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Diallo, Konè, Simakan, Reynolds o Caicedo: i giocatori della Generazione Z stanno già stravolgendo il calciomercato. Chi si muoverà prima e meglio dominerà la scena nei prossimi 15 anni
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
Amad Diallo e Facundo Pellistri al Manchester United. Kouadio Koné del Tolosa nel mirino di mezza Europa proprio come Mohamed Simakan dello Strasburgo o Moises Caicedo dell'Independiente del Valle. Bryan Reynolds che finisce al centro di un triangolo di mercato e spera di approdare in Europa sognando un futuro alla Alphonso Davies. Il City Football Group che mette in piedi una organizzazione sempre più capillare che gli permette non solo di acquistare i migliori giovani in giro per il mondo, ma anche di poter costruire per loro il percorso formativo più adatto e idoneo. La spiccata propensione ai giovani del Borussia Dortmund, punta di diamante di una Bundesliga che è sempre più modello d'avanguardia in Europa.
Sono esempi, frammenti, puntini da unire se si vuole capire il calciomercato che verrà. Per ora esempi isolati, di avanguardia appunto. Molto presto modelli da seguire. Perché se è vero come è vero che dopo ogni crisi nasce una nuova idea di mondo, anche il calcio in questo momento dovrebbe avere capacità di autoanalisi e capire quale direzione seguire. I primi che ci arriveranno avranno trasformato la crisi in opportunità, chi ci arriverà dopo sarà costretto a soccombere o semplicemente a galleggiare. L'attaccante 'pronto' per i prossimi sei mesi - quello che da almeno tre settimane cercano tutti - è solo uno specchietto per le allodole. Un palliativo, non la cura. E' il modo di pensare che deve essere stravolto, anche se per ora in pochi l'hanno capito.
Sarà la Generazione Z a decidere chi dominerà il calcio nei prossimi 10-15 anni. O meglio, saranno i club che riusciranno oggi ad accaparrarsi i migliori talenti della Generazione Z a dettare le regole nei prossimi 10-15 anni. Il calcio del futuro sarà sempre meno improvvisato, con meno risorse economiche a fondo perduto. Servirà comportarsi come una azienda nel senso più autentico del termine e quindi almeno autoalimentarsi, se possibile generare profitti. E questo non lo fai con la mentalità del 'colpo di testa', con l'idea tramutata in realtà in cinque minuti. Ma con la programmazione, con lo studio, con due componenti che saranno sempre più centrali: competenza e organizzazione. L'unica via per ridurre il margine d'errore.
Ha sfiorato l'argomento Andrea Agnelli in una recente chiacchierata con 'Linkiesta', parlando soprattutto delle Generazione Z in termini di fruizione del prodotto. La Juventus ha capito sulla sua pelle che acquisti come Cristiano Ronaldo ti danno una visibilità che prima non avevi, ma sono operazioni che ti chiudono tante altre porte. Che nel rapporto costi/benefici questa operazione non potrà mai rappresentare il futuro di una società che dalla scorsa estate ha infatti cambiato direzione. E' arrivato Kulusevski, sono arrivati '97 o '98 che hanno drasticamente abbassato l'età media. Arriveranno Rovella e Reynolds, 2000 e 2001. Purtroppo per la Juventus, non è arrivato il 2000 più forte di tutti: Erling Haaland, approdato in quel Borussia Dortmund che è l'esempio più spinto di questo ragionamento. Non replicabile ovunque, soprattutto in Italia dove le eccezioni scarseggiano.
Perché per un Milan che comincia a strutturarsi nella giusta direzione grazie a un eccellente capo scout come Geoffrey Moncada, c'è un'Inter che ancora troppo spesso sperpera risorse in ultratrentenni dall'ingaggio astronomico presentati come i salvatori della patria. Perché per una Juventus che comincia a cambiare direzione c'è un Napoli che, rinviando ragionamenti strutturali che vanno oltre il singolo allenatore e il singolo acquisto, rischia di uscire dal giro delle big senza nemmeno accorgersene, anche se negli ultimi 18 mesi ha speso più di tutti in Italia. Perché dal punto di vista economico Vidal sarà sempre un peso e Tonali una risorsa, anche se per entrambi l'avventura milanese non è iniziata nel migliore dei modi.
Questione di prospettive. Haaland, Bellingham, Reyna, Sancho, Moukoko tutti insieme protagonisti in una sola squadra sono oggi un unicum in Europa, ma non una stranezza se si pensa alla Bundesliga e a realtà come il 'Gladbach o il Lipsia. Questione di organizzazione, che non può limitarsi nell'area sportiva a un ds e a un suo vice che da soli decidono un investimento dopo aver visto un calciatore due volte o, peggio ancora, aver i suoi highlights su youtube o semplicemente seguito il consiglio di un procuratore.
Sempre meno padroni e sempre più team. Sempre più giovani da acquistare e poi costruire studiando per loro il percorso di crescita migliore. E' la direzione già presa da chi riesce a ragionare a lungo termine e che presto diventerà dominante. Di modelli da seguire già oggi ce ne sono, dalla galassia City al mondo Red Bull. Basta solo studiarli, e crederci.
Sono esempi, frammenti, puntini da unire se si vuole capire il calciomercato che verrà. Per ora esempi isolati, di avanguardia appunto. Molto presto modelli da seguire. Perché se è vero come è vero che dopo ogni crisi nasce una nuova idea di mondo, anche il calcio in questo momento dovrebbe avere capacità di autoanalisi e capire quale direzione seguire. I primi che ci arriveranno avranno trasformato la crisi in opportunità, chi ci arriverà dopo sarà costretto a soccombere o semplicemente a galleggiare. L'attaccante 'pronto' per i prossimi sei mesi - quello che da almeno tre settimane cercano tutti - è solo uno specchietto per le allodole. Un palliativo, non la cura. E' il modo di pensare che deve essere stravolto, anche se per ora in pochi l'hanno capito.
Sarà la Generazione Z a decidere chi dominerà il calcio nei prossimi 10-15 anni. O meglio, saranno i club che riusciranno oggi ad accaparrarsi i migliori talenti della Generazione Z a dettare le regole nei prossimi 10-15 anni. Il calcio del futuro sarà sempre meno improvvisato, con meno risorse economiche a fondo perduto. Servirà comportarsi come una azienda nel senso più autentico del termine e quindi almeno autoalimentarsi, se possibile generare profitti. E questo non lo fai con la mentalità del 'colpo di testa', con l'idea tramutata in realtà in cinque minuti. Ma con la programmazione, con lo studio, con due componenti che saranno sempre più centrali: competenza e organizzazione. L'unica via per ridurre il margine d'errore.
Ha sfiorato l'argomento Andrea Agnelli in una recente chiacchierata con 'Linkiesta', parlando soprattutto delle Generazione Z in termini di fruizione del prodotto. La Juventus ha capito sulla sua pelle che acquisti come Cristiano Ronaldo ti danno una visibilità che prima non avevi, ma sono operazioni che ti chiudono tante altre porte. Che nel rapporto costi/benefici questa operazione non potrà mai rappresentare il futuro di una società che dalla scorsa estate ha infatti cambiato direzione. E' arrivato Kulusevski, sono arrivati '97 o '98 che hanno drasticamente abbassato l'età media. Arriveranno Rovella e Reynolds, 2000 e 2001. Purtroppo per la Juventus, non è arrivato il 2000 più forte di tutti: Erling Haaland, approdato in quel Borussia Dortmund che è l'esempio più spinto di questo ragionamento. Non replicabile ovunque, soprattutto in Italia dove le eccezioni scarseggiano.
Perché per un Milan che comincia a strutturarsi nella giusta direzione grazie a un eccellente capo scout come Geoffrey Moncada, c'è un'Inter che ancora troppo spesso sperpera risorse in ultratrentenni dall'ingaggio astronomico presentati come i salvatori della patria. Perché per una Juventus che comincia a cambiare direzione c'è un Napoli che, rinviando ragionamenti strutturali che vanno oltre il singolo allenatore e il singolo acquisto, rischia di uscire dal giro delle big senza nemmeno accorgersene, anche se negli ultimi 18 mesi ha speso più di tutti in Italia. Perché dal punto di vista economico Vidal sarà sempre un peso e Tonali una risorsa, anche se per entrambi l'avventura milanese non è iniziata nel migliore dei modi.
Questione di prospettive. Haaland, Bellingham, Reyna, Sancho, Moukoko tutti insieme protagonisti in una sola squadra sono oggi un unicum in Europa, ma non una stranezza se si pensa alla Bundesliga e a realtà come il 'Gladbach o il Lipsia. Questione di organizzazione, che non può limitarsi nell'area sportiva a un ds e a un suo vice che da soli decidono un investimento dopo aver visto un calciatore due volte o, peggio ancora, aver i suoi highlights su youtube o semplicemente seguito il consiglio di un procuratore.
Sempre meno padroni e sempre più team. Sempre più giovani da acquistare e poi costruire studiando per loro il percorso di crescita migliore. E' la direzione già presa da chi riesce a ragionare a lungo termine e che presto diventerà dominante. Di modelli da seguire già oggi ce ne sono, dalla galassia City al mondo Red Bull. Basta solo studiarli, e crederci.
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