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Sarri e l’insostenibile pesantezza dell’essere allenatore della Juventus: le frasi che Andrea Agnelli non ha gradito, le incertezze di Paratici, la Champions salva tutti. La Juve è prima, ma alla Juve non basta

Sarri e l’insostenibile pesantezza dell’essere allenatore della Juventus: le frasi che Andrea Agnelli non ha gradito, le incertezze di Paratici, la Champions salva tutti. La Juve è prima, ma alla Juve non bastaTUTTO mercato WEB
mercoledì 12 febbraio 2020, 07:45Editoriale
di Tancredi Palmeri

Dice: la Juventus è prima, è in semifinale di Coppa Italia con vista sulla finale, è negli Ottavi di Champions con vista sui Quarti. Smettetela di criticarla, smettetela di discutere, cosa volete di più.
Giusto.
Piccolissimo particolare da lasciare qui senza cattiveria: a dire il vero è da dentro la Juve stessa che si rumoreggia, che si è insoddisfatti, che c’è qualcosa che stride e non va. Al punto da richiedere una cena taumaturgica del lunedì tra Agnelli e Sarri ,per rassicurare il tecnico. E con tutti i posti possibili nella possibilità patrimoniale del presidente della Juventus o del club stesso, con tutte le colline torinesi piene di castelli nascosti nella bruma piemontese in cui parlare con tutta calma, si decide proprio di farla nel ristorante centrale dove ci si riuniva con Allegri, con tavolo in bella posta accanto alla finestra che manca solo ordinare anche un mazzo di rose per San Valentino per infiocchettare una quadro perfettamente romantico.
Fin troppo ovvio che si sia voluto mandare il messaggio di pace urbi et orbi ai fedeli bianconeri e agli infedeli di altro colore, ma tutto nasce per quell’ennesima frase pronunciata da Maurizio Sarri, che a mezza bocca ha rilasciato la propria insoddisfazione, e che ancora meno è piaciuta in società. Quello “Spero che qualcuno mi aiuti perché è un qualcosa che dobbiamo risolvere assolutamente” detto dopo la sconfitta con il Verona, che a proposito della superficialità dimostrata in campo, si riferiva all’eventuale mano dei senatori. Una frase però fin troppo fatalista, che denuncia fin troppa incertezza sullo stato dell’arte e fin troppa vaghezza sulla comprensione delle dinamiche, per essere accettata dall’ambiente bianconero. Che si associa ad altre dimostrazioni di fatalismo che hanno lasciato interdetti, non ultima la frase in fondo comprensibile sul male minore del perdere contro il proprio ex mondo del Napoli, ma che ha raggelato il sangue anche dello staff della comunicazione juventina che normalmente accompagna il mister.

E’ ovvio che una sconfitta contro il Verona per quanto preoccupante non può comunque essere sufficiente a spiegare il disagio. E infatti non lo è, perché basterebbe guardare le partite e non coprirsi gli occhi con i prosciutti prelibati di Cristiano Ronaldo per vedere che la Juventus arriva a questo punto da tutta una stagione. Su 32 partite ufficiali disputate finora, solo 13 sono state giocate dalla Juventus in un range dal discreto all’ottimo (ottime solo tre o quattro, ma vabbè), insomma imponendo un minimo la propria presenza, salvata il più delle volte dall’ineluttabilità dei propri campioni a prescindere dall’allenatore che li dirige.
Il giochino del “Eh ma è prima!” è immediato e anche troppo semplice. Ci mancherebbe altro, e anzi vale di più: se Sarri dovesse vincere la Champions, pure con sette orridi zero a zero e sempre grazie ai calci di rigore, il voto sarebbe 10 e lode e la beatificazione immediata. Ma in attesa del processo di santità, se si rumoreggia è perché la squadra sbaglia due partite su tre. E a rumoreggiare è Sarri stesso, nonché il mondo Juve dall’interno, e non i rosiconi sporchi e cattivi che vogliono male.
E’ perché nella striscia storica di 10 partite consecutive a segno di Cristiano Ronaldo, dunque una striscia in cui la Juve è partita da 1-0 di partenza, bene in questa serie è riuscita a perdere 3 partite e pareggiarne 1 su dieci totali. E sarà anche vero che Chiellini è insostituibile, ma non è che nel frattempo la difesa della Juve sia proprio sguarnita, anche perché se lo è quella della Juventus allora cosa dovrebbe dire il resto del mondo - escluso il Real Madrid?

La domanda da ricordare è: perché è stato preso Sarri? Per giocare meglio di come si facesse con Allegri.
Significa che la Juve debba giocare bene come il suo Napoli? Certo che no.
Ma c’è in onestà una persona, da qualunque parte, che possa davvero dire che questa Juventus giochi meglio di quella di Allegri? E non ci riferiamo alle versioni spumeggianti allegriane del 2015 o del 2017, ma anche solo a quella più brutta, quella dell’anno scorso. La Juve di Sarri starà anche tentando di fare cose differenti, come avere un baricentro più alto, una circolazione dal basso, un recupero guardando in avanti e non indietro, ma conta come ti riescono, non come le pensi.
Magari tutto sboccerà d’improvviso e il primo a pagarla cara sarà il Lione, per carità, ma questo è finora lo stato dell’arte.
Si vedeva, bastava guardare le partite. Tanto per citare Woody Allen, mi cito addosso: editoriale del 13 novembre: “Sarri-Allegri: in 3 mesi cosa è cambiato?”; 4 dicembre: “Perché non si può criticare la mediocrità finora espressa da Sarri?”; e addirittura 11 dicembre, il titolo che sembrava profetico del grido d’allarme lanciato da Sarri: “La Juventus può aiutare l’allenatore?”.

Una situazione che ricorda, in proporzione ovviamente, lo sfogo malcelato di Allegri l’anno scorso dopo la disfatta in casa dell’Atletico, con la sua insoddisfazione dovuta all’assenza di un uomo di campo che lo seguisse. Qualcosa che era un attacco indiretto al lavoro di Paratici, uomo mercato infallibile ma che non riusciva a sostituire Marotta nella vicinanza all’allenatore. E infatti due mesi dopo arrivò l’aut-aut di Paratici: o Max, o io.

Se poi questa estate Paratici ha avuto anche incertezze sul mercato, con Dybala e Higuain proposti al miglior offerente che poi invece diventano chiavi della stagione, nonché a gennaio con il corteggiamento disilluso su Haaland e virato inspiegabilmente su Kulusevski, ecco che le incertezze generali aumentano.

Tuttavia, per carità: è solo il 12 febbraio, è solo una sconfitta a Verona, è niente. Potremmo tranquillamente celebrare in soli tre mesi e mezzo il triplete della Juventus.

Ma se Sarri vuole ancora fare la rivoluzione, tenga a mente Karl Marx: “La strada che porta all’inferno è lastricata di buone intenzioni”.

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