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Una maniera di vivere e soffrire insieme. L’Atletico Madrid può rinascere differente? Tocca a Simeone l’ultima rispostaTUTTO mercato WEB
mercoledì 2 novembre 2022, 06:32Editoriale
di Carlo Pizzigoni

Una maniera di vivere e soffrire insieme. L’Atletico Madrid può rinascere differente? Tocca a Simeone l’ultima risposta

Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
Nel 2011 Diego Pablo Simeone tornava al Vicente Calderón. Era la terza volta, dopo i due passaggi da calciatore. Niente più tuta, capello inumidito all’indietro, un abito nero, che sarebbe presto diventato il look permanente del Cholo, la sua personalissima divisa da battaglia, calcistica, s’intende, quella dove l’ex centrocampista con più di cento presenze nella Seleccion da cui non si è mai sottratto, in un terreno di gioco, il suo modo di intendere questo sport. L'Atlético Madrid era un luogo vuoto, spento. Lo spogliatoio non seguiva alcuna logica sportiva, i tifosi erano sfiduciati e malinconici, soprattutto il club sembrava quello che l'Atleti non potrà mai sembrare: una squadra di calcio qualsiasi. 

Nemmeno il trionfo in Europa League del 2010, con il 4-2-4 di Quique Sánchez, era riuscito a mitigare la crisi d'identità dei colchoneros. In qualche modo, tutti avevano dimenticato chi fosse il Club Atlético Madrid. Risuonava attorno al Manzanarre la domanda resa immortale da un spot di una vecchia campagna tesseramenti televisiva: Por que somos del Atleti? “Perché siamo dell’Atleti?” chiedeva il bambino al padre, che cercava dentro sé la risposta e srotolava i sentimenti.

Vivere nella stessa città del Real, cioè non solo del club più vincente del mondo, ma di quello che ha la maggiore allure del pianeta, l’unico che ancora oggi si può permettere di guardare dall’alto in basso quelli di Premier League, la vera Superlega.
Cos’è, cos’è sempre stato il lunedì del tifoso colchonero? Come puoi ribattere al bar o sul lavoro a chi ha la bacheca ripiena da quattordici coppe dei campioni?
Il più grande cantautore di Spagna, Joaquin Sabina, che ha scritto l’inno dell’Atletico, lo sa e lo canta: que manera de sufrir, che maniera di soffrire, di crescere, di imparare, di resistere, di sognare, e chiude con che maniera di vincere e di morire.
Uno stile di vita, uno stile di vita contro. Non a caso uno dei simboli del club è un capo indiano, come a riconoscere di essere sì circondati, ma di mantenere grande fierezza e dignità nella battaglia.

Simeone viene da Buenos Aires, ma quel sentimento lo sente dentro dal primo giorno in cui è arrivato da calciatore ed è diventato presto idolo di uno stadio. E sa quanto sono importanti, specie per quel mondo, i simboli e non ha esitato a trasmettere il suo messaggio in ogni conferenza stampa e intervista rilasciata. Per lui, era essenziale che arrivasse non solo ai suoi giocatori, con cui parla ogni giorno coi metodi che sa, introducendoli in una specie di processo di adattamento spartano al modo di intendere il suo calcio, che è quello dell’Atleti. No, io parlo dei continui messaggi che invia al popolo colchoneros, con frasi così: "Per cambiare la maglia dell'Atlético Madrid a fine partita, il rivale dovrà darmene due. Quello dell'Atleti vale di più", ha detto un giorno. Il Cholo ha voluto ricordare l'orgoglio sportivo, di indossare la maglia biancorossa, sia come tifoso che come calciatore. Messaggi che sono sempre stato strettamente legati alle richieste calcistiche. Ha detto una volta, il Cholo: “L'Atlético è impegno, trasporto, competitività".


Simeone non ha solo ridato dignità al Mondo Atletico, ha mostrato a un popolo che con l’unità di ogni componente si può arrivare a sognare, a vincere. Così si spiegano i campionati vinti, le partite in cui si sono messo sotto Messi e Ronaldo, il Barça e il Real Madrid. Con lo stadio, tutto lo stadio, finalmente vive che celebrava urlando il nome del Messia, che nei santini biancorossi ha un apellido diverso: Diego Pablo Simeone.

Una volta, in tribuna nel vecchio Calderon un amico mi invitò e nel presentarmi quella che per lui era la seconda (o prima?) casa mi indicò alla fine la panchina: “Lì si siede uno che prima di tutto conosce le nostre angosce, le nostre sofferenze, perché lui è uno di noi”. Se qualcuno appulcra verbo, segnala che sì, insomma, lo stile di gioco, l’assetto continuamente difensivo… si sente ribattere che l’Atletico è un’altra cosa. È una maniera di resistere, di vivere. “Noi siamo quello".

Quello, si intenda una squadra di lotta. Dal 2016/17 e poi con il ritorno nello staff del Cholo di Nelson Vivas, nella stagione successiva la squadra ha mostrato continui tentativi di creatività soprattutto offensiva. Non sempre è riuscita, anche nelle stagioni vincenti, a trovare una chiara identità di gioco, ma mai ha perso quella dello spirito. Incarnato, ad esempio, da giocatori inventati ad alto livello proprio dal Cholo: penso ad Antoine Griezmann, diventato grande dopo la conversione cholista che non gli ha levato tecniche e letture di gioco ma ha allattato il suo spirito di charrua d’adozione, diventato adulto nei Paesi Baschi. Il francese ha celebrato il tackle insieme al no-look, e i biancorossi hanno iniziato, “partita dopo partita”, per usare le parole del Cholo, a crederci per davvero coi Koke, i Gabi, i Godin, gli Oblak, gli Josema, i Juanfran. Simeone ha unito tutto, un popolo e una squadra: “noi vinceremo perché insistiamo, ecco la parola giusta: insistere”. E credere. “ Si se cree y se trabaja, se puede”, altro comandamento cholista.
Arrivato nel 2011, il Cholo non è mai sceso sotto il terzo posto quando il club negli anni precedenti, dopo il ritorno nella massima serie nel 2002, mai, dico MAI, è entrato nei primi tre posti.

L'Atlético è diventato qualcosa di enorme. L’Atletico è una big, ed è consapevole di essere una grande. Ma come si concilia questo status, e dei giocatori, veri fuoriclasse, che oggi ci arrivano con lo spirito della storia rivendicata e ritrovata dal Cholo? Come si può vivere da antagonista con lo smoking? E come si può indossare lo smoking dopo che si è sporcato di fango come in questa stagione dove l’Atletico è fuori dall’Europa, desolatamente ultimo nel girone di Champions League.
Dove va l’Atleti? Come rispondere oggi insomma alla domanda: perché sono dell’Atleti?
Oggi ancora in molti, attorno alla fontana di Nettuno, luogo simbolo della Madrid biancorossa, delegano la risposta a quell’argentino che amano tanto.