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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Tim Wiese, dalla papera con la Juve alla WWE

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Tim Wiese, dalla papera con la Juve alla WWETUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 17 maggio 2020, 01:05Serie A
di Simone Bernabei
#iorestoacasa - Tuttomercatoweb.com propone ai suoi lettori delle storie di calcio per tenerci compagnia in queste giornate tra le mura domestiche

E’ stato un wrestler professionista, Tim Wiese. Ma anche e soprattutto un calciatore di altissimo livello. Due carriere distinte e separate in una sola vita, per colui che molti tifosi ricordano vestire la maglia del Werder Brema e regalare i quarti di finale alla Juventus di Fabio Capello. La sua presenza in quella rosa e in quella competizione ricordano il valore del Tim Wiese calciatore, portiere eccentrico tutto muscoli, forza fisica e riflessi fulminei. In carriera (da portiere) ha toccato picchi alti, la convocazione in Nazionale è stata solo la naturale conseguenza delle sue prestazioni. Ma già dal campo si percepiva la sua naturale propensione al gesto eclatante, all’eccedere se vogliamo. Una personalità comunque molto forte, all’interno di tutti gli spogliatoi in cui è stato.

La storia al Werder Brema - Cominciò a giocare giovanissimo nel Bayer Leverkusen. Per 10 anni circa stupiva nell’academy delle Aspirine. Agli albori come attaccante, poi ovviamente in porta. Nel 2000 la cessione al Fortuna Colonia e quindi al Kaiserslautern. Nel 2003-2004 diventa titolare, seppur per pochi mesi. Quindi la svolta del 2005: il Werder Brema. Acquistato per sostituire Reinke, finì per fare la riserva di Reinke a causa di un non opportuno infortunio ai legamenti del ginocchio. Nonostante tutto, racconta, le vibrazioni erano positive e c’era voglia di inseguire il sogno. L’opportunità arrivò l’8 febbraio del 2006, quando il compagno titolare si infortunò contro lo Stoccarda. “Vai Tim”, disse Thomas Schaaf, tecnico all’epoca. Quel Werder, una buona squadra, aveva eliminato nel girone di Champions League l’Udinese e sognava qualche sgambetto d’autore. I giocatori in fondo c’erano tutti: Naldo, Schulz, Frings, Micoud, Klasnic e Miro Klose, fra gli altri. Il punto più alto lo raggiunse, a livello personale e a detta del diretto interessato, nella semifinale di Coppa di Germania del ’08-’09 parando tre rigori di seguito agli avversari dell’Amburgo. E sempre nel derby del nord, il 7 maggio del 2008, si rese protagonista di quello che Franz Beckenbauer definì “tentato omicidio”. Lancio lungo per il malcapitato Ivica Olic, il numero 1 del Werder esce con una sorta di calcio volante al limite dell’area colpendo volto e collo dell’attaccante. Fu anche denunciato, da qualche anonimo, ma il caso fu archiviato 4 mesi dopo. Nel gennaio 2011, episodio altrettanto “curioso” con protagonista Thomas Muller. Dinamica simile, il portiere esce in ritardo al limite dell’area e per non far passare l’attaccante del Bayern si inventa una forbice con le gambe attorno al corpo dell’avversario. Prima ancora che l’arbitro tirasse fuori il cartellino rosso, Wiese stava uscendo dal campo con piena consapevolezza.
A fine 2011 passò all’Hoffenheim ed il tecnico Babbel lo nominò addirittura capitano, scelta poi rivista in seguito. Dopo alcuni mesi difficili vissuti in panchina e altri ai margini della rosa, il 21 gennaio del 2014 smette col calcio.

La Germania - Come spesso capita, il suo rapporto con la Nazionale è stato burrascoso. Presenza fissa in Under 21, la chiamata in Nazionale A tardava ad arrivare. Per questo, nel settembre 2007, criticò duramente, e pubblicamente, Joaquim Loew. Nell’agosto 2008, complice l’infortunio di Adler, ecco la sorpresa: convocato per Germania-Belgio. Non arrivò il debutto, ma fu già qualcosa per lui ed il suo ego. Il 2 settembre 2008, l’esordio nella gara di addio a Oliver Kahn, da sempre suo idolo e modello. Nel 2010, Loew lo chiama addirittura come dodicesimo per il Mondiale, alle spalle di Manuel Neuer. Doveva giocare la finalina per il terzo posto, ma un problema fisico lo costrinse all’esclusione e alla fine fu l’unico della rosa a non disputare neanche un minuto. Al termine della competizione, senza troppi peli sulla lingua, attaccò nuovamente il ct per avergli preferito Neuer nel ruolo di numero 1. L’epilogo ci fu nel 2012, con Wiese che prese parte anche alla spedizione in Polonia-Ucraina per l’Europeo.

La papera contro la Juventus - Aveva perso 3-2 in Germania all’andata degli ottavi di finale di Champions League, la Juventus di Fabio Capello. Un risultato che lasciava comunque buone sensazioni in vista del ritorno di Torino. Il Delle Alpi era pieno e i bianconeri sentivano di poter conquistare i quarti, nello spogliatoio c’era un cartello ben preciso: “Vietato sbagliare”. Quella Juventus ci provò fin da subito, ma il buon Micoud gelò gli animi di squadra e tifosi già nel primo tempo. Dopo una serie di miracoli proprio di Wiese, apparentemente in serata di grazia, fu il solito Trezeguet a trovare il pareggio. Quindi assalto finale alla ricerca del gol del 2-1 che avrebbe regalato la qualificazione. Niente da fare. Un po’ per sfortuna, un po’ per imprecisione, un po’ perché bloccati dal tedescone là dietro, gli uomini di Capello non riuscivano proprio a sfondare. Almeno fino agli ultimi secondi del match: angolo ribattuto dalla difesa tedesca, Nedved ributta dentro ma trova la tempestiva uscita di Wiese. Sembra l’epilogo sulla campagna europea bianconera, ma Emerson è sveglio e cambia il corso della storia. Nel cadere il portiere del Werder rotola goffamente al centro dell’area di rigore e perde in modo maldestro il pallone. Il Puma non deve neanche ringraziare, la porta è lì, spalancata e il muro di muscoli che fino a quel momento aveva respinto ogni attacco è fuori gioco. Gol, 2-1, Delle Alpi in festa e triplice fischio. Un tripudio, lì sul momento. Quella Juve fu poi eliminata al turno successivo dall’Arsenal, futura finalista contro il Barcellona.

The Machine - Divenne questo il suo ring name. Ma andiamo per gradi: gli ultimi anni di carriera da calciatore mostrarono una persona amante dei muscoli e del body building. Passione mantenuta dopo aver smesso col calcio. Nel settembre 2014 la World Wrestling Entertainment, WWE, gli offre di salire sul palco: due mesi dopo era al Festhalle di Francoforte per un Tag Team Match con gli Usos. Il tutto mentre era ancora sotto contratto con l’Hoffenheim, fino al giugno del 2016. Scaduto questo, accettò l’invito di Triple H e volò a Orlando, in Florida, per allenarsi al WWE Performance Center con Matt Bloom. Il 3 novembre 2016, all’Olympiahalle di Monaco di Baviera, è la sua notte: esordio da professionista al fianco di Cesaro e Sheamus contro The Shining Stars e Bo Dallas. Ovviamente il padrone dei casa e i suoi uscirono vincenti di fronte agli 8000 sostenitori festanti. E pensare che prima di allora la Germania quasi ignorava l’esistenza del wrestling. Quella apparizione leggendaria fu apice e culmine della sua seconda carriera: “Volevano ingaggiarmi e mandarmi negli Stati Uniti, ad allenarmi per i prossimi tre anni. Ma adesso, dopo una carriera nel calcio e a 36 anni, non ho nessuna voglia di allenarmi ogni giorno”, ammise qualche mese e almeno 20 chilogrammi dopo.

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