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Petrone dall'Ecuador: "Tutto fermo a 5' dal nostro fischio d'inizio. Meglio così"

ESCLUSIVA TMW - Petrone dall'Ecuador: "Tutto fermo a 5' dal nostro fischio d'inizio. Meglio così"TUTTO mercato WEB
© foto di FotoSpot/TuttoLegaPro.com
domenica 29 marzo 2020, 19:38Serie A
di Ivan Cardia

Il Coronavirus ha fermato il calcio in tutto il mondo. Anche in Ecuador, dove Mario Petrone, allenatore che in Italia ha guidato, tra le altre, Ascoli, Catania e Pisa, dal mese di gennaio è sulla panchina del Club Deportivo y Social Santa Rita, squadra che milita nella Serie B del Paese. Raggiunto da TMW, ci racconta come nel paese centroamericano stanno vivendo questo difficile periodo: “Siamo in isolamento dall’altra domenica. Diciamo che la situazione non è drammatica: qui il virus è arrivato un po’ in ritardo e hanno potuto giocare d’anticipo. Seguendo gli esempi di Cina e Italia, hanno limitato gli arrivi. Ma casi ce ne sono: per esempio in una cittadina vicina si è ammalata una signora che veniva dalla Spagna. E in un’altra hanno fatto un matrimonio, si sono contagiati tanti dei partecipanti”.

Voi avevate già giocato.
“E stavamo per giocare ancora. Sabato siamo andati in trasferta, a Pelileo, sul monte Chimborazo, in altura. Abbiamo fatto il riscaldamento, poi il riconoscimento con l’arbitro. Cinque minuti prima del fischio d’inizio, è arrivato un dirigente della Lega a comunicarci che il presidente dell’Ecuador ha sospeso ogni tipo di attività. Quel sabato erano decedute cinque persone. Sul momento la decisione ci è stata comunicata un po’ così, ma hanno fatto bene. La settimana precedente avevamo giocato a porte chiuse e sinceramente è stato meglio così”.

Quando si tornerà a giocare?
“Non lo so. Credo sia complicato prendere delle decisioni: fanno riunioni ogni settimana, la prossima sarà martedì. Al momento, hanno fissato l’inizio di campionato l’1 maggio, ma non so come andrà. Sicuramente servirà una preparazione, vedremo. Secondo me è difficile, ma parlo per quello che leggo. Ma credo che altri 15 giorni di isolamento serviranno: i contagi stanno rallentando, resta il problema della cura che non c’è”.

L’isolamento viene rispettato?
“Sì. Anche perché dalle 2 del pomeriggio alle 7 del mattino la polizia gira in lungo e in largo per la città. Non puoi spostarti da una città all’altra, salvo che in determinate circostanze. E in quei casi ti sanificano la macchina, sanificano te: ti spruzzano addosso dei prodotti igienizzanti. Certo, ci sono tante domande e poche risposte. Qui tanta gente vive davvero alla giornata, e se non può uscire di casa non sa come andare avanti. Oggi il problema è di salute, ma può diventare esistenziale e sociale”.

Qual è la situazione del Paese?
“Come dicevo, si sono mossi presto. I casi non sono tantissimi al momento. Però bisogna considerare anche che qui non siamo in Italia: le strutture ospedaliere sono diverse, faticherebbero a reggere numeri più alti di quelli attuali. Per quanto riguarda la gente, i problemi sono quelli che dicevo prima: non è facile andare avanti senza poter lavorare. Per questo spero che il governo aiuti tutti”.

La famiglia?
“In Italia. Sono tranquillo perché loro stanno bene. Ci sentiamo, ci videochiamiamo. A livello professionale e umano sono contento di essere venuto qui, è una bella esperienza. Certo, ora è tosta: sei impotente davanti a una cosa del genere”.

Non ha pensato di rientrare finché le cose torneranno alla normalità?
“Per ora no. Non è così facile ritornare in Italia, gli aeroporti sono chiusi. E poi se anche decidessi di rientrare dovrei fare degli scali e dovrei rispettare un periodo di 14 giorni di quarantena, non so dove. Con il rischio di dover tornare in Ecuador quasi subito per la ripresa del campionato”.

Qual è il periodo ordinario della stagione?

“Da febbraio a novembre, quando scadono i contratti. Per tornare a giocare credo serviranno realisticamente 3-4 mesi, ma io dico che in queste situazioni bisogna pensare al bene di tutti e nessuno deve guardare al proprio orticello: per me non sarebbe un problema giocare due volte a settimana, e poi partire subito con la nuova stagione. Devo tra l’altro dire che la mia società è molto seria: ci pagano regolarmente, nessun problema da quel punto di vista. Per questo dico che non sarebbe un problema sforare un po’ rispetto al termine di novembre: una soluzione si trova. L’importante è uscirne, e pensare come una collettività: chi ragiona solo per sé stesso sbaglia, ora dobbiamo giocare di squadra, tutti insieme”.

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