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Falsini: "Reggina, che felicità. Vi racconto il Chiesa bambino. E la Nba..."

Falsini: "Reggina, che felicità. Vi racconto il Chiesa bambino. E la Nba..."TUTTO mercato WEB
venerdì 7 agosto 2020, 08:45La Giovane Italia
di La Giovane Italia
La Giovane Italia vi porta alla scoperta dei nuovi talenti del calcio italiano, raccontandovi ogni giorno, alle 8:45, le storie dei giovani di casa nostra e dei club che scommettono su di loro

Dopo un periodo di inattività di due anni, Gianluca Falsini è tornato ad allenare. Il tecnico aretino, che si era preso una pausa dopo essere stato nel settore giovanile della Roma, è stato recentemente nominato come nuovo tecnico della Primavera della Reggina. L'ex difensore si prepara quindi a tornare a Reggio Calabria, dove aveva giocato due stagioni ottenendo altrettante salvezze in Serie A. Nel corso della sua lunghissima carriera da calciatore ha vestito tantissime maglie e ha accumulato un’esperienza comune a pochi. E oltre al calcio è anche un grande appassionato di basket, in particolare quello americano. A La Giovane Italia ha raccontato le sensazioni del ritorno in panchina, con un pronostico sulle coppe europee e... sul finale di stagione Nba.

Mister, torni ad allenare dopo un periodo abbastanza lungo di inattività. Ti è mancato?
“Sì, sono molto contento di essere tornato a Reggio Calabria e di avere di nuovo la possibilità di fare il mio mestiere. Ho allenato un po’ privatamente in questi ultimi anni, aiutando sia ragazzini che professionisti, però allenare un intero gruppo è tutta un’altra storia. Mi mancavano i ritiri, la preparazione, le trasferte, le partite, lo spogliatoio. Sono molto dinamico e faccio fatica a star fermo, come quando giocavo, quindi sono contento di essere tornato".

Cosa pensi di questo finale di campionato appena vissuto?
“Chapeau a chi è sceso in campo per salvaguardare l’economia del calcio, l’economia nazionale e il piacere dei tifosi. E questo vale per noi, l’Inghilterra, la Spagna, il Portogallo. È stato un calcio sinceramente difficile da commentare a volte, perché giochi ogni tre giorni e non ti alleni più; alla fine il titolo è andato alla Juventus perché aveva la rosa più profonda. Ci sono stati problemi fisici, muscolari, tendinei: è un format simile alla NBA, solo che loro nelle partite di regular season giocano seriamente dieci-dodici minuti, mentre per gli altri 36 si trascinano per il parquet. Si è visto che alcune squadre non c’erano a livello fisico e mentale e mancavano l’intensità del pre-Covid e quegli elementi di adrenalina e pressione che rappresentano la regola quando si gioca con il pubblico allo stadio".

L’Atalanta quindi è un caso più unico che raro.
“Due fattori hanno contribuito in positivo per loro: l’età media e l’intensità messa da inizio anno fino alla fine. Penso che l’Atalanta si alleni con il doppio dell’intensità della Juventus, con la quale il gap è solo di organico: la Juventus ha i campioni, mentre l’Atalanta no, quindi deve spremersi il doppio. A livello fisico è una squadra pronta per degli sforzi di endurance a cui gli altri non sono abituati. Ilicic prima della pandemia, per quello che ha fatto vedere, era da primi cinque del Pallone d’oro; giocatori come Gosens e Gomez sono stati straordinari. L’intensità messa negli allenamenti dai nerazzurri penso li abbia aiutati a tornare in campo con la stessa fame di prima; sono un caso unico in Italia, credo l’unica squadra che ci si avvicini per mentalità sia l’Hellas Verona di Juric".

Stanno riprendendo anche le competizioni continentali. Cosa ci possiamo aspettare?
“Ci sono tanti distinguo da fare. Giocare in Europa è un terno al lotto anche in una stagione normale: mezz'ora di blackout può essere fatale. Con questo concentramento di partite, questo aspetto verrà ancor di più messo in risalto. Attenzione alle sorprese: squadre come Atalanta e Atletico Madrid possono arrivare in fondo, il Lipsia è un gruppo interessante con un ottimo allenatore, che gioca bene tra le linee e sa creare bene gioco. Certe situazioni poi sono cambiate: il Real Madrid prima della pandemia aveva ben poco equilibrio e avrebbe molto probabilmente perso la Liga, tornato in campo a giugno ha ribaltato la situazione e il City non può stare tranquillo nella partita di ritorno. Anche la Juventus non avrà vita facile: il Lione si sta preparando solo per questa partita da tempo ed è un’incognita. Mi auguro le italiane facciano bene".

Con un Barcellona in difficoltà ce la può fare anche il Napoli?
“Sì, secondo me il Napoli ha qualche chance di passare il turno. Chiaro che dopo aver vinto la Coppa Italia siano scesi di intensità, ma va anche detto che il Barcellona in questo momento ha un sacco di problemi, tra elezioni del nuovo presidente, Messi con più mal di pancia del solito, Griezmann in difficoltà, un possibile cambio di allenatore. Sono in una situazione difficile, poi però è chiaro che se Messi gioca come sa ovviamente diventa durissima per tutti".

In passato sei stato allenato da Gigi Simoni, scomparso da poco. Che ricordo hai di lui?
“Era un signore. Un gentiluomo del calcio, un raro esempio di questo tipo, una persona straordinaria da un punto di vista morale. Tecnicamente e professionalmente metteva sempre davanti i calciatori che allenava. Di solito gli allenatori sono molto egocentrici mentre lui prima voleva capire che uomo aveva davanti e poi il calciatore. Io l’ho avuto a Siena, all’epilogo della carriera da allenatore, ma si vedeva che sapeva come trattare gli atleti. Sapeva entrargli dentro la testa e lo faceva con un’eleganza unica, che non ti viene insegnata in nessun corso di Coverciano, Berlino o Londra".

A Siena, poi, hai condiviso lo spogliatoio con Enrico Chiesa. Avevi conosciuto il piccolo Federico? Rivedi qualcosa di suo padre in lui?
“Federico lo conosco da quando aveva dieci anni, quando veniva a vedere gli allenamenti del papà e si metteva a tirare nelle porte da calcetto. Suo padre passava il tempo a dirgli ‘devi prendere l’incrocio per segnare, non basta calciare in porta’. Già all’epoca usava entrambi i piedi. Per quanto riguarda il paragone con il papà, Enrico era molto più bomber e faceva meno movimento, Federico è più dinamico e gioca più distante dalla porta. Se c’è una cosa in cui sono simili è la velocità: Enrico negli spazi brevi era imprendibile, come Federico. Probabilmente deve ancora maturare sotto certi aspetti e, secondo me, alla fine, quest’estate lascerà Firenze. Credo che lui, assieme a Zaniolo e Tonali, siano l’inizio di una nuova generazione di ragazzi. Hanno anche qualcosa in più dei loro coetanei".

In chiusura, sapendo della tua passione e visto che l’hai citata prima, è ripresa anche la NBA. Da tifoso dei Lakers come vedi questa ripartenza nella "bolla" di Disney World?
“Io il gialloviola ce l’ho nel sangue, rimasi innamorato dallo Showtime degli anni ’80. Prima della pausa avrei detto che avremmo vinto il tiolo di sicuro, ora con l’infortunio di Rondo e Bradley che ha rinunciato alla ripresa del campionato qualcosa è cambiato. Hanno firmato JR Smith, ma credo sia troppo poco. Se Davis, Lebron e Kuzma sono centrati diventa difficile batterci per tutti, soprattutto in difesa. Ci sono tante incognite, ma secondo me sarà un finale tutto da godere".

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