Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / roma / News
Lazio, Cucchi sullo Sucdetto del 2000: "Che emozione, a Perugia ho pianto..."TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
giovedì 16 maggio 2024, 17:15News
di Andrea Castellano
per Lalaziosiamonoi.it

Lazio, Cucchi sullo Sucdetto del 2000: "Che emozione, a Perugia ho pianto..."

“Sono le 18:04 del 14 maggio del 2000, e la Lazio è Campione d’Italia”. Queste sono le parole pronunciate da Riccardo Cucchi, telecronista che ha raccontato il secondo Scudetto della storia della Lazio. In occasione del ventiquattresimo anniversario di quel successo, il giornalista ha parlato ai microfoni di tag24.it ricordando quel momento e le sue emozioni. Di seguito le sue dichiarazioni.

"Le mie parole per lo Scudetto del 2000? Me ne sto rendendo conto oggi. Non immaginavo potesse accadere ciò che sto vivendo ora, e mi fa tanto piacere, soprattutto perché i laziali associano lo scudetto alle mie parole, in un orario peraltro strano come le 18:04 del 14 maggio. Dopo aver pronunciato quelle parole, se si ascoltano con attenzione, ci si può accorgere di una “o” strozzata, quella di campioni, che era il singulto che stava uscendo fuori e che avevo tenuto a bada ma stava apparendo minacciosamente, da inguaribile laziale (ride). Una volta terminato il collegamento, ho avuto una sola reazione: ho pianto in postazione, come un qualsiasi tifoso che gode di un successo così meraviglioso. Ho avuto la stessa reazione anche in Curva Nord il 12 maggio del ’74, quando ho vissuto quell’emozione da tifoso".

"E’ stata una circostanza singolare quella che mi ha portato a urlare quella frase. Se è successo è perché a Perugia ci fu lo slittamento per pioggia. Se fossero terminate in contemporanea, quella frase l’avrebbe pronunciata il mio amico e collega Bruno Gentili. Il giorno in cui fui designato per Perugia, ho immaginato a cosa sarebbe successo in caso miracolo, sarebbe toccato a lui; ma il fato mi è venuto incontro, permettendomi di raccontare tutto quello che è successo dopo. Le sensazioni? E’ bellissimo, mi fa effetto. Io vado allo stadio da abbonato, in mezzo ai tifosi, mentre percorro la strada per raggiungere il mio settore vengo fermato ripetutamente da ragazzi giovani, da papà con figli piccoli che non sanno chi sia, chiedendomi un selfie. Ma la cosa più bella è quando mi fermano con il loro telefono davanti la faccia, e in romanesco mi chiedono “a Cù, ridiccelo”. L’ho ripetuta migliaia di volte quella frase, e mi fa sempre piacere".

"Quando per quarant’anni ti chiedono quale sia la tua squadra del cuore, e puntualmente rispondi che lo sapranno solo alla fine della mia carriera, fa capire il tipo di orientamento che ho avuto. La bussola era orientata sempre sul lato dell’obiettività, senza far trasparire simpatie. Lo striscione dei tifosi interisti contro l’Empoli è stato bellissimo, li ringrazierò per sempre anche perché ho condiviso il racconto del Triplete di Mourinho. Immagino la sorpresa di chi pensava che fossi romanista, interista, juventino e pochissimi laziali, e questo mi da soddisfazione, perché il mio primo obiettivo era di rispettare i sentimenti del tifoso. Mentre raccontavo Perugia-Juventus avevo in mente due cose: tenere a bada il vulcano che stava esplodendo dentro di me, e dall’altra non perdere di vista lo stato d’animo dei tifosi bianconeri".