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Rambert, il primo abbaglio di Moratti
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
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Estate 1995, è la prima vera Inter dell'era Massimo Moratti. In verità il cambio di proprietà era già avvenuto a febbraio, ma quell'Inter appena acquistata era stata costruita dalla gestione Pellegrini, senza che il nuovo patron potesse metter mano. Così, una volta terminato il campionato acciuffando per il rotto della cuffia la qualificazione in Coppa Uefa, si passa all'azione, costruendo la prima Inter di stampo morattiano. Gli stranieri acquistabili sono illimitati, ma con Bosman all'epoca semplice giocatore del campionato belga in causa col suo vecchio club vigeva il limite di 3 giocatori d'oltreconfine convocabili in distinta. Jonk, Bergkamp, Pancev e Ruben Sosa vanno via, la casella stranieri è tutta da riempire e i primi due della lista che arrivano in via Durini sono due argentino non troppo conosciuti. Il primo è un terzino del Banfield, si chiama Javier Zanetti e ne sentite parlare ancora oggi, a quasi 18 anni di distanza: stessa forza, stessa classe, stesso ciuffo. Il secondo sarebbe della coppia "quello forte". O comunque quello che fa sognare la piazza poiché attaccante. I suoi gol sono celebrati con un'esultanza all'epoca inusuale, almeno fino a che non arriva Vincenzo Montella (all'epoca appena trasferitosi dall'Empoli al Genoa in B): il suo nome è Sebastian Rambert e quando fa gol allarga le braccia e finge di essere un aeroplanino. E siccome in Argentina tutti oltre ad avere due nomi hanno anche un soprannome, Rambert, che di secondo nome ha Pascual, come soprannome ha Avioncito. Chissà che coppia con l'altro nuovo acquisto Maurizio Ganz, i tifosi sognano. Nel frattempo l'Inter per il terzo straniero prende il tenace Paul Ince dal Manchesyer United. E siamo a 3, il numero giusto utilizzabile. I quotidiani sportivi lo inseriscono nell'undici iniziale poi la musica cambia: l'Inter inizia a monitorare Hristo Stoichkov, in rotta col Barcellona. Il bulgaro però viene scippato dal Parma, che quasi per scusarsi decide di lasciar via libera ai nerazzurri per un giocatore appartenente al Palmeiras, club all'epoca controllato dalla Parmalat, quindi da Tanzi, quindi proprio dal Parma. Il giocatore in questione è un giovane terzino sinistro, il suo nome Roberto Carlos. E siccome sull'out sinistro il tecnico Ottavio Bianchi non si fida troppo né di Centofanti né di Pedroni. Il brasiliano di diritto diventa titolare, così come Ince in mezzo al campo e Zanetti sull'out destro di difesa. In fondo, dei 4 stranieri l'unico sacrificabile è Rambert avendo Ganz e Branca. Parte il campionato e Roberto Carlos fa subito gol al Vicenza, poi al Parma e al Lugano in coppa: puoi mai toglierlo? Zanetti sorprende tutti per corsa, dribbling, fiato: intoccabile. Ince è imbarazzante, ma non ci sono alternative e continua a giocare. Alla lunga diventerà un pilastro della squadra, ripagando in pieno la fiducia prima di Bianchi, poi di Hodgson. E Rambert? Sta a guardare, è chiuso, triste. Ma ha la sua chance nella sfida di ritorno col Lugano, primo turno di Coppa Uefa. All'andata in Svizzera finisce 1-1, l'Inter ha due risultati su tre. L'argentino gioca una partita incolore, prova a lottare ma non riesce a incidere. Al 9' della ripresa viene sostituito da Fontolan. L'Inter perderà la partita col Lugano e verrà eliminato, dell'argentino un'unica altra chance, contro il Fiorenzuola, squadra di C1. Non segna e per allenatore e dirigenti può bastare così. L'Avioncito prende il volo verso Saragoza a novembre. Se ne va senza rimpianti e consapevole di essere entrato a suo modo nella storia: è lui la prima meteora dell'era Moratti.
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