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I fatti del 2018 - Milan e il mistero cinese

I fatti del 2018 - Milan e il mistero cineseTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 1 gennaio 2019, 21:45Serie A
di Gaetano Mocciaro

Difficile pensare che un giorno qualche tifoso potesse rimpiangere Giussy Farina, il presidente che portò il Milan a un passo dal fallimento, sventato dall'arrivo di Silvio Berlusconi. Questo rende sufficientemente l'idea del disagio creato da Yonghong Li ai tifosi rossoneri.

Misterioso dal primo all'ultimo giorno. Anzi, ben prima del suo insediamento, quando trattava l'acquisto del club con Fininvest e ne perfezionava l'accordo a suon di caparre da 100 milioni di euro. A partire dall'agosto 2016 con il contratto preliminare fino al closing più lungo della storia, avvenuto ad aprile 2017. Un anno nel quale c'era anche un campionato da giocare, peraltro senza poter attingere sul mercato. Un anno che si sperava potesse essere l'ultimo di sofferenza dopo le ultime umilianti stagioni targate Berlusconi.

Perché l'agonia del Milan parte da molto più lontano. I primi sintomi si manifestano con la cessione di Shevchenko, primo big dell'era berlusconiana divenuto non più incedibile. Tutto è insabbiato dalla grandezza di una squadra costruita negli anni prima, tanto forte da vincere per inerzia la Champions del 2007 e il Mondiale per Club del 2007. Vittorie che hanno un effetto boomerang devastante: “Siamo il club più titolato al mondo” verrà da quel momento ripetuto come un mantra per anni da Adriano Galliani, nel tentativo di insabbiare i primi insuccessi sportivi e l'immobilismo sul mercato salvo alcuni colpi estemporanei (Pato, Ronaldinho, Thiago Silva e Ibra). Un Milan divenuto un costo per Fininvest, una società che anziché preparare il cambio generazionale ai grandi “vecchi” pensa a spalmare loro il contratto in nome del bilancio. Un Milan schiacciato dai costi al punto da cedere contemporaneamente Thiago Silva e Ibrahimovic per coprire un buco di 60 milioni. Siamo nel 2012.

Da allora solo mediocrità e frasi di circostanza, che hanno portato all'esasperazione. Al punto da chiudere non solo un occhio, ma due non appena si è presentato il misterioso Yonghong Li, della cui azienda, la “Sino Europe Sports”, non si ha traccia. Che quando un piccolo azionista chiede alla prima assemblea dei soci lumi sul suo passato, presente e forza finanziaria viene zittito. Per non parlare dai punti di domanda posti da stampa e dagli stessi omologhi di Li, come James Pallotta quando ha visto il fiume di denaro versato per la campagna acquisti: oltre 200 milioni. Più altre cifre a otto zeri spese fra caparra, aumenti di capitale e spese di gestione. Uno studio di “Calcio e Finanza” ha quantificato in 524 milioni le perdite in un anno di Li. Cinquecentoventiquattro. Noccioline in confronto ai 32 milioni anticipati da Elliott per l'aumento di capitale e non più restituiti da Li, che ha perso così il Milan. Tutto questo sotto la lente di ingrandimento della UEFA, che è arrivata al punto di estromettere il club dalle coppe europee pur di stanare la proprietà. Un'umiliazione pubblica paragonabile alla Serie B degli anni '80. La speranza è che ora con Elliot al comando il Diavolo ritrovi serenità. Il buon Yonghong lo ha già fatto, come dimostra il video nel quale griglia al barbecue con la famiglia.

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