo di cui sopra sarà il prologo di un grande amore o di una cocente delusione.
Tra le poche sensazioni difficili da smentire c’è quella di un rapporto totalmente inesistente con parte della dirigenza che già in più di una circostanza è stata oggetto di attacchi frontali in questa stagione. Tra i retroscena che si possono aggiungere al già ricco calderone c’è quello della sensazione di abbandono concretizzatasi a margine della gara dell’Olimpico contro la Roma quando Conte si ritrovò sostanzialmente da solo nel difendere le ragioni nerazzurre per quel gol apparentemente irregolare subìto con cui si conclusero di fatto le speranze tricolori della sua Inter. Una sensazione covata da diverso tempo e deflagrata nel momento in cui il migliore amico di Conte, ovvero il campo con i suoi risultati annessi, è arrivato in suo soccorso con numeri che da queste parti non si vedevano dall’anno di grazia 2010: ovvero il momento della massima apoteosi.
Una costruzione alla quale Conte ha partecipato attivamente scendendo in campo anima e corpo anche sul mercato e che sarebbe delittuoso sprecare o magari regalare a qualcun altro che possa raccogliere i frutti di una semina tanto faticosa.
Anche per questo si registra la prova di pace con tanto di dichiarazione d’intenti e perché no anche d’amore, che fa a pugni con le frasi del post Atalanta che hanno generato la bagarre delle ultime ore. Ora sarà tempo della razionalità targata Marotta nell’abilità di ricomporre i pezzi, magari con la presenza tangibile di Zhang che Conte ha richiesto a gran voce. Di lì in poi si capirà se il connubio esplosivo di cui sopra sarà il prologo di un grande amore o di una cocente delusione.
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