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Vialli e la Sampd'oro: "Per Mantovani ti saresti buttato nel fuoco"TUTTO mercato WEB
© foto di Alberto Fornasari
mercoledì 13 aprile 2011, 12:06News Doria
di Stefano Orengo
per Sampdorianews.net

Vialli e la Sampd'oro: "Per Mantovani ti saresti buttato nel fuoco"

Uno scudetto che sta per compiere 20 anni. L'universo blucerchiato ora deve far fronte a un difficile presente, ma, pur con la consapevolezza che non bisogna rifiugiarsi dalle problematiche ricordando il passato glorioso, è sempre bello ascoltare chi ne parla. Soprattutto se questo qualcuno è Gianluca Vialli, uno degli eroi di quella squadra, che si confessa ai taccuini del Guerin Sportivo. “Una vittoria meritata, sotto ogni punto di vista - comincia Luca toccando subito il tema scudetto -. Eravamo in sedici, un grande gruppo: lo scudetto è arrivato al termine di una progressione che aveva portato la Sampdoria a vincere ogni anno qualcosa. La consapevolezza della vittoria ci è arrivata solo con la matematica, sono sincero: solo dopo il Lecce ci siamo accorti che l'obiettivo era stato raggiunto. Vincere lo scudetto a Marassi è stato meraviglioso, perché il pubblico doriano per me ha sempre avuto un significato enorme, un legame mai venuto meno”.

“Se devo però trovare la partita della svolta, dico quella contro l'Inter - prosegue -. Prima avevamo già battuto la Juventus aprendone la crisi e il Milan, ma i nerazzurri non mollavano e prima di quella sfida c'era ancora troppa strada davanti per pensare di essere arrivati. Prima del fischio d'inizio c'era tensione mista a convinzione di fare bene: era la partita che decideva il campionato, ma non ci fu bisogno di raccomandazioni particolari, il nostro era già un mondo speciale. Ricordo però che rientrava Cerezo dopo qualche domenica. E Toninho era un personaggio, sempre molto colorito e, complice il suo italo-brasiliano, dava sempre l'impressione di voler scherzare. Per non parlare dei suoi cani, due, alti e neri come lui. Se li portava sempre in allenamento ed era inevitabile che facessero pure i loro bisogni in mezzo al campo”.

Cose che potevano succedere solo in quella Sampdoria, si potrebbe dire. “Vero. Il nostro era realmente un ambiente sui generis, sereno, tranquillo - conferma Vialli -. Un clima disteso che ti permetteva di vivere al meglio il tuo ruolo di calciatore. Il merito va innanzitutto al Presidente Mantovani: è stato lui a creare quel clima di complicità e coesione che ha portato al miracolo Sampdoria. Pensare positivo e niente drammi: lui voleva sempre vederci sorridenti. Mi ricordo una frase dell'anno post-scudetto, quando in campionato la squadra faticava: “Non mi importa se siamo in B quando vinceremo la Coppa Intercontinentale” ci disse. Un grande insomma, anche dal punto di vista tecnico”.

Insieme al Presidente, un altro artefice di quel ciclo di vittorie è senza dubbio anche l'allenatore Vujadin Boskov, capace di portare quella squadra così in alto come mai nessuno prima di lui: “Con Boskov abbiamo fatto il salto di qualità - racconta l'ex numero 9 doriano -. Aveva molte doti, ma soprattutto quella di lavorare sui pregi dei giocatori, dialogando molto con loro. Il calciatore deve condividere le idee del proprio tecnico, mentre il tecnico deve tener conto delle osservazioni che provengono dai suoi ragazzi. Poi a decidere dev'essere solo lui. La formazione noi giocatori non l'abbiamo mai fatta, ci abbiamo provato solo una volta, prima della finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona, suggerendo le marcature. Ma non ci ascoltò”.

“Fondamentale anche il ruolo di Paolo Borea - continua Vialli ricordando l'importante figura del Direttore Sportivo -. Un uomo di grande cultura, il perfetto tramite tra la squadra e la società. Faceva con noi parte del club “Biancaneve e i sette nani”, una delle cose tra le più belle e divertenti che mi sia capitata di vivere. Si cenava insieme il giovedì sera, si stava in compagnia con il desiderio di vivere ancora più intensamente per e con la Samp. Andavamo al ristorante “Edilio” di Edilio Buscaglia. Lui era Biancaneve, mentre, elencando la formazione: Mancini era Cucciolo, Mannini Eolo, io Pisolo, Borea Dotto, Arnuzzo Mammolo, Soncini - il tecnico della Primavera - Brontolo, mentre il dirigente Guido Montali era Gongolo. Eravamo tutti legati alla società, andavamo a letto con il pigiama della Samp addosso, mentre la mattina, andando a Bogliasco, c'era sempre lo spettacolo: mare da un lato, verde dall'altro. Meraviglioso”.

“Fu anche per quell'ambiente che nel 1988 dissi no al Milan. Ero innamorato della Sampdoria e non volevo lasciarla. Ad di là dei soldi. Perché è vero che guadagnavamo molto, ma avevamo addosso responsabilità che neppure i capitani di industria hanno. Ricordo tante critiche e cattiverie gratuite, come ad Italia '90 ad esempio, quando ero atteso, ma non stavo bene fisicamente. Quell'esperienza mi ha comunque dato tali rabbia e carica che sono state utilissime per la conquista dello scudetto. Per me come per gli altri sampdoriani come Mancini, Pagliuca e Vierchowod”.

Un ambiente ideale, quello blucerchiato. Anche perché Vialli parlando delle dinamiche interne dello spogliatoio racconta: “Eravamo un po' tutti leader. Mancini e Vierchowod erano i più focosi, così come Pagliuca. Pietro era particolarmente ruvido, ha fatto piangere più di un compagno. Io, Pari e Luca Pellegrini eravamo quelli che buttavano acqua sul fuoco. Con Mancini eravamo complementari, ci stavamo simpatici senza nessuna gelosia, solo la voglia di far bene per la Sampdoria. Ci divideva il carattere e, fuori dal campo, il fatto che lui fosse molto più fidanzato di me” conclude scherzando.

Ambiente perfetto. Ciclo di vittorie. Tutto possibile grazie a Paolo Mantovani. E Vialli snocciola un curioso aneddoto legato al suo primo incontro col Presidente: “Fu a sorpresa e abbastanza movimentato, ora che ci ripenso. Eravamo alla fine della stagione 1983/84 e solo in quel momento venni a sapere che da un anno la Samp mi aveva acquistato. Me lo disse il presidente della Cremonese Luzzara a telefono, aggiungendo di andare subito da lui: quando arrivai, con mia sorpresa vidi che c'era anche Mantovani. L'argomento dell'incontro fu il mio contratto e io andai subito giù duro: gli dissi che volevo gli stessi soldi di Mancini. Fatto sta che, mentre Mantovani mi spiegava che c'erano delle gerarchie da rispettare e che il Mancio giocava in blucerchiato già da due anni, io un po' rosicavo e Luzzara era diventato rosso come un peperone nel timore che per qualche milione potesse saltare l'affare, perché dietro la Samp c'era la Juventus che avrebbe dato alla Cremonese molti meno soldi”.

Rimpianti di non essere andato subito alla Vecchia Signora? Niente affatto. “Mi sentivo davvero sampdoriano quando ancora non si sapeva nulla del mio passaggio: i molti doriani che erano con me nell'Under 21 mi avevano già fatto il brain-wash sulla bontà del loro ambiente - sorride Vialli -. E Mantovani fece il resto. Sul capitolo soldi, mi dava sempre quelli che aveva deciso lui di darmi. Tu ad ogni rinnovo eri convinto di aver fatto delle grandi battaglie, ma in realtà lui aveva già stabilito tutto. Pur facendoti credere il contrario. Lui per me è stato un secondo padre: andavo sempre in sede a trovarlo e parlare con lui era sempre un piacere. Uscivi dal suo studio ed eri 20 centimetri più alto: per lui ti saresti buttato nel fuoco. Questo era Paolo Mantovani”.