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Marchisio: "Con la Juve chiusa nei tempi sbagliati. Conte il mio miglior allenatore"

Marchisio: "Con la Juve chiusa nei tempi sbagliati. Conte il mio miglior allenatore"TUTTO mercato WEB
giovedì 25 gennaio 2024, 17:00Serie A
di Lorenzo Di Benedetto

Claudio Marchisio, ex centrocampista della Juventus, ha parlato a Radio Serie A di vari argomenti, partendo dal tema razzismo: "Non si è tornati a parlare di razzismo, perché c'è sempre stato. Ci sono partite in cui riflettori si accendono di più su alcuni calciatori; questo è un problema culturale che si verifica anche in Francia, Spagna, Inghilterra. Non devono accadere queste cose, soprattutto a livello giovanile dove avvengono le stesse cose. Il ruolo educativo dei genitori è fondamentale nell'influenzare positivamente i giovani. Dobbiamo essere noi i primi a ragionare in modo diverso e a trasmettere valori importanti alle generazioni future. Le dichiarazioni dell'allenatore dell'Udinese posso immaginarle nel contesto in cui ha vissuto emozioni forti nei 90'. Non bisogna aspettare l'episodio per cercare di parlarne, bisogna parlarne sempre. Cercano di incutere paura nell'avversario con questo tipo di frasi che non stanno né in cielo né in terra. Non se ne parla mai abbastanza, pensiamo di mettere a posto le cose perché ci rendiamo conto che ci sono solo quando si verificano; invece bisognerebbe lavorare a monte ed estirparla. Mi è capitato di assistere a scene di razzismo sia dagli spalti che dal terreno di gioco, ricordo le frasi "sei una scimmia" è un problema culturale non soltanto nel nostro paese",

La sua storia: "Ho valori innati che mi sono stati trasmessi dalla mia famiglia; mi caratterizza anche il fatto che sono una persona curiosa e cerco di essere preparato su tutto: ho fame e voglia di sapere, di conoscere e di ascoltare quello che gli altri dicono per poi farmi la mia idea. Io sognavo di diventare pilota di Formula 1; seguivo tutti i piloti ed è stata la mia passione da sempre. Subito dopo sono arrivati calcio, sci, nuoto, ho sempre fatto molti sport finché gli impegni calcistici mi hanno permesso di seguire anche altre attività. Mio papà mi regalava le videocassette per riguardare i gesti atletici e poter imparare. I giovani di oggi hanno a disposizione tutto con la tecnologia; per noi era più facile sognare. La Juventus è arrivata molto presto, a 7 anni grazie a mio papà che mi fece partire dal settore giovanile del Cambiago. Non era contento degli allenamenti che mi facevano fare allora mi portò alla SIS sport di Torino; nel '93 dopo due allenamenti mi portarono alla Juventus. C'era anche un osservatore del Torino che all'epoca aveva il settore giovanile più importante d'Italia e mio papà mi diede la possibilità di scelta nonostante mia mamma da sfegatata juventina mi spingeva verso la Juve. Ero in un contesto in cui si parlava tanto del Grande Torino e si sentiva il fascino del momento che si stava vivendo e i derby anche a livello giovanile erano sentitissimi.

A 18-19 anni diventai il "principino" perché al campo ci andavo vestito elegante e Balzaretti mi diede questo soprannome, non me lo sono più tolto. È stata una vita intensa alla Juventus, tanti successi e tante sconfitte. La società è stata fondamentale nel farmi capire come si lavora tutti insieme verso un unico obiettivo, è una cosa che i dirigenti e gli allenatori già dal settore giovanile ti inculcano. Il mio idolo era Del Piero e io entro alla Juventus l'anno in cui lui arrivò dal Padova. In quel periodo giocavo nel suo stesso ruolo per poi spostarmi dietro. È stata una fortuna poter giocare con lui, averlo come compagno. Il mio primo gol è arrivato su un suo assist e mi ricordo benissimo quella giornata. Stavo facendo riscaldamento con le scarpe con i tacchetti a 13 di gomma e sentii Mister Ranieri negli spogliatoi che si raccomandava di metterci i tacchetti in ferro per non scivolare; io di fretta e furia provai a cambiarmi le scarpe ma feci in tempo cambiarne solo uno su due quindi avevo una scarpa con i 6 tacchetti in ferro e una con i 13 tacchetti in gomma. Sotto il tunnel sentii il ticchettio dei tacchetti sul cemento e mi resi conto che mi ero cambiato solo una scarpa su due, quindi di corsa tornai nello spogliatoio per cambiarmi anche l'altra."

"È vero, è capitato qualche volta di dormire nel parcheggio del centro sportivo, ma succedeva solo quando le sere prima c'erano le feste universitarie e quindi non avrei fatto a tempo ad andare a casa e a tornare in tempo per l'allenamento; a una di quelle conobbi mia moglie. Del Piero quando mi vide nel parcheggio si complimentò per il fatto che fossi già lì e non gli dissi mia la verità. La prima volta che lo vidi era sul pullman mentre stava andando alla partita. Il mio inizio è stato un po' tra salite e discese con gare fatte tra la prima squadra e la Primavera. Quando arriva l'opportunità bisogna essere pronti a coglierla e quando mi mandarono in prestito all'Empoli dopo un primo momento di sconforto capii che dovevo ripartire con una carica pazzesca. Con l'arrivo di Antonio Conte è iniziato a crearsi davvero quello che è il gruppo."

Su Davide Astori: "Eravamo in campo e stavamo finendo alcune esercitazioni dopo l'allenamento, Allegri era già uscito dal campo ma ci ritornò subito per darci questa terribile notizia. All'inizio non riuscivo a crederci e da sportivo non mi capacitavo di questa cosa, fino a capire che per quanto siamo sportivi, siamo in realtà comunque fragili. Abbiamo fatto un percorso insieme tra le nazionali, in campo insieme da compagni o da avversari. Ha lasciato un vuoto incredibile, lui era Davide prima che Davide Astori, l'uomo prima del calciatore e tutti quelli che l'hanno conosciuto la pensano così. Sono una persona molto sensibile e piango abbastanza spesso, mi fermo e penso al futuro ma rivolgo sempre uno sguardo al passato. La mia paura più grande è di perdere qualcuno a me caro, credo nel destino, nelle persone, nel DNA e in quello che lasciamo ai nostri figli e alle persone che abbiamo vicino".

Su Calciopoli: "Calciopoli mi ha dato la possibilità di intraprendere una strada diversa e più veloce per arrivare in nazionale e poter giocare un mondiale a 23 anni, però poi serve dimostrare sul campo quello che si fa e le capacità che si hanno. Didier Deschamps da allenatore è stato un grande, riconosciuto nel mondo Juventus anche se in quel momento la Juve in cui era non era quella che lui conosceva. Quell'anno io presi un cartellino rosso e lui mi fece un discorso molto forte davanti a tutto il gruppo, io mi scusai sentendomi molto in colpa, ma capii che stava scherzando e mi lascia andare ad una risata."

La Serie B: "L'affetto della gente non è mai mancato, ci hanno fatto vivere un anno pazzesco e lo ricordo per l'euforia e l'affetto con cui i tifosi ci seguivano. È stato un campionato di alto livello con Napoli, Cesena, Genoa, è stato anche per noi un anno importante e sereno."

Il ritorno alla Juve: "Il terremoto non è stato l'arrivo di Conte, ma il suo lavoro. Partiamo per Bardonecchia, e al ritrovo a Vinovo il Mister ci fece capire quanto fosse importante ricordarsi di come si vince. Ogni giorno si metteva un mattoncino nello zaino che non ti dava un peso in più, ma uno strumento in più per costruire la propria corazza. Lui ha una caparbietà pazzesca; sicuramente l'esperienza in Inghilterra l'ha cambiato, ha una capacità di dimostrare che crede in tutto quello che fa. Lo ritengo il miglior allenatore che ho avuto perché mi ha fatto crescere davvero. Anche Allegri mi ha insegnato tanto. Vedeva in me la capacità di potermi muovermi in autonomia senza avere sue indicazioni; secondo lui ero in grado in totale assenza di suo controllo di gestirmi e di impostare il gioco".

Le mancate Champions: "Ci siamo andati vicino per due volte, è un rammarico enorme però possiamo dire che abbiamo trovato un Real Madrid e un Barcellona fenomenali; non è un pretesto, ma è stato un dato di fatto. Quando arrivi a quel livello e giochi queste finali, le ferite rimangono, semplicemente impari ad accettarle e a conviverci, ma non ti toglierai mai il pensiero".

La fine con la Juventus: "Si è chiusa con i tempi sbagliati, ma ora mai è il passato. Voglio riconoscere alla Juventus che mi ha dato modo di poter scrivere insieme una parte importante di storia del calcio; io so di aver dato tutto."

Lo Zenit: "È stata una delle prime squadre ad interessarsi a me. Penso sempre che quella Russia a oggi non c'è più. Io lì ho scoperto un paese che mi è piaciuto molto, un po' come noi piemontesi, chiusi all'inizio ma con la capacità di aprirsi poi."

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