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Milan, Maldini: "Sono preoccupato: la UEFA vuole un club più forte"

Milan, Maldini: "Sono preoccupato: la UEFA vuole un club più forte"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
lunedì 25 giugno 2018, 12:092018
di Lorenzo Di Benedetto

L'ex capitano del Milan, Paolo Maldini, ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport, alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno:

Sui ricordi più belli: “Un momento sportivo e uno extrasportivo per ogni decade. 1-10: l’inizio della scuola (mi ha dato tanto anche se non mi sono diplomato) e i primi contatti con la palla. 11-20: l’incontro con Adriana e l’esordio in A. 21-30: la nascita di Cristian e il Mondiale 90 insieme alla prima Coppa Campioni. 31-40: la nascita di Daniel e la finale di Manchester. 41-50: la perdita dei genitori e il giorno che ho smesso. Il 1996 e il 2001 per la nascita dei figli. E la stagione 2002-03: la migliore come forza, testa, tecnica”.

Sui primi mesi con Berlusconi e Sacchi: “Di Berlusconi ho pensato: ‘Speriamo abbia ragione’. E di Sacchi, beh, ho pensato spesso che fosse pazzo e un pochino lo penso anche adesso. Ma senza di lui non ci sarebbe stata l’epopea del Milan. Significa che un pizzico di follia ci vuole”.

Sulla maglia del Milan come seconda pelle: “Per me è così: io ho avuto solo due maglie, quella rossonera e quella azzurra. E la scelta, quella vera, non la fai da bambino ma poco alla volta comprendendo ad esempio che quella squadra ha i tuoi stessi obiettivi. Non ho mai preso in considerazione l’idea di lasciare il Milan e mai la società ha pensato di vendermi”.

Sulla sua carriera: “Il Maldini migliore? A livello fisico quello del ‘91-92 e del ‘93-94. Ma scelgo il Maldini del 2002-03. Io sono stato un esteta perché me l’ha insegnato papà. Ho sempre provato a fare la partita perfetta, ma è impossibile. Ti ci puoi avvicinare, ma solo se giochi in posizione centrale come nel 2002-03 e non sulla fascia. Quell’anno disputai 19 partite di Champions, tutte. E molte le giocai bene”.

Sull’essere una bandiera: “Significa avere responsabilità in più e arriva un momento in cui sei pronto a prenderle. Anche se non sei tu a decidere di diventare una bandiera. Da ragazzo io cercavo di guardare il più possibile e di parlare il meno possibile. A un certo punto, però, capii che era giunto il momento di prendere delle responsabilità. E allora cambia anche la percezione degli altri nei tuoi confronti”.

Sul Milan migliore: “Il primo di Sacchi, il ‘92-93 di Capello e il 2002-03 di Ancelotti. C’era tantissima qualità, anche in panchina”.

Sulla gioia più grande: “L’esordio in Serie A. Sul pullman verso lo stadio mi chiedevo ‘ma io qui ci posso stare?’. Non avrei mai pensato di entrare. Poi accadde. Il campo era brutto, il primo pallone che toccai fu un retropassaggio a Terraneo. Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se quella palla fosse rimbalzata male...”.

Sulla rivoluzione di Sacchi: “Prima le preparazioni erano perfino più dure, ma imperniate su idee degli anni Sessanta. Pensi che durante l’allenamento non si poteva bere: dicevano che l’acqua faceva male... Di sicuro noi andavamo più veloce di quanto si va adesso. Anche troppo: verticalizzavamo sempre e facevamo poco possesso. Adesso si esagera col possesso e così si fatica di meno. Un mix tra gestione e verticalizzazione sarebbe perfetto. Con Sacchi vincemmo appena un campionato perché non gestivamo le gare”.

Sul tecnico che gli ha insegnato di più: “La mia fortuna è stata avere tanti bravi maestri. Capello in Primavera, Liedholm, poi Sacchi che ha stravolto tutto. Mi sono goduto anche Zaccheroni e la difesa a tre: io ero contrario ma lui fu bravo a spiegare cosa voleva”.

Sui compagni di squadra: “Il più forte? Difficile... Scelgo Baresi per l’agonismo, la volontà, la tecnica. Il più divertente? In campo Weah, fuori De Napoli, Carbone, Rino e molti altri”.

Sul momento del Milan: “Sono preoccupato. Non credo che l’Uefa ce l’abbia col Milan, anzi credo che vorrebbe un Milan forte. Poi vedremo gli sviluppi”.

La top-11 dei suoi avversari: “Troppo difficile. Però faccio il podio: Maradona, Ronaldo e poi a pari merito Zidane, Platini e Romario”.

Sui suoi amici: “Tra gli ex giocatori Ba, Carbone, Sheva, Tassotti, Baresi, Massaro, Ferrara. Poi ci sono gli amici extra-calcio che frequento da quando ho smesso. Prima non mi concedevo nemmeno un caffè con loro”.

Sulle proposte ricevute: “Ho la fortuna di non aver bisogno di lavorare e quindi di poter selezionare. A Barbara Berlusconi, però, avevo detto sì: non è saltata per mia volontà. Ho detto di no alla proprietà attuale. Con la Nazionale avrei fatto il team manager al Mondiale 2014, ma poi non mi chiamarono più. Dissi no al Chelsea perché avevo appena smesso e non era chiaro il mio ruolo».

Su chi ha fatto parte della sua carriera: “Un aggettivo per ognuno? Liedholm rassicurante. Berlusconi visionario. Galliani milanista. Sacchi ossessivo e visionario anche lui. Capello pratico. Ancelotti sereno. Vicini gentiluomo. Baresi coraggioso. Costacurta sottovalutato. Il decimo è mio padre: onesto”.