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Due trofei, manca lo scudetto: com'è andata la prima stagione di Inzaghi all'Inter
Due trofei in bacheca e il miglior attacco del campionato, anche se non è bastato per vincerlo. In poche parole, la prima stagione di Simone Inzaghi alla guida dell'Inter si potrebbe riassumere così. Oggi, il tecnico e la società nerazzurra hanno prolungato il contratto, allungando al 2024, con tanto di opzione al 2025. Un segnale di grandissima fiducia, reciproca e certificata anche dalla promessa di Zhang: "Spacchiamo insieme per altri due anni".
Cosa ha funzionato. Chiamateli pro, se volete. Supercoppa e Coppa Italia, in rigoroso ordine cronologico, sono i gagliardetti che Inzaghi si può appuntare al petto. Prima dei trofei, c'è tutto cioò che ha fatto per l'Inter e con l'Inter. Raccolta da quelle che sembravano le ceneri: di Conte, di Lukaku e di Hakimi. Il secondo posto finale, se visto dalla partenza, è in realtà un traguardo eccezionale, perché non era scontato che le scosse estive portassero a un assestamento così rapido. E poi il gioco scintillante, almeno quello sfoggiato in apertura, nonché la prestazione di Anfield: una prova europea che all'Inter, forse si può dire al calcio italiano, mancava da un po' di anni.
Cosa si può migliorare. Quei sette punti in sette gare pesano come macigni. Il secondo posto, se è un successo visto dall'estate, è una delusione considerato il finale. A un certo punto, l'Inter ha avuto tra le mani il proprio destino. L'ha buttato via? Magari è un po' eccessivo, nessuno toglie i meriti al Milan. Però si poteva vincere sin da subito, e invece alzare lo scudetto è la missione che Inzaghi ha per la prossima stagione: d'altra parte, oltre al rinnovo la società gli sta regalando di nuovo Lukaku, probabilmente anche Dybala. Migliorare i numeri sarà difficile: la Beneamata ha fatto 15 gol in più del Milan e per una sola rete di differenza non ha chiuso con la miglior difesa. C'è da mettersi alle spalle quel blackout.
Cosa ha funzionato. Chiamateli pro, se volete. Supercoppa e Coppa Italia, in rigoroso ordine cronologico, sono i gagliardetti che Inzaghi si può appuntare al petto. Prima dei trofei, c'è tutto cioò che ha fatto per l'Inter e con l'Inter. Raccolta da quelle che sembravano le ceneri: di Conte, di Lukaku e di Hakimi. Il secondo posto finale, se visto dalla partenza, è in realtà un traguardo eccezionale, perché non era scontato che le scosse estive portassero a un assestamento così rapido. E poi il gioco scintillante, almeno quello sfoggiato in apertura, nonché la prestazione di Anfield: una prova europea che all'Inter, forse si può dire al calcio italiano, mancava da un po' di anni.
Cosa si può migliorare. Quei sette punti in sette gare pesano come macigni. Il secondo posto, se è un successo visto dall'estate, è una delusione considerato il finale. A un certo punto, l'Inter ha avuto tra le mani il proprio destino. L'ha buttato via? Magari è un po' eccessivo, nessuno toglie i meriti al Milan. Però si poteva vincere sin da subito, e invece alzare lo scudetto è la missione che Inzaghi ha per la prossima stagione: d'altra parte, oltre al rinnovo la società gli sta regalando di nuovo Lukaku, probabilmente anche Dybala. Migliorare i numeri sarà difficile: la Beneamata ha fatto 15 gol in più del Milan e per una sola rete di differenza non ha chiuso con la miglior difesa. C'è da mettersi alle spalle quel blackout.
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