Giampaolo, conflitto interiore risolto prima dell'esame più difficile
Ci penserà sicuramente Marco Giampaolo. Entrando a Marassi ed osservando quel pullman bianco e nero che avrebbe potuto vederlo sedere in prima fila, nel posto d’onore riservato all’allenatore della squadra più blasonata d’Italia. Corsi e ricorsi, ma ancor più corsi e ricordi che riaffiorano alla mente con quel pizzico di nostalgia riservato a quanto sarebbe potuto essere ed invece non è stato. Non per colpe proprie, beninteso, ma per evidenti responsabilità di qualcun altro. Coloro i quali, una notte di mezza estate del 2009, lo mandarono a letto da allenatore della Vecchia Signora e gli regalarono il benservito al risveglio sotto forma di Ciro Ferrara.
Nessuna ruggine tra i due, ma l’evidente rimpianto di una storia che lo ha sempre accostato a prospettive di grande livello per poi vederle cadere e sfumare, in attesa della volta successiva. In mezzo il contatto con il baratro, sfiorato con la sparizione dei tempi di Brescia o con la delusione di Cremona, utilizzato come propellente per ripartire. La boccata d’ossigeno di Empoli il passaggio chiave, come per Spalletti o Sarri, e poi in apnea fino alla Genova blucerchiata che sta ricostruendo come il blasone della piazza merita, arricchendo il suo regno di plusvalenze e valorizzazioni che la dicono lunga sulla bontà di un lavoro che ha finalmente trovato il suo apice. E adesso la Juve, il faccia a faccia di domenica, con qualche rimpianto, certo, ma con la consapevolezza che la prossima chiamata, qualora dovesse arrivare, sarebbe certamente più duratura di una notte di mezza estate.