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Ce l'eravamo detto
Schadenfreude è un termine tedesco che sta a indicare il piacere derivante dalle sfortune altrui. Te l’avevo detto, una delle frasi più antipatiche da sentirsi dire. Ecco, mentre all’Olimpico va in scena una vera e propria pagliacciata, quella di Lazio-Torino che non si giocherà, non proviamo alcun tipo di piacere per il pasticcio consumato in Serie A. E neanche ci sentiamo di dire te l’avevo detto. Perché ce l’eravamo detto, tutti insieme, dopo la sentenza di Juve-Napoli. Quella che era stata temuta come una potenziale bomba a orologeria per il resto del campionato. All’indomani della quale era diventato evidente il punto di rottura delle regole che il calcio italiano si era dato per fronteggiare la pandemia, quasi tutti gli osservatori erano stati concordi sulla necessità di intervenire.
Eppure, nessuno ha fatto niente. La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport aveva messo a nudo il protocollo FIGC e il regolamento della Lega Serie A. Validi e utili finché non interviene l’autorità sanitaria, che può non applicare le regole del primo e del secondo sostanzialmente si può disinteressare. L’ASL non può rinviare la partita, ma proprio la vicenda di Juve-Napoli ha insegnato, anche agli smemorati circa la gerarchia delle fonti, può impedirne lo svolgimento. Di fronte alle esigenze sanitarie, tutto il resto passa in secondo piano. Così, dopo quella sentenza, c’era da porre in sicurezza il campionato. Mettere nero su bianco come comportarsi nell’eventualità che una situazione analoga si ripresentasse, senza affidarsi al buonsenso: ci ha salvati dalla figuraccia in occasione di Torino-Sassuolo. Più gentlemen’s agreement che applicazione delle regole della Serie A (che richiedono dieci calciatori positivi). Non può salvarci sempre, non ci sta salvando questa sera.
Peggio di Juventus-Napoli. Sono vicende simili, ma anche diverse. Perché in questo caso c’era tutto il tempo di intervenire, mentre ce ne sarà pochissimo per riprogrammare Lazio-Torino. Le indicazioni dell’ASL erano molto più chiare e tempestive. Inoltre, bastava poco: era sufficiente rinviare a domani. Questa sceneggiata non è utile a nessuno, ha un esito scontato ma tutto da scrivere, vista la combattività di Lotito sul tema: comunque vada, è facile prevedere che al Collegio di Garanzia si arriverà comunque. Da un lato o dall’altro. Tutto evitabile, se solo ci avessimo potuto pensare prima. Beh, avremmo potuto farlo. La montagna, invece, non ha partorito il topolino. E non l’ha fatto perché in preda alle proprie faide interne (tra fondi e diritti tv), alle proprie valutazioni egoistiche, anche alle reciproche antipatie personali. Basti pensare al fatto che non è certo che la stessa Juve-Napoli si giocherà il 17 marzo. Soprattutto, il topolino non è nato perché l’assunto di partenza era già fallace: patti chiari, amicizia lunga. I patti, cioè le regole che la Serie A si era data, sono naufragati da un pezzo, dal 22 dicembre. Pensavamo che la tempesta fosse passata, ma sapevamo che per affrontarne una nuova ci sarebbero servite nuove regole. Non le abbiamo previste, non ci abbiamo neanche provato. Eppure ce l’eravamo detto. Magari ce ne siamo dimenticati.
Eppure, nessuno ha fatto niente. La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport aveva messo a nudo il protocollo FIGC e il regolamento della Lega Serie A. Validi e utili finché non interviene l’autorità sanitaria, che può non applicare le regole del primo e del secondo sostanzialmente si può disinteressare. L’ASL non può rinviare la partita, ma proprio la vicenda di Juve-Napoli ha insegnato, anche agli smemorati circa la gerarchia delle fonti, può impedirne lo svolgimento. Di fronte alle esigenze sanitarie, tutto il resto passa in secondo piano. Così, dopo quella sentenza, c’era da porre in sicurezza il campionato. Mettere nero su bianco come comportarsi nell’eventualità che una situazione analoga si ripresentasse, senza affidarsi al buonsenso: ci ha salvati dalla figuraccia in occasione di Torino-Sassuolo. Più gentlemen’s agreement che applicazione delle regole della Serie A (che richiedono dieci calciatori positivi). Non può salvarci sempre, non ci sta salvando questa sera.
Peggio di Juventus-Napoli. Sono vicende simili, ma anche diverse. Perché in questo caso c’era tutto il tempo di intervenire, mentre ce ne sarà pochissimo per riprogrammare Lazio-Torino. Le indicazioni dell’ASL erano molto più chiare e tempestive. Inoltre, bastava poco: era sufficiente rinviare a domani. Questa sceneggiata non è utile a nessuno, ha un esito scontato ma tutto da scrivere, vista la combattività di Lotito sul tema: comunque vada, è facile prevedere che al Collegio di Garanzia si arriverà comunque. Da un lato o dall’altro. Tutto evitabile, se solo ci avessimo potuto pensare prima. Beh, avremmo potuto farlo. La montagna, invece, non ha partorito il topolino. E non l’ha fatto perché in preda alle proprie faide interne (tra fondi e diritti tv), alle proprie valutazioni egoistiche, anche alle reciproche antipatie personali. Basti pensare al fatto che non è certo che la stessa Juve-Napoli si giocherà il 17 marzo. Soprattutto, il topolino non è nato perché l’assunto di partenza era già fallace: patti chiari, amicizia lunga. I patti, cioè le regole che la Serie A si era data, sono naufragati da un pezzo, dal 22 dicembre. Pensavamo che la tempesta fosse passata, ma sapevamo che per affrontarne una nuova ci sarebbero servite nuove regole. Non le abbiamo previste, non ci abbiamo neanche provato. Eppure ce l’eravamo detto. Magari ce ne siamo dimenticati.
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