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10 domande al futuro del calcio: diritti tv, a che punto siamo sullo scontro?

10 domande al futuro del calcio: diritti tv, a che punto siamo sullo scontro? TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
lunedì 18 maggio 2020, 14:45Serie A
di Ivan Cardia

Siamo all’atto finale. Forse, perché in una trattativa è normale che vi siano confronti e scontri, mediazioni e tentativi, fino all’ultimo, di evitare un pugno di ferro giudiziale che non converrebbe davvero a nessuno. Oggi l’amministratore delegato di Lega Serie A, Luigi De Siervo, dovrebbe incontrare per l’ennesima volta i vertici dei broadcaster televisivi. E cercare di arrivare a una sintesi.

Di cosa parliamo. Soldi. Quelli che le tv detentrici dei diritti audiovisivi per la stagione 2019/2020 devono ai 20 club del massimo campionato. A seconda delle stime, si va da 230 a oltre 300 milioni di euro: è questo l’ammontare dell’ultima rata (la sesta) che le emittenti devono, da contratto, versare alla Serie A. Ripartiti in maniera diversa: la maggior parte ricade su Sky, poi Dazn e infine IMG, che detiene i diritti per l’estero (ed è peraltro già reduce da una lunga conciliazione con via Rosellini).

Le Tv non hanno pagato. Il termine era il 2 maggio 2020 e non è stato rispettato. Perché i broadcaster ritengono che, in assenza di partite da disputare, e quindi trasmettere, non sia dovuto, almeno non per intero, l’importo previsto. In concreto, Sky dovrebbe trasmettere altre 86 partite, mentre Dan 38. Le soluzioni proposte dalle emittenti sono diverse, fondamentalmente possiamo riassumerle in uno sconto, su questa sesta rata o sull’ammontare dei diritti tv per la prossima stagione. Il bando per l’assegnazione, ricordiamo, è triennale e scade proprio nel 2021.

Linea dura della A. Dopo diverse assemblee e riunioni informali, tra le 20 società ha prevalso la linea oltranzista. Praticamente tutte hanno già emesso le relative fatture e sono pronte a portare le TV in tribunale, nonostante, almeno all’inizio, fossero emerse posizioni più concilianti. In un sistema dove questi introiti rappresentano almeno il 20% del fatturato dei club, ma in diversi casi si arriva addirittura al 50%, sono soldi indispensabili per andare avanti. E sono anche la vera ragione per cui il calcio italiano sta provando in tutti i modi a ripartire. O, da un altro punto di vista, perché aspetta che, se stop dovrà essere, lo sia per decreto governativo: nel contratto non è prevista la causa di forza maggiore come ipotesi di sospensione o riduzione del pagamento. Oggi, a meno di ulteriori rinvii, l’ennesimo tentativo di evitare lo scontro vero e proprio, un esito che comunque creerebbe problemi a tutti. La linea temporale da non superare c’è già: il 25 maggio. Oltre quella data, i club sono pronti ad adire le vie legali.

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