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Di Gennaro sull'addio al Livorno: "Ero in scadenza, mi sarebbe bastato il prolungamento"
"Faccio una premessa: la verità è che non avevo tutta questa fretta di andare via. Qui stavo bene, ho trovato l'amore della mia vita, Greta, ed ero il capitano della squadra. E vi assicuro che portare la fascia è stato un onore. Mi sarebbe piaciuto restare e indossare i gradi di capitano per molti anni. Fin dall'inizio di gennaio sapevo che l'Alessandria era interessata insieme ad altre squadre di Serie C e un paio di B. Ho tirato alle lunghe perché speravo che il Livorno - che aveva la proprietà - facesse un passo verso di me"... ma il passo nessuno lo ha fatto, e così Matteo Di Gennaro ha salutato la formazione amaranto.
Con questa dinamica, come ha raccontato il difensore a Il Tirreno - ed. Livorno: "Erano andati via giocatori con buoni ingaggi di cui la società si era liberata. Una parte di quei soldi avrebbe potuto investirli su di me. Ero in scadenza di contratto. Mi sarebbe bastato avere il prolungamento".
E nel dettaglio - da uno che ha partecipato anche alle riunioni societarie in rappresentanza della squadra - è poi spiegata la situazione legata agli svincoli: "Lunedì 9 novembre pagarono il 60% a me, ad Agazzi, Marsura, Murilo e Braken. Ma per evitare lo svincolato di un giocatore avrebbero dovuto saldare il 100% delle spettanze. Così noi potemmo svincolarci. La società commise un errore clamoroso. Avrebbe potuto pagare il 100% a due o tre così quelli non si sarebbero potuti svincolare. E poi sarebbe stato un segnale per gli altri, invogliati a restare. Io potevo svincolarmi, ma non l'ho fatto. E così l'Alessandria per prendermi ha dovuto dare qualche soldo al Livorno. Almeno non sono andato via a parametro zero. Ma l'amarezza resta".
Scelte, di tutti. Del Livorno che perde chi, anche in ottica delle citate questioni familiari, si era legato alla città. Di Di Gennaro che ha scelto di far fare cassa al club, esattamente come tentò di fare quando a settembre sposò la causa Reggiana prima che il tutto saltasse. Di altri giocatori che si sono legittimamente svincolati, e che non per questo sono meno "bravi e buoni" del capitano.
Perché tra i calciatori non ci sono perdenti. Chiunque tra loro sia uscito da quell'impasse ne è uscito a testa alta.
Con questa dinamica, come ha raccontato il difensore a Il Tirreno - ed. Livorno: "Erano andati via giocatori con buoni ingaggi di cui la società si era liberata. Una parte di quei soldi avrebbe potuto investirli su di me. Ero in scadenza di contratto. Mi sarebbe bastato avere il prolungamento".
E nel dettaglio - da uno che ha partecipato anche alle riunioni societarie in rappresentanza della squadra - è poi spiegata la situazione legata agli svincoli: "Lunedì 9 novembre pagarono il 60% a me, ad Agazzi, Marsura, Murilo e Braken. Ma per evitare lo svincolato di un giocatore avrebbero dovuto saldare il 100% delle spettanze. Così noi potemmo svincolarci. La società commise un errore clamoroso. Avrebbe potuto pagare il 100% a due o tre così quelli non si sarebbero potuti svincolare. E poi sarebbe stato un segnale per gli altri, invogliati a restare. Io potevo svincolarmi, ma non l'ho fatto. E così l'Alessandria per prendermi ha dovuto dare qualche soldo al Livorno. Almeno non sono andato via a parametro zero. Ma l'amarezza resta".
Scelte, di tutti. Del Livorno che perde chi, anche in ottica delle citate questioni familiari, si era legato alla città. Di Di Gennaro che ha scelto di far fare cassa al club, esattamente come tentò di fare quando a settembre sposò la causa Reggiana prima che il tutto saltasse. Di altri giocatori che si sono legittimamente svincolati, e che non per questo sono meno "bravi e buoni" del capitano.
Perché tra i calciatori non ci sono perdenti. Chiunque tra loro sia uscito da quell'impasse ne è uscito a testa alta.
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