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AIC, la condanna per i fatti di Avellino: "I giocatori non si devono abituare a minacce e offese"
Un brutto episodio di violenza quello accaduto lo scorso 4 maggio, quando il centrocampista dell'Avellino Claudiu Micovschi, dopo l'eliminazione degli irpini dai playoff di Serie C, è stato bloccato per strada, minacciato e denudato da tre ultras che lo ritenevano “indegno” di vestire i colori della squadra: i tre sono stati arrestati, con l'accusa di rapina aggravata, violenza e minaccia. E, dopo la condanna della Lega Pro per i fatti, ecco anche il comunicato dell'AIC:
“La sconfitta e la vittoria sono parte integrante della cultura dello sport. Lo sa ogni “sportivo”, tifoso o atleta che sia. Questa è la logica di ogni sport: perdere è normale. Fa parte del gioco” - ha detto il Presidente AIC Umberto Calcagno.
“Quello che non dobbiamo abituarci a considerare “normale”, invece, è l’aggressione ai danni di un calciatore. Con la "colpa" di aver perso, svolgendo il proprio lavoro. Tollerare questi comportamenti significa perdere di vista i valori dello sport”.
“Ogni tifoso” - ha proseguito Calcagno - “ha il diritto di gioire delle vittorie della propria squadra, come di esprimere il disappunto per le sconfitte. Qualunque amarezza, però, non può valicare il confine del rispetto della persona. Essere un calciatore non può significare doversi abituare a minacce, offese e tantomeno aggressioni”.
“I fatti di Avellino” - ha concluso il Presidente AIC - “come i tanti accadimenti di questi anni, vanno condannati e contrastati: 114 episodi, analizzati dal Report “Calciatori sotto tiro AIC” nelle ultime 2 stagioni, sono davvero troppi. Violenze e minacce verbali (il 26% avviene nella nuova "piazza": i social) e fisiche che colpiscono il singolo atleta (75%), soprattutto nei campionati professionistici (79%). Un fenomeno culturale preoccupante, legato spesso a episodi razzismo (42%) che dobbiamo contrastare tutti insieme”.
“La sconfitta e la vittoria sono parte integrante della cultura dello sport. Lo sa ogni “sportivo”, tifoso o atleta che sia. Questa è la logica di ogni sport: perdere è normale. Fa parte del gioco” - ha detto il Presidente AIC Umberto Calcagno.
“Quello che non dobbiamo abituarci a considerare “normale”, invece, è l’aggressione ai danni di un calciatore. Con la "colpa" di aver perso, svolgendo il proprio lavoro. Tollerare questi comportamenti significa perdere di vista i valori dello sport”.
“Ogni tifoso” - ha proseguito Calcagno - “ha il diritto di gioire delle vittorie della propria squadra, come di esprimere il disappunto per le sconfitte. Qualunque amarezza, però, non può valicare il confine del rispetto della persona. Essere un calciatore non può significare doversi abituare a minacce, offese e tantomeno aggressioni”.
“I fatti di Avellino” - ha concluso il Presidente AIC - “come i tanti accadimenti di questi anni, vanno condannati e contrastati: 114 episodi, analizzati dal Report “Calciatori sotto tiro AIC” nelle ultime 2 stagioni, sono davvero troppi. Violenze e minacce verbali (il 26% avviene nella nuova "piazza": i social) e fisiche che colpiscono il singolo atleta (75%), soprattutto nei campionati professionistici (79%). Un fenomeno culturale preoccupante, legato spesso a episodi razzismo (42%) che dobbiamo contrastare tutti insieme”.
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