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Ultras Juve, confermata associazione a delinquere: ci fu anche estorsione, pene aumentate
La Corte d'Appello di Torino ha confermato e anzi inasprito le condanne nei confronti di cinque "tifosi" della Juventus, accusati nell'ambito dell'inchiesta Last Banner di associazione a delinquere ed estorsione. Ne scrive il Corriere di Torino, che riporta come la sentenza di secondo grado abbia confermato in toto l'impianto accusatorio nei di cinque esponenti del gruppo ultrà bianconero "Drughi", aumentando le pene.
In particolare, i giudici piemontesi hanno riconosciuto, oltre al reato di associazione a delinquere - è la prima volta in Italia in riferimento alla tifoseria organizzata - anche un tentativo di estorsione consumata, per il quale i cinque erano stati assolti in primo grado. Di conseguenza, sono state aumentate le pene, nello specifico: 8 anni di reclusione per Dino Mocciola, ritenuto il capo del gruppo; 4 anni e 7 mesi per Salvatore Cava; 4 anni e 6 mesi per Sergio Genre; 4 anni e 4 mesi per Umberto Toia; 3 anni e 11 mesi per Giuseppe Franzo. Le difese faranno ricorso in Cassazione.
La Juventus, assistita dall'avvocato Luigi Chiappero, e alcuni dipendenti ed ex dipendenti del club - con l’avvocato Maria Turco - si erano costituti parte civile. A pesare sull'aumento delle pene, come si diceva, il reato consumato, e non solo tentato, di estorsione ai danni di Alberto Pairetto, il dirigente bianconero che teneva i rapporti con le tifoserie. Il riferimento è alla prassi di regalare biglietti per le partite fuori casa e in giro per l'Europa. Nel 2018 la Juventus, su impulso della Questura torinese, interruppe i privilegi agli ultras e denunciò. Ne è nato un lungo sciopero del tifo in curva, spesso accostato anche se in maniera incorretta al caro biglietti.
In particolare, i giudici piemontesi hanno riconosciuto, oltre al reato di associazione a delinquere - è la prima volta in Italia in riferimento alla tifoseria organizzata - anche un tentativo di estorsione consumata, per il quale i cinque erano stati assolti in primo grado. Di conseguenza, sono state aumentate le pene, nello specifico: 8 anni di reclusione per Dino Mocciola, ritenuto il capo del gruppo; 4 anni e 7 mesi per Salvatore Cava; 4 anni e 6 mesi per Sergio Genre; 4 anni e 4 mesi per Umberto Toia; 3 anni e 11 mesi per Giuseppe Franzo. Le difese faranno ricorso in Cassazione.
La Juventus, assistita dall'avvocato Luigi Chiappero, e alcuni dipendenti ed ex dipendenti del club - con l’avvocato Maria Turco - si erano costituti parte civile. A pesare sull'aumento delle pene, come si diceva, il reato consumato, e non solo tentato, di estorsione ai danni di Alberto Pairetto, il dirigente bianconero che teneva i rapporti con le tifoserie. Il riferimento è alla prassi di regalare biglietti per le partite fuori casa e in giro per l'Europa. Nel 2018 la Juventus, su impulso della Questura torinese, interruppe i privilegi agli ultras e denunciò. Ne è nato un lungo sciopero del tifo in curva, spesso accostato anche se in maniera incorretta al caro biglietti.
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