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TMW RADIO - Ghirelli: "Al tavolo delle riforme scopriremo chi bluffa. La Serie C ora è agguerrita"

TMW RADIO - Ghirelli: "Al tavolo delle riforme scopriremo chi bluffa. La Serie C ora è agguerrita"TUTTO mercato WEB
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
giovedì 11 giugno 2020, 18:47Serie C
di Dimitri Conti
Archivio Stadio Aperto 2020
TMW Radio
Archivio Stadio Aperto 2020
Francesco Ghirelli, presidente Lega Pro, intervistato da Francesco Benvenuti e Raimondo De Magistris
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Francesco Ghirelli, presidente della Lega Pro, si è collegato in diretta nel corso di Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio, ai microfoni di Francesco Benvenuti, Niccolò Ceccarini e Raimondo De Magistris: "C'è un prima del 20 maggio (Consiglio Federale, ndr) e un dopo. Prima c'è stata l'assemblea della Lega Pro del 7 maggio, e non ho cambiato idea sul percorso compiuto, ma ho preso atto che non avendo ricevuto i voti necessari, la nostra proposta è caduta in minoranza e il Consiglio Federale ha preso un'altra strada. Si sono confrontate due linee: quella poi prevalsa è stata di dover tornare in campo in qualche modo e determinare i risultati del campionato col merito sportivo. La nostra proposta era quella di premiare chi fino al momento dello stop si trovava in vantaggio, senza far pagare un prezzo a coloro i quali retrocedevano, e che quindi si dovesse fare un anno di transizione, senza chiudere alle promozioni dalla Serie D. Abbiamo pagato un eccesso di onestà intellettuale quando abbiamo detto di voler proporre al Consiglio Federale la questione del blocco dei ripescaggi. Per come sono fatto io, e non mi auguro di ritrovarmi di nuovo in questa situazione, non ho voluto fare il furbo, forse sarebbe stato meglio aspettare un attimo. Il ripescaggio è stata una chiave strumentale d'attacco, ci hanno fatto apparire come se avessimo voluto decidere su cose su cui non potevamo. Noi avevamo solo il compito di proporre, e la nostra proposta non ha avuto i voti sufficienti, e si è andati in un'altra direzione. Ogni presidente la vive guardandola dalla propria ottica, e qualcuno si è lamentato sul fatto che non abbiamo difeso la linea in fondo, ma non è vero. Servivano i voti, prendiamo atto della questione. Qualche testata giornalistica mi ha definito trasformista e questo non lo accetto. Non lo sono mai stato nelle mie varie attività, e nemmeno in questa situazione. Ho difeso strenuamente gli interessi delle mie società, e nel momento in cui la proposta è stata battuta, il mio dovere era di difendere società e campionato nel prosieguo della decisione presa. Credo di averlo fatto, sono dispiaciuto ma tranquillo sull'operato, ho messo serietà, determinazione, scelta di campo. Credo di aver ragioni, ma dobbiamo prendere atto che non siamo passati. Oggi c'è un altro terreno di gioco, lavoriamo per concludere al meglio il campionato e dare qualche ora di felicità ai tifosi".

Cos'è successo e cosa succederà a proposito della chiacchierata riforma di Lega Pro?
"Si è giocato molto sul decreto che dava poteri alla FIGC, non so se per strumentalità o ignoranza. Non si comprendeva il termine "in deroga", come se si potesse operare una trasformazione di riforma in questo campionato. Da lì è partita una discussione che ho catalogato come fake news, e tale si è rivelata facilmente, sui due gironi della Serie B. Quel decreto non prevede la possibilità di intervenire in quel modo. "In deroga" significa poter intervenire per fare un esempio con un numero maggiore di retrocessioni l'anno successivo, qualora avessimo avuto un sovrannumero. Mi sorprende che molti dirigenti federali, non Gravina, si siano dimenticati dell'autonomia sportiva. Ci sarebbe stato un commissariamento della Federcalcio da parte delle FIFA ed altre realtà in quel caso. Io ho i capelli bianchi, posso solo provare a dare una mano alla Serie C e al calcio italiano".

Che ne pensa delle tante rinunce ai playoff? Si poteva, invece che a ventotto, aprirli a sessanta squadre?
"Siamo sessanta squadre, avevamo ventitré turni e se fossimo partiti il 21 giugno a giocare avremmo finito ad inizio settembre, sperando che nel frattempo non fosse successo altro. Era improponibile terminare il campionato per intero, tecnicamente impossibile. In una situazione che, pur con una caduta del rischio, vede ancora ampia la possibilità che accadano problemi legati al virus, noi abbiamo sessanta società e tantissimi movimenti, è un pericolo ulteriore da evitare. Non dimentichiamo che i sessanta medici della Lega Pro sono tutti volontari, un percorso del genere diventa difficile. Ci sono poi società che hanno forza economica differente ed è da quel 21 febbraio non entra un euro nelle casse della Lega Pro. Le rinunce sono la dimostrazione che c'è una seria difficoltà, non raccontavamo frottole. C'è chi dice che siamo professionisti e che dobbiamo marciare alla stessa velocità. Alt. Non ho replicato per un motivo solo, i tre livelli del professionismo sono diversi per risorse finanziarie, caratteristiche territoriali e responsabilità, sennò avrebbero tutti gli stessi soldi, strutture e stili manageriali. Il fatto che quelle cinque-sei squadre rinuncino ai playoff, significa che le difficoltà sono presenti, e il 7 maggio non avevamo tutti i torti: è la conferma che abbiamo un problema. Ora però si è aperta un'altra strada, mi dispiace veramente per chi retrocederà, mi auguro che possano utilizzare la riammissione o il ripescaggio per tornare in Serie C, ma la situazione è questa".

Che estate si aspetta sui ricorsi, e quante squadre l'anno prossimo?
"La differenza tra Francia e Italia è un decreto che ha dato certi poteri d'intervento alla Federcalcio, ed è elemento determinante, ma anche ridotto fortemente i tempi della giustizia amministrativa ordinaria e sportiva, per cui nel giro di tre settimane avremo le sentenze definitve, passando attraverso Consiglio di Garanzia del CONI, TAR e Consiglio di Stato. C'è differenza, la situazione francese dimostra che la decisione che avevamo preso il 7 maggio non era così strampalata. Noi, insieme alla Lega basket di Serie A, all'atletica e alla pallavolo maschile e femminile, abbiamo messo in piedi il Comitato 4.0 che lavora sul credito d'imposta e cerca di mantenere aperta la partita delle sponsorizzazioni. Ci sono il 31% di società che sta pensando a cosa fare in vista dell'anno prossimo, ancora non hanno certezze. Qual è il dato di sofferenza rispetto al passato? Da sempre eravamo impegnati in una battaglia per la sostenibilità economica, la differenza è che un tempo sarei stato certo di aver potuto dire quale rischio correvamo in termini numerici, oggi no".

Quanto è preoccupato da contenziosi sugli stipendi di aprile e maggio, più eventuali fallimenti in corsa nella prossima stagione?
"Se tre mesi fa qualcuno fosse passato in Italia e gli avessero detto che Ghirelli pensava alla Cassa integrazione, si poteva sentir dire che essendo nato a Gubbio avesse la patente di matto. Per la prima volta abbiamo acquisito uno status che permette di equiparare il calcio italiano all'apparato produttivo, tanto che ora potremo intervenire con altri strumenti, e penso ad esempio all'apprendistato. Vorremmo portare la Cassa integrazione da 9 a 18 settimane, sarebbe un'ulteriore spinta. Non credo ci saranno molti contenziosi, perché con la Cig i calciatori al di sotto dei 50mila euro lordi hanno risolto il problema, in più con il fondo di 3 milioni per calciatori e altri 3 per gli allenatori, AIC e AIAC potranno compensare il mancante rispetto alla Cassa integrazione. Così dovremmo essere abbastanza salvaguardati, ma mi preoccupa di più cosa avverrà da settembre in poi. Siamo stati l'unica lega che aveva calcolato realmente cosa ci aspettasse all'indomani del prossimo campionati quando il Governo l'aveva chiesto".

Come si risolve? Meno squadre, dilettantismo, credito d'imposta?
"Vado con l'accetta, per semplificare. Chi dice di tagliare il numero delle squadre non conosce il calcio: cinque anni fa siamo passati, da soli, da novanta a sessanta club. Non abbiamo risolto molto, come si può ben vedere. Mi preoccupa chi parla di numeri, perché bluffa per nascondere la sostanza dietro al fumo. Come dimostrato in questi anni, abbiamo bisogno di una riforma dell'intero sistema calcio. Perché la A non è competitiva col resto d'Europa? Perché la B ha problemi di bilanci? Perché la C non è sostenibile e spesso i giocatori preferiscono andare in D piuttosto? Torniamo a pensare a qual è la mission di ognuno di noi, a stabilire le regole e capire la sostenibilità economico del progetto. Quando si aprirà quel tavolo, chi ha bluffato sulla partita B1, B2 sullo scomporre la C e gli è esplosa in mano, su quel tavolo si troverà una Serie C agguerrita. Perché abbiamo bisogno delle riforme, per mantenere l'identità. Credo che lo capiremo quando, come detto Gravina, nelle prossime settimane si aprirà il tavolo delle riforme. Presenteremo il nostro progetto, una delle regole più innovative del calcio italiano è stata la riammissione dei club virtuosi: voglio vedere chi si batterà contro di queste al prossimo Consiglio Federale, e chi lo farà è perché difende il vecchio regime, dei furti e dei banditi. Combatteremo. Abbiamo fatto una riforma che ha migliorato la questione dei giovani, ma non ha accelerato come volevamo. Siamo andati a vedere le università americane, la loro politica dei talenti, e la vogliamo innervare nella nostra tradizione. Così la Lega Pro può diventare la fucina dei talenti giovani e italiani, e il territorio. Questa è la nostra partita".

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