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Toro caparbio, e un po' fortunato. Roma imballata, che lascia giocareTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 7 gennaio 2020, 09:38Primo Piano
di Claudio Colla
per Torinogranata.it

Toro caparbio, e un po' fortunato. Roma imballata, che lascia giocare

Riavvolgendo il nastro della gara di domenica sera, tintosi di granata grazie alla doppietta di Belotti e una bella prova collettiva, è facile notare come a un Toro ricco di voglia e della sana testardaggine atta a far risultato su un terreno importante come quello dell'Olimpico, abbia fatto da contraltare una Roma molle, tornata appesantita dalla pausa, con maglie larghe, troppo larghe, lì dietro. Capita spesso alle big (o semi-big) di incappare in brutti scherzi da parte di avversarie meno quotate, alla prima gara dell'anno solare. 

Non che i giallorossi non abbiano attaccato a ripetizione, sia chiaro. È pari a un imponente 25 l'ammontare delle conclusioni tentate dagli uomini di Fonseca; più della metà, il 56%, non ha però centrato lo specchio. Quattordici tiri fuori per la Roma, quattro dei quali solo da Edin Dzeko, bomber dalle polveri parzialmente bagnate - lo si sottolineava dalle nostre colonne la settimana scorsa (https://www.torinogranata.it/avversarie/dzeko-il-toro-ti-porta-bene-a-sprazzi-media-gol-bassa-contro-i-granata-99442) - ormai da novembre. Visionando le rispettive azioni da gol, emerge però quanto, se la retroguardia capitolina ha lasciato molto spazio a un Toro sì caparbio, ma certamente lontano dall'attuale velocità di manovra di una Lazio o, men che meno, di un'Atalanta, i difensori granata si siano in più di un'occasione immolati fisicamente di fronte ai tentativi degli avanti avversari. A partire da quell'N'Koulou, ironia della sorte, dato a un certo punto dell'estate scorsa come prossimo a un approdo in maglia Roma.

Principale errore commesso dai padroni di casa, senza dubbio, lasciar giocare il Gallo in profondità. Due soddisfazioni personali, incluso un rigore pressoché perfetto, per il capitano granata, che in altre due occasioni ci è andato molto, molto vicino. Rincón e Lukic, incontristi dai piedi piuttosto educati, ma non certamente palleggiatori "da urlo", sono stati lasciati liberi, almeno a tratti, di impostare come e quanto volessero. Il duo serbo-venezuelano, magari non sempre coppia da highlight che facciano sobbalzare, ma tatticamente avveduta, ha saputo sfruttare quello che, da parte di un'avversaria, è una fallacia delle più madornali: consentire i rifornimenti verticali a un grande centravanti, uno che sappia saltare l'uomo, tener palla col lavoro di corpo, far salire la squadra, creare la superiorià numerica. Caratteristiche che Capitan Belotti, senza dubbio, possiede appieno.

Tanto il divario, a favore Roma, in termini di possesso della sfera, sostanziale parità in fatto di palloni recuperati; il Toro, grazie al solito, strepitoso Sirigu, e a un Belotti implacabile e pronto a una maglia da titolare per Euro 2020, ha fondato il proprio successo sulla caparbietà, sulla qualità dei confronti individuali e di reparto vinti sui rivali, e su quel che si definisce momentum, termine mutuato dalla Fisica del Moto: l'impeto, lo slancio, semanticamente arricchito dal concetto di tempismo, di capacità di "assestare la zampata". Un successo importante, che fa classifica e morale, e che, per quanto non debba mascherare le lacune che la squadra continua ad avere, inclusa una certa carenza di scelte in mezzo al campo, fa certamente bene al cuore.