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Un’Italia che ride e festeggia, una rinascita da applaudire. E un mercato che diventa di opportunità

Un’Italia che ride e festeggia, una rinascita da applaudire. E un mercato che diventa di opportunitàTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
giovedì 19 novembre 2020, 08:00Editoriale
di Luca Marchetti

L'Italia è alla fase finale di Nation League. E anche se la competizione è nuova, non conta molto (perché non ha trascorsi) è comunque un traguardo da festeggiare. Da festeggiare con entusiasmo, esattamente come ha fatto la Nazionale ieri. Perché è un obiettivo raggiunto, perché si sta formando un gruppo, perché si sta creando una mentalità vincente. Vincere aiuta a vincere. L'Italia non è più una squadretta. L'Italia è una vera squadra, una squadra che ragiona insieme, che vive su un sistema di pensiero e di gioco. Che ama giocare e vincere, che non si sente sconfitta. E quindi vince. Vincerà l'Europeo: Mancini non si è mai nascosto. Il suo coraggio l'ha messo anche nella sua squadra e ora si candida. L'Italia non è la più forte, diciamolo chiaramente. Ma forse non si vede, le individualità brillano in un contesto che funziona. L'Italia ci crede come ci crede il suo allenatore, seriamente, ai suoi giocatori.
E poi ci sono alcuni punti tecnici non da sottovalutare. Con la vittoria contro la Bosnia l'Italia molto probabilmente rientra fra le prime 10 del ranking mondiale, e non succedeva da anni. Andrà a giocarsi le sue carte per il Mondiale in un girone da 5, nel quale se arriva prima si qualifica, se arriva seconda va a fare i playoff. E anche se arriva terza, visto che ai playoff ci vanno le migliori seconde e le migliori della Nation League (quindi è come se avesse messo una bella ipoteca sulla qualificazione ai Mondiali).
La Nation League la giocherà in Italia: Milano e Torino, ad ottobre. Speriamo a pandemia finita: così magari si tornerà allo stadio proprio con le partite degli azzurri.
Ma appena finito di elogiare la Nazionale si torna al campionato. Al Napoli del superitrovato Insigne contro il Milan primo in classifica. E un occhio inevitabile al calciomercato. E in questa sede, come abbiamo fatto anche su Sky nella trasmissione "23", l'approfondimento serale quotidiano, vorrei sottolineare come sia cambiato. E come cambierà.
Il Covid ha colpito tutti i settori economici, calcio compreso. E il calciomercato non può non risentirne.

In Italia sono stati spesi 500 milioni in meno di un anno fa. Dal miliardo e 200 milioni ai 700 milioni. Il valore dei trasferimenti è calato del 38,7%, e naturalmente sono diminuiti anche come numero (37% i titoli definitivi, -17% i prestiti). Ed è cambiato anche il rapporto fra definitivi e prestiti. Su 100 trasferimenti nella scorsa estate 45 erano prestiti. Quest'anno sono passati a 65. Si è prestato di più. Si è ricorso al prestito. Se non posso comprare, affitto. E' stato questo il ragionamento. Si sono comprati i giocatori necessari, quelli di cui non si può fare a meno. Ma anche quelli indispensabili intanto li prendo in prestito: poi magari li prendo. Se fanno particolarmente bene fisso anche il prezzo. Ma non mi "lego" ora. Non posso.
Sarà così anche in futuro. Sarà così in tutto il mondo. In Spagna si sono ridotte le spese sul mercato quasi del 55%, il Real non ha comprato nessuno e non succedeva da 30 anni.
Ed ecco che allora i parametri zero possono certamente far gola. Ma devono stare anche attenti a non rimanere scottati. Oggi andare a zero è un rischio. Non è detto che tu vada a guadagnare di più, forse qualcuno si dovrà accontentare di prendere. Ma la lista è pazzesca: da Messi a Ramos, da Donnarumma ad Aguero. Milik, Maksimovic, Musacchio Canhaloglu, Modric, Depay... giusto per citarne alcuni.
Avremo modo di parlarne: sono le scadenze 2021. Ma attenzione a non rimanere con il cerino in mano.

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