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Essabr: "Campo unico giudice: con buon senso e misure, la C può giocare"
Una lunga trafila nella giovanili della Juventus, poi il ritorno alla casa madre una volta appese le scarpette al chiodo, come collaboratore nelle Accademy internazionali: è tinta di bianconero la vita dell'attaccante Oussama Essabr.
Che ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com ha parlato del momento attuale del calcio, con un focus particolare sulla Serie C, dove da calciatore ha avuto svariate esperienze.
Un momento anomalo per il calcio, che ha evidenziato diverse spaccature: come finirà per Serie A e B?
"In un momento anomalo per la vita sportiva di tutti, ne è sommerso specialmente il mondo dei dilettanti, ben diverso dalle categorie professionistiche, specie A e B. Categorie che torneranno in campo, si riprenderà a giocare, ma questa fase ci ha insegnato quanto sia importante un'istituzione forte che agisca in modo dinamico e risolutivo: come è accaduto con la NBA a esempio".
Rispetto ad A e B, è diverso il discorso anche per la C, dove le problematiche economiche sembrano prevalere: si tornerà a giocare?
"Credo che con buon senso e le giuste misure in equilibrio, si possa ritornare a giocare anche in Serie C. Il merito sportivo non si vende né si può vincere a tavolino: promozioni e retrocessioni vanno stabilite sul campo, è giusto così, vedendo anche chi riuscirà a trovare il ritmo al ritorno ai giochi".
Ma quanto ha pesato in questa circostanza l'assenza di un unitario sistema calcio?
"Non mi aspetto unità in un paese che geneticamente non è unito, è proprio un concetto utopico: chiaro che si accentua maggiormente in momenti come questo, quando c'è crisi. Questa nazione si unisce solamente quando la nazionale di calcio arriva almeno alla semifinale di un mondiale, basta".
Si parla molto di riforma: come andrebbe impostata?
"Riforme? Partiamo dal concetto meritocratico, quello di sempre, che prevede che un giocatore giochi perché forte, indipendentemente dall'età: 16 o 35 anni non importa. Andrebbe poi stabilito un numero massimo di giocatori in prestito per tutte le società, rivedere le strutture e incentivare gli stadi di proprietà, potenziando poi il marchio delle società, con il merchandising e andando a intercettare una parte di quei milioni di turisti che vengono da noi creando l’esperienza “stadio”. Poi focus e centralità della tecnica, del talento nella costruzione nei settori giovanili".
Che ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com ha parlato del momento attuale del calcio, con un focus particolare sulla Serie C, dove da calciatore ha avuto svariate esperienze.
Un momento anomalo per il calcio, che ha evidenziato diverse spaccature: come finirà per Serie A e B?
"In un momento anomalo per la vita sportiva di tutti, ne è sommerso specialmente il mondo dei dilettanti, ben diverso dalle categorie professionistiche, specie A e B. Categorie che torneranno in campo, si riprenderà a giocare, ma questa fase ci ha insegnato quanto sia importante un'istituzione forte che agisca in modo dinamico e risolutivo: come è accaduto con la NBA a esempio".
Rispetto ad A e B, è diverso il discorso anche per la C, dove le problematiche economiche sembrano prevalere: si tornerà a giocare?
"Credo che con buon senso e le giuste misure in equilibrio, si possa ritornare a giocare anche in Serie C. Il merito sportivo non si vende né si può vincere a tavolino: promozioni e retrocessioni vanno stabilite sul campo, è giusto così, vedendo anche chi riuscirà a trovare il ritmo al ritorno ai giochi".
Ma quanto ha pesato in questa circostanza l'assenza di un unitario sistema calcio?
"Non mi aspetto unità in un paese che geneticamente non è unito, è proprio un concetto utopico: chiaro che si accentua maggiormente in momenti come questo, quando c'è crisi. Questa nazione si unisce solamente quando la nazionale di calcio arriva almeno alla semifinale di un mondiale, basta".
Si parla molto di riforma: come andrebbe impostata?
"Riforme? Partiamo dal concetto meritocratico, quello di sempre, che prevede che un giocatore giochi perché forte, indipendentemente dall'età: 16 o 35 anni non importa. Andrebbe poi stabilito un numero massimo di giocatori in prestito per tutte le società, rivedere le strutture e incentivare gli stadi di proprietà, potenziando poi il marchio delle società, con il merchandising e andando a intercettare una parte di quei milioni di turisti che vengono da noi creando l’esperienza “stadio”. Poi focus e centralità della tecnica, del talento nella costruzione nei settori giovanili".
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