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Diario da Riyad, tra luci e niqab, Supercoppa e souq

Diario da Riyad, tra luci e niqab, Supercoppa e souqTUTTO mercato WEB
lunedì 23 dicembre 2019, 10:15Il corsivo
di Marco Conterio
fonte dal nostro inviato a Riyad, Arabia Saudita

Riyad va raccontata sottovoce. Perché è un pertugio su una libertà che s'intravede in fondo a un tunnel, mascherata da una patina di luci e nascosta all'orizzonte dall'ombra dei grattacieli. Riyad e l'Arabia Saudita hanno girato la chiave della porta.Hanno aperto alla Vision 2030, quella che nell'ottica del nuovo corso della famiglia Reale dovrà portare il paese verso un futuro diverso. Chi queste strade polverose e illuminate, pulite e illuminate, deserte e illuminate ha calpestato in questi mesi, racconta che Riyad è su un ottovolante. Che corre rapida, agganciando un vagone all'altro, in ogni campo. Un tempo sbattevi sugli occhi da orientale delle donne come su di una barriera corallina. Ora, e sembra niente ma è tanto, perché ogni tempesta inizia da una singola goccia, sedere nella stessa stanza di un ristorante dove cena una ragazza, una donna, sola o con le amiche, è normale. Lo è vederle senza chador, senza hijab. O quanto meno inizia a esserlo, perché se passeggi nel lussureggiante e moderno Panorama Mall, in percentuale gli occhi sono lo specchio di un'anima protetta da un niqab. Guidano, però, e fino a tre mesi fa era impossibile persino pensarlo.

Riyad ha mille volti. Sta costruendo un dedalo di trasporti a mille all'ora, senza sosta. Ha aperto le frontiere al turismo e ai visti turistici da due mesi, è infante anche nell'accoglienza e nella preparazione. Però ci prova. I taxi e gli Uber li guidano per lo più pakistani e sudanesi, che è la manodopera da queste parti. Non ha un centro perché è una città in itinere, con dei luoghi storici e dei simboli forti, aggrappati ai costumi di un paese dove la lotta per i diritti è in pieno corso. Il forte di Masmak è imponente, a due passi da un souq dove acquisti profumi, zafferano, burqa, abiti tipici, stoffe. E dietro c'è Deera Square, la piazza delle esecuzioni pubbliche in Arabia Saudita.

Quel che ha colpito in questi giorni è che c'è una gran voglia di portare simboli e grandi eventi, come la Supercoppa, che campeggiava sulle televisioni ma che non ha mai avuto uno striscione, un richiamo, un triangolo di carta appeso in città. Lei come l'MDL Festival, che si è tenuto proprio in questi giorni a Riyad, ovvero il primo storico festival di musica elettronica nel nord cittadino con oltre centomila presenti, i migliori dj del globo e cachet da paura. Le porte aperte al turismo e ai diritti sono passi storici e segnali importanti. La strada è lunga ma deve iniziare in qualche modo, per tutti. E la Vision 2030 voluta dalla famiglia reale è un passo deciso in questa direzione. Siamo alla porta che gira nella chiave. Per spalancare al futuro l'Arabia Saudita, che non vede l'ora di gridare ai quattro venti il proprio nome, servirà tempo. Però corre a mille all'ora, irriconoscibile da un mese all'altro. Sottovoce, per adesso.

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