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L'interista - Giù le mani da Dimarco, uno come lui mancava dai tempi di Zenga
"Dimarco è una specie protetta". E' il titolo dell'editoriale di oggi de 'L'interista', che parla dell'esterno dell'Inter Federico Dimarco dopo il rigore sbagliato contro l'Atalanta. Nonostante il penalty fallito, Dimarco s'è inserito nel migliore dei modi nel gruppo di Simone Inzaghi. E anche contro la Dea, al netto di quell'episodio, è entrato molto bene in partita. Ecco un estratto.
"In un calcio sempre più dominato dal business, Federico Dimarco, interista dalla nascita e milanese nato nel quartiere Calvairate, è una specie protetta a prescindere, considerata perfino estinta. Oltretutto il ragazzo ci sa fare davvero: lo ha dimostrato a Genova, quando ha infilato la Sampdoria una punizione da sigla televisiva nel sette e pure con l’Atalanta, visto che il tap-in vincente di Dzeko è stato propiziato da un suo tiro respinto corto da Musso.
Quindi giù le mani da Dimarco: l’errore ha tolto due punti in classifica all’Inter ma poteva capitare a chiunque, anche ad un interista milanese come non se ne vedevano più in nerazzurro dai tempi di Walter Zenga. Oggi comanda il calcio-business, dove l’idolo di turno ti lascia da un momento all’altro per ragioni professionali invisibili solo a chi non lavora nel calcio. Non a caso ultimamente aleggia più o meno in ogni tifoseria quella che io chiamo la ‘sindrome del cornuto’, ossia quella buffa metamorfosi mentale che trasforma i giocatori che hanno giocato nella propria squadra e che magari l’hanno pure portata a vincere in pipponi: Lukaku e Hakimi per gli interisti, Cristiano Ronaldo per gli juventini, Donnarumma e Calhanoglu per i milanisti, anche se quest’ultimo caso è il più bizzarro, visto che qualunque interista, avesse ancora Eriksen, non avrebbe mai pensato a Çalhanoğlu in nerazzurro, ma oggi va così".
"In un calcio sempre più dominato dal business, Federico Dimarco, interista dalla nascita e milanese nato nel quartiere Calvairate, è una specie protetta a prescindere, considerata perfino estinta. Oltretutto il ragazzo ci sa fare davvero: lo ha dimostrato a Genova, quando ha infilato la Sampdoria una punizione da sigla televisiva nel sette e pure con l’Atalanta, visto che il tap-in vincente di Dzeko è stato propiziato da un suo tiro respinto corto da Musso.
Quindi giù le mani da Dimarco: l’errore ha tolto due punti in classifica all’Inter ma poteva capitare a chiunque, anche ad un interista milanese come non se ne vedevano più in nerazzurro dai tempi di Walter Zenga. Oggi comanda il calcio-business, dove l’idolo di turno ti lascia da un momento all’altro per ragioni professionali invisibili solo a chi non lavora nel calcio. Non a caso ultimamente aleggia più o meno in ogni tifoseria quella che io chiamo la ‘sindrome del cornuto’, ossia quella buffa metamorfosi mentale che trasforma i giocatori che hanno giocato nella propria squadra e che magari l’hanno pure portata a vincere in pipponi: Lukaku e Hakimi per gli interisti, Cristiano Ronaldo per gli juventini, Donnarumma e Calhanoglu per i milanisti, anche se quest’ultimo caso è il più bizzarro, visto che qualunque interista, avesse ancora Eriksen, non avrebbe mai pensato a Çalhanoğlu in nerazzurro, ma oggi va così".
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