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Cortesi, talent scout ex Jiangsu: "Bella esperienza. Covid? In Cina regole rigide"

ESCLUSIVA TMW - Cortesi, talent scout ex Jiangsu: "Bella esperienza. Covid? In Cina regole rigide"TUTTO mercato WEB
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
domenica 19 aprile 2020, 18:38Serie A
di Ivan Cardia

Il calcio ai tempi del Coronavirus. Ve lo raccontiamo anche grazie alle voci dei protagonisti, in questo caso di chi ha vissuto in Cina fino a non molto tempo fa. Lo Jiangsu Suning, salutato a febbraio, è stata infatti l’ultima tappa della carriera di Stefano Cortesi, per tutto il comandante, uno degli osservatori più conosciuti del panorama calcistico italiano. Che, fino alle dimissioni, è stato responsabile dello scouting del settore giovanile della società di Nanchino, ma in passato ha lavorato per anni, tra le altre, con la Juventus e le milanesi: “Dallo Jiangsu sono andato via per scelte personali, ma è stata un’esperienza bellissima. Tornassi indietro, rifarei la scelta. Wuhan? Ci sono andato 3-4 volte, in aereo perché non è lontana ma neanche vicinissima a Nanchino, è una bella città con 10 milioni”.

Come hanno vissuto in Cina la lotta al Coronavirus?
“In maniera simile a come poi è andata nel resto del mondo. Certo, loro sono sicuramente più restrittivi. Se ti dicono che devi stare in casa, non puoi uscire e non c’è molto su cui discutere. Hanno rispettato rigidamente le regole, e bisogna considerare che parliamo di una cultura diversa dalla nostra. Probabilmente anche per questo sono riusciti a risolvere abbastanza alla svelta il problema”.

Parliamo di calcio. A che punto è il movimento cinese?
“In grossa evoluzione. Ci tengono tantissimo, vogliono arrivare al top e hanno il materiale umano: c’è quantità. E dalla quantità tiri fuori la qualità. Stanno lavorando tantissimo, hanno chiamato noi stranieri per imparare. Come abbiamo fatto noi occidentali con il ping pong, per fare un esempio. Al di là dei nomi di vertice, ci sono tantissimi allenatori esteri, soprattutto nelle giovanili. Penso al Guangzhou, che per esempio ha tanti tecnici spagnoli. Cercano di apprendere i nostri metodi. E certo, seguono anche le mode: per esempio, dopo l’exploit ai mondiali di Russia 2018, sono arrivati alcuni tecnici croati”.

Per un giramondo come lei, quanto è cambiata la vita in questo periodo?
“Tanto, anche perché negli ultimi anni ho girato tantissimo. È difficile, perché ti manca il contatto: non parli con nessuno, non incontri nessuno. Ti manca la quotidianità: io sono abituato ad andare in giro a guardare le partite, è una cosa che mi manca tantissimo. Come credo che manchi a tutti gli uomini di calcio, chi si muove per andarle a vedere e chi per giocarle. Quando hai una passione come la nostra è dura stare fermi. Io poi ho mio figlio che fa il preparatore dei portieri al Chievo Under 17 e forse è anche peggio di me da questo punto di vista: in casa sembriamo due spiritati. C’è da impegnarsi e da sperare che finisca il prima possibile, risolverebbe tanti problemi”.

Come lavora un talent scout ai tempi del Covid?
“Cerco di guardare, in video, più partite possibili. Aggiorno il mio database di calciatori. Ti inventi qualcosa per stare sul pezzo, per quanto possibile. Uso tanto Wyscout, ovviamente. Anche se quando non hai degli obiettivi precisi non è facile. Devi andare molto a intuito, seguire la tua curiosità. Per esempio, guardo partite recenti di Coppa d’Africa, dei campionati sudamericani, cercando di scovare qualche giocatore. Devi tenere la mente allenata”.

A proposito, c’è chi dice che ormai i video siano il miglior modo di fare scouting e chi invece sostiene che osservare dal vivo sia comunque il metodo migliore. Secondo lei?
“Il mondo sta andando in quella direzione, è vero: i cinesi, per esempio, tengono molto in considerazione i video. Io però penso che l’osservazione dal vivo ti dia ancora di più. Secondo me il video ti può servire per una conferma, però prima devi il giocatore devi vederlo dal vivo: ci sono delle sfumature che sullo schermo non riesci a cogliere. Il video inquadra la palla: a me hanno insegnato che le partite bisogna vederle, dal vivo, e seguire i movimenti del giocatore anche quando non ha la palla. Poi è naturale che, avendo conoscenza del calciatore, avere il video ti aiuta. E in certe situazioni può anche essere meglio rispetto all’osservazione dal vivo”.

Cioè?
“Faccio un esempio banale: se devo descrivere un corner visto dal vivo e uno visto dal video, usando le immagini sono molto più preciso, puoi andare avanti e indietro, segnare le marcature. In queste situazioni ti aiuta tanto, però in generale dal vivo vedi tutto”.

Un passo sulla sua carriera: ha lavorato col Milan, che ha sfornato tanti talenti negli anni. Perché secondo lei i rossoneri faticano poi a tradurre il buon lavoro giovanile in risultati di alto livello della prima squadra?
“Anzitutto, il merito per i risultati del settore giovanile va a chi ci lavora e a chi ci ha lavorato da tanti anni. Poi non so dire. Vede, nel calcio ci sono degli equilibri e delle dinamiche che può spiegare solo chi è all’interno. Sono situazioni tecniche, economiche, gestionali in cui è difficile entrare dall’esterno”.

C’è un giocatore che ha scoperto di cui è particolarmente fiero?
“Non so, mi hanno sempre detto che i giocatori bravi li vedono tutti. Un esempio? Anni fa ho visto Lewandowski con la nazionale polacca, ora non ricordo se Under 16 o 18, a San Marino. Beh, lo vedeva anche un cieco che era un predestinato. La difficoltà è capire se può avere una prospettiva, è quella la cosa importante quando fai questo lavoro. In carriera ho segnalato tanti calciatori che oggi giocano ad alto livello, poi è una questione di sfumature: a me può piacere 5 e a un altro può piacere 10. O viceversa. E dipende sempre dalle richieste e dalle necessità della società con cui lavori”.

Le è mai capitato di aver consigliato un giocatore che poi ha fatto strada ma all’epoca non sia stato considerato dalla società per cui lavorava?
“Certo, capita. Come mi è capitato, anche se per fortuna raramente, di aver visto una partita e non aver segnalato un calciatore che poi negli anni è riuscito a giocare a livelli importanti. Non sarebbe elegante fare riferimenti, anche perché io dico sempre che ci sono degli equilibri da rispettare. Per esempio, trovi un centrocampista forte ma alla squadra serve un terzino. Quando cominci a lavorare a certi livelli, lo fai in modo mirato: cerchi i ruoli che ti hanno segnalato. Magari consigli un giocatore di un altro ruolo, ma lì la squadra è già coperta e si perde un’occasione. Altre volte invece ti sembra di avere davanti un prospetto interessante e poi invece non sfonda, per tanti motivi. A volte hai ragione tu, a volte il tuo responsabile. Poi ci sono i fenomeni, quello sì: in quel caso segnali di aver trovato un potenziale campione, ma questo vuol dire anche prendersi una bella responsabilità. E infine ci sono le scoperte che nascono un po’ per caso”.

In che senso?
“Per esempio, anni fa lavoravo per il Mantova e sono andato in Slovenia per seguire una partita. In campo, anzi sarebbe meglio dire in porta, c’era il cugino di Samir Handanovic, Jasmin. Non ero lì per lui, ma mi ha colpito e l’ho segnalato al club. Risultato: ha giocato per anni lì e ha fatto molto bene, anche all’Empoli. Oggi gioca ancora al Maribor ad alti livelli”.

Torniamo alla Cina. Come mai non c’è ancora un calciatore cinese tra i campioni del mondo del calcio?
“Non so dirle. A livello giovanile poi la situazione è un po’ particolare. Fino a 18 anni gli stranieri non possono giocare in Cina. E questo penso che vada bene se pianifichi un futuro senza calciatori stranieri, altrimenti si stanno perdendo delle buone occasioni, anche per far crescere i propri ragazzi con esempi dall’estero. Ci arriveranno, comunque: vorrebbero tanto sfornare un campione, perché darebbe lustro a tutto il movimento. Ci arriveranno”.

Dei nomi consigliati per il futuro?
“Al di là della Cina, di recente ho seguito il Mondiale Under 17. Ci sono tantissimi talenti, poi il problema resta sempre quello: numerosi giovani giocatori sembrano destinati a una carriera importante, ma da lì a dire che diventeranno calciatori veri tutto dipende da come cresceranno. E la prima impressione a volte inganna: cito per esempio Stephner Paul, portiere di Haiti, un 2004. Mi ha colpito tantissimo nella prima partita, ma nella seconda molto meno. Qual è la verità? Va seguito. Nomi importanti, comunque, ne ho visti: Aouckicke della Francia è un bellissimo prospetto, come del resto Agoumé. Stesso discorso per Veron del Brasile; Sontje Hansen dell’Olanda gioca a sinistra ed è molto forte. Nel Giappone mi ha colpito soprattutto Yamato Wakatsuki, l’attaccante, ma anche Jun Nishikawa”.

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