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TMW RADIO - Guerini: "Inter favorita ma Serie A aperta. Alla fine però la deciderà il Covid"

TMW RADIO - Guerini: "Inter favorita ma Serie A aperta. Alla fine però la deciderà il Covid"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
mercoledì 5 gennaio 2022, 19:06Serie A
di Dimitri Conti
Archivio Stadio Aperto 2020-2021
TMW Radio
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Vincenzo Guerini intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L'ex calciatore e allenatore Vincenzo Guerini, reduce dall'esperienza come responsabile dell'area tecnica del Catania, ha così parlato a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, iniziando da un bilancio della seconda parte di 2021: "Il Napoli merita applausi, quando poteva andare in fuga ha avuto problemi clamorosi di infortuni. Finalmente però si vede un campionato in cui non si sa chi vince. A parte che forse lo deciderà il Covid... Sfido chiunque a capire cosa avverrà da qui a giugno".

Al calcio è mancata una gestione univoca?
"L'Italia è sempre stata così, andata avanti a vista affrontando qualsiasi problema. Però va detto che fino a due mesi fa tutti pensavamo di passare l'inverno in un certo modo e invece è peggio dell'anno scorso. Il vantaggio è che essendo Omicron meno pericolosa, ci si può barcamenare".

L'Inter è favorita per lo Scudetto?
"Sì, sono completi e forti fisicamente. Però non escluderei ritorni di altre squadre, andrà capito cosa accadrà col Covid: il campionato mi sembra aperto almeno a quattro-cinque squadre".

Cosa ne pensa di Insigne al Toronto?
"Vent'anni fa si diceva che non era il calcio di trent'anni fa, oggi che non è più quello di dieci anni fa! Ognuno la vede in un certo modo, io però non avrei fatto una scelta esclusivamente per i soldi, visto che è nel pieno delle forze. Non so quanto potrà divertirsi: a ogni calciatore piacciono sfida e confronto, lì penso sia facile per lui. Adesso però quasi tutti prima guardano al lato economico".

Come si spiega la crisi del Cagliari?
"Il calcio brucia alla svelta e lo stesso si può dire per gli allenatori. Chi oggi rimane due anni fuori dal giro è superato. Il Cagliari ha cercato di portare dei nomi importanti ma a volte questi ti servono a poco, ci vorrebbero forse più giovani che vogliono mettersi in mostra".

La gestione dei giovani è una delle storture?
"I primi responsabili sono nella stampa, dovrebbero essere più d'aiuto verso questi giovani ragazzi, senza giudizi tranchant. Se uno gioca in una grande a vent'anni e sbaglia due partite, non può più scendere in campo. Provate a farvi un esame di coscienza anche voi... Penso a Vlahovic, se non segna per due partite sono convinto che sentiremo chi dirà che non è più quello di prima".

Non è forse l'errore nel valutare ancora giovani i venticinquenni?
"C'è anche questo, ma il fatto è che un ragazzo segna tre gol ed è il miglior centravanti d'Europa. Il giovane non ha equilibrio né maturità".

Che ne pensa del lavoro di Mancini?
"Ha creato un entusiasmo intorno alla Nazionale che non si vedeva dai tempi di Bearzot. Mi spaventa però come arriveremo noi italiani agli spareggi: immagino tensioni allucinanti, ognuno con la sua formazione. Dovrà essere bravo Mancini a farli rendere al massimo, fin qui comunque ha fatto un lavoro strepitoso e già prima di vincere l'Europeo".

Però i problemi di sistema rimangono, specie sul campionato.
"Come si può parlare di calcio italiano se c'è solo il 20% di italiani? Guardate l'Inghilterra: ha un grandissimo campionato ma la loro nazionale non vince mai niente".

Perché abbiamo problemi con la punta?
"Sono cicli. Poi magari ti succede come tra '78 e '82, ti esplode un giovane ragazzo e se hai il coraggio di buttarlo dentro... Scamacca e Raspadori sono due giovanissimi che possono farlo".

Che Serie C ha ritrovato?
"Di buon livello anche se si trovano campi brutti e troppe società con carenze organizzative. Però è sicuramente un buon serbatoio e una vetrina importante per la maturazione dei giovani".

La Sicilia del calcio non trova pace.
"Siamo alle solite, senza una società forte alle spalle non esistono squadre forti. Però si pensa sempre prima a queste ultime. Non intendo soldi, ma organizzazione e pazienza, non andando avanti alla giornata un po' come è capitato a me a Catania. Tant'è vero che ho lasciato perché non volevo far brutte figure".

Come ha vissuto il ritorno a Catania?
"Mi dispiace molto, io vivo qui e c'è una passione che in altre parti d'Italia se la sognano. La squadra è una ragione di vita, eppure rischia di scomparire".

Che ricetta per il calcio?
"Diminuire le squadre e far fare il campionato solo a chi dà la garanzia di poterlo portare a termine".

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