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esclusiva

Mamoli (Sky) racconta la bolla NBA: "170 milioni e Disneyworld già pronta"

lunedì 12 ottobre 2020, 14:08Serie A
di Marco Conterio

Alessandro Mamoli ha raccontato per Sky Sport una delle stagioni più incredibili di sempre per lo sport. La NBA che si è conclusa stanotte col quarto anello di LeBron James, coi Los Angeles Lakers sul tetto del Mondo dopo la vittoria contro i Miami Heat in gara sei. Una stagione terminata nella 'bolla' di Orlando, a Disneyworld, dove si sono tenuti i play-off NBA.

Una soluzione adesso sbandierata anche per il calcio italiano. 'Per non fermarsi, serve una bolla stile NBA'. E' davvero possibile?
"Dovevano fare solo tre mesi di stagione ed è quel che è stato: la bolla è proponibile quando dura poco. Il sacrificio che chiedi è fino a un certo punto. E' impensabile che possa essere più lungo come periodo".
Funziona così in ogni sport?
"Nel baseball adesso ci sono bolle per le finali di Conference ma le squadre hanno viaggiato e i giocatori vanno in hotel a dormire. Ora stanno giocando in Texas e vanno in una situazione dove incrociano civili. La differenza è che nella bolla NBA, questa iniziava all'ingresso di Disneyworld".
Una bolla fatta da migliaia di persone.
"Solo 6500 persone di staff che vanno da gestori di ristoranti, hotel, pulizie, più atleti e staff. L'ingresso era di 35 persone per squadra: 15 atleti più allenatori, massaggiatori, fisioterapisti".
Iniziata a luglio.
"Esatto. Hanno cominciato il 31 luglio 22 squadre, il 18 agosto erano diventate 16, hanno giocato 10 giorni, son diventate 8, poi 4 poi 2, poi il Lakers".
E nessun caso tra i giocatori.
"Non ci sono stati casi tra i giocatori, l'altro giorno Adam Silver ha fatto una conferenza stampa dove ha detto 'siamo stati fortunati'. L'NBA si è avalsa delle capacità di alcuni esperti da medici a virologi, hanno fatto accordi con Università per avere consigli e supporto. Non ci sono state positività tra i giocatori, in mezzo a quei 6500 qualcuno spontaneamente è andato a fare test e qualche positivo è stato trovato. Anche in quella situazione, però, non c'è stato mai contatto tra giocatori e staff. Il cibo lo trovavano in un punto e lo ritiravano. I giocatori son stati salvaguardati".
Tecnicamente il sistema di controllo è stato veramente avanzato.
"Il sistema di controllo tecnologico era chiaro: prima di uscire dovevano fare test e controlli. Una volta fatto e andato a buon fine, mandava input al braccialetto e quando arrivavano alla facilities, se si erano dimenticati, la porta non si apriva, dovevano tornare in camera a fare il test. E' un preliminare chiesto dalla NBA".
Come è stato possibile far allenare tutte le squadre?
"L'allenamento aveva una schedule, molte delle bubble-room, enormi sale conferenze degli alberghi, le hanno trasformate in campi da allenamento. La NBA ha portato parquet e canestri, oltre a tutti i macchinari per fare pesi, per il recupero. Hanno investito 170 milioni per dare la possibilità di giocare a basket nella bolla, i contratti tv sono così stati rispettati".
Sembra un modello impossibile da replicare, qui.
"Teoricamente puoi farlo anche col campionato di calcio. Dove li porti, però, in Italia? Disneyworld è un parco divertimenti già costruito per eventi e manifestazioni sportive. Disney, proprietaria anche di ESPN e ABC, ha costruito tre arene al suo interno. Era una struttura già pronta. Le arene erano già cablate per la tv, dovevi solo arrivare coi camion regia. 4-5 campi già c'erano, in una struttura normale ci giocavano già dei tornei NCAA, altre manifestazioni sportive. Disneyworld a Orlando è stata scelta per quello, Las Vegas era l'alternativa: all'interno di alcuni hotel ci sono arene e campi, anche questo aveva portato a pensare alla possibilità".
I diritti tv, poi, qui hanno un peso maggiore
"In Italia dobbiamo trovare un modo per continuare a giocare o le squadre falliscono. Se non giocano non ci sono diritti e le squadre falliscono. In America i diritti sono una parte dell'introito. Le franchigie in questo momento investono sulla tecnologia per utilizzare le proprie arene, la NBA ha fatto partnership con Yale University per cui portano avanti test rapidi salivali oppure uno screening particolare. Come massimo sforzo, le società stanno cercando di portare anche la gente al Palazzo: magari prima il 25%, poi 50%, più che ricominciare con le bolle vogliono riportare i tifosi nei palazzetti".

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