È Piatek o Batistuta?
La possibilità è quella di sembrare blasfemi. Perché Batistuta è stato, per un decennio, il migliore centravanti della Serie A. Veloce, concreto, potente, a tratti incontenibile. Trascinatore, di quelli in grado di svoltarti le partite. Dieci campionati di fila in doppia cifra, record sgretolati, in un campionato che era al massimo di sempre, al top del pianeta. Però Krzysztof Piatek è l'attaccante che più gli assomiglia negli ultimi anni. Per concretezza, certamente, ma anche per potenza. E per intelligenza calcistica, basti pensare a come ha fatto espellere Palomino frapponendosi fra il difensore e il pallone, magari saltandolo in velocità, con un gioco di gambe rapido.
Batistuta al primo anno di Serie A segnò 13 gol, Piatek ci è arrivato in 17 partite, mostrando una straordinaria familiarità con il gol. Ma non è solo quella bravura di trasformare cross e passaggi in gol. È quell'efferatezza sotto porta che a tanti manca, soprattutto quando capita di incontrare avversari abituati a difendere. Gli è successo con Juric, probabilmente avulso sia dal gioco che dalle idee, in un cambio modulo che gli ha tolto le prime certezze in Serie A. Da qualche settimana a questa parte, Piatek è tornato a essere lui, a stoppare palloni difficili e recapitarli in porta alla prima occasione. E anche alla seconda, quando la Lega gli toglie quello che sarebbe legittimamente suo.
Chiaro che non sarà mai un simbolo, a Genova, come lo è stato Batistuta a Firenze. Non sarà nemmeno Milito, perché la squadra non è la stessa - manca un Thiago Motta - e non sfiorerà la Champions League. E dall'anno prossimo, per parecchi fantastilioni (più di Pellegri, probabilmente) sarà ceduto al miglior offerente. Ma, almeno finora, è la più bella sorpresa del campionato.