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TMW RADIO - Abete: "Stadi? La realtà dice che in location diverse dai precedenti è difficile"

TMW RADIO - Abete: "Stadi? La realtà dice che in location diverse dai precedenti è difficile"TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 24 agosto 2020, 19:31Serie A
di Dimitri Conti
Archivio Stadio Aperto 2020
TMW Radio
Archivio Stadio Aperto 2020
Giancarlo Abete intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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Giancarlo Abete, ex presidente FIGC e commissario straordinario della Lega Serie A, ha parlato in diretta a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto, condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. La sua riflessione comincia dal tema riapertura degli stadi: "Naturalmente lo speriamo tutti, ma occorre monitorare la situazione giorno dopo giorno: il calcio ha espresso chiaramente la volontà fisiologica di avere gli spettatori negli stadi, un elemento fondamentale per l'evento. Altrettanto chiaramente però si è riportati alle valutazioni degli organi competenti: siamo in una fase di aumento dei contagiati, in altri paesi europei anche peggiore rispetto all'Italia, quindi il momento richiede prudenza. Il calcio, come sempre, deve riconoscere le priorità: tutela della salute e responsabilità. Il Ministro Speranza ha espresso l'intendimento che non ci siano nuovi lockdown, come anche Macron in Francia, anche perché è difficile permettersi una nuova chiusura a livello economico. La vita va avanti con prudenza ma il Covid-19 non è sconfitto".

L'ultimo decennio per le italiane ha lasciato in eredità zero titoli europei. Il gap deve preoccupare?
"Il nostro ranking è sempre comunque dignitoso, da quarta nazione. Questo peraltro ci ha consentito di avere le quattro squadre qualificate alla Champions, e questa è una boccata d'ossigeno sia a livello di audience che per le casse dei club. Ho potuto avere la fortuna di vedere il Milan e l'Inter vincitrici della Champions nel 2007 e nel 2010, con anche Supercoppe e Mondiali per Club. Questo fa parte di una situazione che tutti quanti comprendiamo: è un momento complesso di riposizionamento competitivo, e questo si vede anche dai risultati della Nazionale. Ora ci sono segni di ripresa, giovani su cui puntare come sta facendo il ct Mancini. Le nostre squadre sono competitive ma non riescono ad avere lo spunto vincente: l'Atalanta è stata sfortunata, arrivando a un minuto dalla qualificazione che sarebbe potuta anche diventare una finale. I club devono lavorare bene in profondità, nelle due finali europee ho visto due belle partite, ma il Bayern sembra attrezzato per essere riferimento dei prossimi anni ancora più solidamente".

Pirlo è diventato allenatore della Juventus. Sorpreso?
"Per me è una soddisfazione, come per tutti quelli che amano il calcio. Questo oltre alle emozioni esprime anche professionalità, capacità e regia: Pirlo le ha sempre avute, ed è equilibrato anche nei comportamenti. Avrà il vantaggio, pur nella complessità dell'impresa di prendere una squadra dopo nove Scudetti di fila, di avere una società molto solida alle spalle come la Juve, anche per capacità di fare gruppo. Speriamo tutti che faccia bene, visto che ci siamo affezionati, al di là delle simpatie sportive".

Di quel gruppo sono quasi tutti allenatori o dirigenti.
"C'erano qualità di campo ma anche umane: è un gruppo riuscito a fare un'impresa importante, vincere un Mondiale in un momento molto difficile per il calcio italiano. Ricordo che c'era chi voleva che l'Italia non partecipasse, visto che a Coverciano si era più attenti alle notizie che arrivavano dai tribunali. Con risultati e comportamenti hanno dimostrato di essere qualitativi. Molti di quei protagonisti di allora, lo sono anche oggi".

Domenech ha riservato commenti sprezzanti verso Sarri e Gasperini.
"La ferita non si rimargina, e poi c'è anche il carattere che va al di là di quella. Ognuno si crea un cliché, e Domenech è sempre stato uno che ha voluto prendere posizioni molto stressate: ricordo ancora quando c'era la compilazione dei gironi di Europei e Mondiali, e lui che aveva un ruolo fondamentale nei tentativi di accordo che intervenirono. C'era un girone con noi, Francia e Ucraina: complicato pure trovare le date buone. Domenech è sempre stato così, difficile che cambi. L'attenzione mediatica poi rimane più su quello che si dice, piuttosto che su quelli che si è".

Lei ha visto fallire lo Spezia, oggi arrivano in Serie A. Una bella storia?
"Sì, testimonia ancora una volta che organizzazione societaria e qualità imprenditoriali fanno la differenza. Quest'anno sono state promosse tre società e città con meno di 100.000 abitanti, mentre sappiamo di grandi centri che sono anche tra i primi dieci comuni d'Italia, che stanno provando a ripartire. Lo Spezia ha fatto un ottimo campionato, arrivando terzo e battendo un'altra bella realtà, di una città piccola, come il Frosinone. Più facile ottenere soddisfazioni così".

Questione stadi di proprietà. Questa la carenza maggiore?
"Eh... Il tassello è fondamentale: quei ricavi sono decisivi per i club, ed avere uno stadio di proprietà è esempio di virtuosismo societario, ma su questo noi siamo ancora in ritardo: scontiamo un approccio ideologico a questo tipo di problema visto che ogni volta che si parla di nuovi stadi non si entra nel merito delle compatibilità e dell'equilibrio economico, ma solo in battaglie ideologiche sul fatto che dietro gli stadi ci siano situazioni impropri. Questo peggiora il tutto, rendendo la battaglia meno collegata alla concretezza. La legge che fu varata alla mia epoca fu parziale, si diceva subito che non sarebbe stata sufficiente da sola e di fatto abbiamo una situazione in cui gli stadi fatti sono quelli ricostruiti nei siti in cui c'erano gli stadi precedenti. L'unico stadio costruito in una location diversa è quello del Frosinone, ma la verità dice che è stato tutto molto più facile dove c'era una zona già individuata ed utilizzata. Ci si è invece impantanati in maniera grave quando si andava a parlare di infrastrutture e collegamenti".

In questo anno ci si gioca il futuro dello sport?
"Sì e penso che non serva una rivoluzione ma un accompagnamento intelligente, che non significa però passivo. Se si ritiene che alcune realtà abbiano bisogno di intervento, giuste le riforme, ma con lo sport che soffre non è giusto aprire nuovi orizzonti. Ogni anno il calcio versa 1,1 miliardi allo Stato, recuperando una quarantina di milioni da parte del CONI. Per chi deve gestire questo 2020/2021 molto difficile c'è bisogno di serenità, anche perché gli effetti a medio termine non arriveranno subito, ma c'è pure da convincere le persone che si può investire. Il Credito d'Imposta in tal senso è un ottimo risultato".

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