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Juve: c’è Zidane oltre Allegri, ma la storia non è finita… Inter: la “potatura” di Marotta e il destino di Icardi. Milan: Gattuso e la forza della normalità. Arbitri vs Var: la soluzione per evitare l’Abisso

Juve: c’è Zidane oltre Allegri, ma la storia non è finita… Inter: la “potatura” di Marotta e il destino di Icardi. Milan: Gattuso e la forza della normalità. Arbitri vs Var: la soluzione per evitare l’AbissoTUTTO mercato WEB
© foto di Alessio Alaimo
martedì 26 febbraio 2019, 00:00Editoriale
di Fabrizio Biasin

Ciao. “A star is born”: Abisso. Abisso ha fatto danni: all’Inter, agli arbitri, a se stesso, un po’ a tutti quanti (ma soprattutto all’Inter). E comunque è “molto colpa sua”, ma non è “solo colpa sua”. Di questo parleremo in fondo all’ambaradan, per il resto chiacchieriamo di cose a caso.

Icardi

Icardi e l’Inter sono più distanti che mai. La situazione è nota, inutile tornare al “perché”, meglio capire “cosa accadrà”. Difficile al momento immaginare una riconciliazione: lui è a terra e non fa passi verso lo spogliatoio, lo spogliatoio tende la mano solo in parte. Per intenderci: quello dell’argentino non è un problema al ginocchio (infiammato era, infiammato è, ma non gli ha mai impedito di giocare), semmai di testa (oggi non sarebbe in grado di scendere in campo). Se le parti non si vengono incontro, immaginare una qualsivoglia “tregua” è impossibile. Trattasi di peccato mortale perché il bene supremo è l’Inter e l’Inter dovrebbe venire prima di tutto: prima degli interessi di Icardi (che si immaginava una carriera in nerazzurro e difficilmente ce l’avrà), prima di quelli di Perisic (che sognava di andare via da Appiano e a giugno probabilmente verrà accontentato). Sarebbe meraviglioso che i due si parlassero, sarebbe altrettanto meraviglioso che in assenza di “buone intenzioni” qualcuno della società forzasse un po’ la mano per uscire dallo “stallo”. Ripetiamo: il bene supremo deve essere l’Inter. Trattasi di frase fatta, ma ripeterlo una volta in più male non fa.

Marotta

L’Inter viene prima di tutto, si diceva, e questo sarà il “comandamento” che porterà Marotta a prendere scelte difficili, ma doverose. L’ad nerazzurro ha capito perfettamente la situazione e come scriviamo da settimane a fine stagione provvederà alla “potatura”. Solo alla fine, però, perché prima è necessario remare con forza tutti assieme per conquistare la zona Champions e fare più strada possibile in Europa League. Poi, a obiettivi raggiunti, la nuova Inter prenderà forma: arriveranno giocatori d’esperienza e dal curriculum “pesante” (Godin, forse Herrera, per Rakitic al momento c’è stato solo un sondaggio), giovani rampanti (Barella, Chiesa solo a condizioni meno proibitive) e un attaccante “importante” se non si troverà un accordo con Icardi. All’argentino nel frattempo sono arrivate “carezze”, tre dall’estero (Manchester United, Real, Chelsea, ma i Blues hanno i loro bei problemi), due dall’Italia facilmente immaginabili (sì, Juve e Napoli). Marotta sa bene che c’è chi “ci prova”, ma sa anche che il cartellino dell’attaccante scade nel 2021, non teme gli assalti e prepara senza assilli la sua proposta di rinnovo. Chi vivrà, vedrà.

Allegri

Allegri è in difficoltà. Oh, capita anche ai migliori. Una settimana fa scrivevamo “se c’è uno che sa preparare una partita come quella di Madrid beh, quello è Allegri”: ebbene, non c’avevamo capito una fava (noi più di lui). Max ha sbagliato in Spagna e in qualche maniera ha sbagliato pure contro Mihajlovic. Lo scriviamo noi che siamo suoi grandi ammiratori: se hai 3423 punti di vantaggio sulla seconda in classifica e nel finale di Bologna invece di alzare il baricentro alzi le barricate, finisce che vinci la partita, ma alimenti il fuoco di quelli che non perdono occasione per attaccarti (“Allegri non è un coraggioso!”, “Allegri brutto e cattivo!”). Ecco, diciamo così, strategicamente non c’è parsa una gran scelta, ma è anche vero che noi non abbiamo vinto 5 scudetti, 4 coppe Italia, né abbiamo giocato due finali di Champions e, quindi, è parecchio probabile che abbia ragione lui.

Zidane

La scorsa estate scrivemmo: occhio che la Juve punta su Zidane, lo porterà a Torino prima nelle vesti di dirigente e poi si vedrà. Questa cosa dello Zizou dirigente non si è mica avverata, ma la fonte era buonissima e l’idea del club chiara: il tre volte vincitore della Champions salvo sorprese sarà il prossimo tecnico dei bianconeri, a prescindere da come andrà finire con l’Atletico Madrid.

Gattuso

Non abbiamo grosse cose da scrivere sul Milan, tutti in giro fanno “pom pom pom” (persino mio padre che ha 112 anni) e legittimamente se la godono: del resto è più facile blaterare quando ci sono rogne e in questo momento in casa rossonera fila tutto che è una meraviglia (lo so che vi state toccando, tifosi interessati). L’altro giorno Gattuso ha detto: “Non mi piacciono i complimenti”. Gli abbiamo scritto un messaggio: “Ciao mister, ci teniamo a dirti che sei un raccomandato, un sopravvalutato, un miracolato ecc ecc”. Una puttanata, insomma. Ci ha chiamato dopo 3 minuti e si è fatto una risata. Cosa significa questa cosa? Che è un grande allenatore? Che stasera batterà la Lazio e vincerà tutto? No, però significa che in un mondo dove tutti (o quasi) se la tirano tipo fionda, questo signore qua ha ben chiaro cosa significhi “restare con i piedi per terra”. E davvero non è poco.

Vi lasciamo con “Arbitri vs. Var, una battagli persa” (pezzo pubblicato su Esquire.it) e abbracciamo virtualmente il primo vero eroe partorito da questo nostro Paese nel 2019: sì, lei, la signora “Maledettiiiiiiiii!!!!!”. Ti vogliamo bene signora Maledetti.

Per favore, accettate la premessa: qui il tifo non c’entra nulla. Ecco, se accettate la premessa proseguite pure (tanto sono quattro righe), viceversa lasciate perdere, altrimenti finirà nella solita caciara dell’“infame tu/tifoso neroblu”, “maledetto vero/tifoso bianconero” eccetera. Bene, fate la vostra scelta.

Eccoci qui, siamo rimasti in pochi. Ma buoni.

Signori, abbiamo un problema con il Var. Anzi no, scusate, non scherziamo: il Var non c’entra niente. Signori, abbiamo un problema con la classe arbitrale, ovvero con i signori che per regolamento non possono toccare mai il pallone e, quindi, hanno già due limiti alla base: 1) Quello della sofferenza ancestrale (fanno parte del gioco, ma a bel punto della loro vita hanno deciso di non giocare). 2) Quello dell’inconsapevole ma reiterato tentativo di difendere il proprio ruolo di “esseri non giocanti e comunque indispensabili”.

Ecco, il problema è proprio questo: la tecnologia ci sta dicendo che viaggiamo veloci verso quella fase storica in cui gli arbitri non saranno più “indispensabili pensatori”, semmai semplici esecutori. Onestissimi operai alla catena di montaggio con pochi diritti di scelta e un solo compito: comunicare alle masse quel che la macchina ha già visto. Solo che non riescono ad accettarlo e così facendo si incartano, confezionano la puttanata, e lo fanno con il terrore negli occhi di chi sa che la sta facendo grossa ma non riesce ad arrendersi all’evidenza: “Oddio, non sono più il boss del sistema, e ora?”.

Ce ne siamo accorti al minuto 101 di Fiorentina-Inter, ma lo sapevamo da tempo: gli arbitri soffrono tantissimo, come vassalli il cui feudo è stato inesorabilmente circondato. E allora cercano la difesa strenua, quella del “piuttosto che calare le braghe e lasciare che siate voi con le vostre macchine a farci fuori, ci suicidiamo”. E il dato di fatto è che così facendo riversano la loro frustrazione su di noi e attentano al bene supremo: la regolarità dell’ambaradan.

Capiamoci bene: noialtri comprendiamo il problema e la legittima sofferenza. La classe arbitrale per decenni è stata abituata male, ovvero a non dover rendere conto a nessuno: né con i fatti, né tantomeno con le parole (perché non li lasciano parlare? Perché mi posso fidare solo dei resoconti dell’ottimo ex arbitro Luca Marelli e della sua favella? Perché il rapporto tra “noi” e “loro” è complicato come un approccio adolescenziale in discoteca?).

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