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Acerbi: "Il tumore in confronto alla vicenda Juan Jesus fu una passeggiata"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
venerdì 29 marzo 2024, 21:24Non solo Sasol
di Sarah G. Comotto
per Sassuolonews.net

Acerbi: "Il tumore in confronto alla vicenda Juan Jesus fu una passeggiata"

Le dichiarazioni di Francesco Acerbi, difensore dell'Inter ed ex Sassuolo, sul caso con Juan Jesus e le accuse di razzismo

Parla Francesco Acerbi. L'ex difensore del Sassuolo racconta la sua verità sul caso che lo ha visto protagonista con Juan Jesus. Il brasiliano, difensore del Napoli, ha accusato di razzismo il collega dell'Inter ma per mancanze di prove il Giudice Sportivo non ha comminato alcuna squalifica per l'accaduto. Ecco le parole di Ace ai microfoni del Corriere della Sera: "Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti".

Perché parla solo oggi? 
"Perché avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto".

La sentenza non è stata una liberazione? 
"Lo è stata, ma nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita in campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno".

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Il razzismo però è una piaga e il calcio viene accusato di non fare abbastanza per combatterlo. 
"Ma questa non è lotta contro il razzismo, non c’è stato nessun razzismo in campo e io non sono una persona razzista: il mio idolo era George Weah e quando mi fu trovato il tumore ricevetti una telefonata a sorpresa da lui che ancora oggi mi emoziona".

Se non è lotta al razzismo, allora cos’è? 
"Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto".

ll campo non deve essere una zona franca.
"Non dovrebbe esserlo, ma si sente un po’ di tutto, anche se ci sono quaranta telecamere. Se l’arbitro dovesse scrivere con carta e penna tutto quello che sente, dovrebbe correre con lo zaino. Però finisce sempre lì, altrimenti diventa tutto condannabile, anche gli insulti ai serbi, agli italiani, alle madri".

Lei che ha avuto un cancro e una recidiva si è mai sentito discriminato? 
"Certo, per questo ritengo che se uno sbaglia è giusto che paghi, come io ho pagato la multa quando ho mostrato il dito medio ai tifosi della Roma che mi urlavano “devi morire”’. In migliaia lo gridavano a me, che sono guarito due volte da un tumore e che sono testimonial dell’Airc".

È stato più complicato gestire questa vicenda rispetto alla malattia? 
"Non c’è paragone, quella in confronto è stata una passeggiata, non ho avuto paura. Invece l’accanimento atroce che ho visto nei miei confronti in questi giorni mi ha ferito. Ho fatto tanto per togliermi l’etichetta che avevo quando ero più giovane e diventare un esempio di costanza e professionalità e ho rischiato di perdere tutto in un attimo".