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Filippo Galli: "De Zerbi e Pioli, due valori aggiunti. Su Segre dico che..."

Filippo Galli: "De Zerbi e Pioli, due valori aggiunti. Su Segre dico che..."TUTTO mercato WEB
domenica 13 dicembre 2020, 08:45La Giovane Italia
di La Giovane Italia
La Giovane Italia vi porta alla scoperta dei nuovi talenti del calcio italiano, raccontandovi ogni giorno, alle 8:45, le storie dei giovani di casa nostra e dei club che scommettono su di loro

Ex responsabile del settore giovanile del Milan, collaboratore FIGC e SGS per lo sviluppo del calcio giovanile e coordinatore del corso FIGC per responsabili di settore giovanile. Filippo Galli, calciatore che in carriera ha vinto cose come 5 scudetti, 4 supercoppe italiane, 3 Champions League, 3 supercoppe europee e 2 coppe intercontinentali, si è raccontato a La Giovane Italia.

Ha svolto tutta la trafila nel settore giovanile del Milan, quel vivaio che poi ha riaccolto da responsabile dopo la sua esperienza da calciatore. Quali differenze ha notato nei giovani di oggi rispetto a quelli della sua generazione?
“Indubbiamente il contesto è cambiato, quello della società in generale e di conseguenza anche quello inerente il mondo del calcio. I ragazzi di oggi sono i figli della modernità e noi non dobbiamo opporre resistenza, piuttosto bisogna accogliere il cambiamento e accompagnare i giovani nella direzione giusta. A 38 anni, quando andai a giocare in Inghilterra, al Watford (stagione 2001-2002, ndr), negli spogliatoi si ascoltava musica a tutto volume, per me qualcosa di inconcepibile. Io avevo bisogno di silenzio per concentrarmi, ma mi sono adeguato a quello specifico contesto. Se priviamo i nostri ragazzi di vivere la modernità faremmo loro un torto; lo ha detto anche Gennaro Gattuso, c’è la necessità di fare un passo verso i giocatori e non alzare un muro. Forse la mia generazione era più resiliente, davanti le difficoltà si trovavano risorse per uscirne, nei giovani di oggi questo viene meno, anche perché faticano nel trovare figure di riferimento”.

Da un paio d’anni a questa parte l’Italia ha invertito il trend, lanciando sempre più spesso i giovani dei settori giovanili nostrani. In cosa dobbiamo ancora migliorare?
“C’è ancora molto da fare a livello di vivaio, sia professionistico che dilettantistico perché è quest’ultimo, ci tengo a sottolinearlo, che costituisce il serbatoio dell’Italia calcistica. Gli allenatori lanciano i giovani quando li vedono preparati, per far sì che lo siano bisogna lavorare in un certo modo nella fase primaria della loro crescita sportiva. Si dice che si pensi troppo alla vittoria e meno alla formazione, è vero; dobbiamo trovare il giusto compromesso, anche alzare un trofeo giovanile ha la sua importanza, ma rimarrebbe fine a se stesso qualora non venisse accompagnato dalla formazione dei calciatori. Credo che il Milan tra il 2011 ed il 2012 abbia iniziato un percorso di questo genere, alcuni erano contrariati all’epoca. Noi abbiamo creduto in ideali considerati eretici in quel periodo come la costruzione da dietro, facendo partecipare attivamente portieri e difensori, oppure chiedevamo ai nostri terzini di giocare avanzati pur concedendo la parità numerica in fase difensiva. Oggi si sta prendendo coscienza che forse quella scelta non era poi così sbagliata. Lo vediamo anche nelle prime squadre, finalmente si gioca un calcio propositivo, volto ad attaccare. Fino a qualche tempo fa in Italia era inusuale, abbiamo sempre optato per una tipologia di gioco basata sulla solidità difensiva e la ripartenza”.

A proposito di calcio propositivo, cosa ne pensa dello splendido Sassuolo di Roberto De Zerbi?
“Non ho mai nascosto che per me Roberto è un vero e proprio riferimento a livello calcistico. Parliamo di un allenatore che propone un calcio di qualità e soprattutto si dimostra sempre più un formatore. I giocatori che hanno la fortuna di lavorare con lui puntualmente migliorano, che siano giovani o più avanti con l’età. Lo stesso sta facendo Pioli, con lui tutti i calciatori del Milan sono migliorati e cresciuti. E’ ovvio poi che i risultati in prima squadra siano fondamentali, ma bisogna anche riconoscere chi fa formazione, chi migliora i giocatori, in questo modo conferisce valore aggiunto al club”.

Rimanendo in tema di formazione, come può progredire il calcio dilettantistico italiano?
“Personalmente ritengo che la scelta migliore sia quella di ragionare e di conseguenza lavorare come sistema. Bisogna investire nella formazione di allenatori ed in tutte quelle figure che partecipano alla crescita dei giovani dando loro la giusta dignità, perché non sempre ciò avviene. Chi lavora nei settori giovanili dilettantistici, ma anche in quelli professionistici, spesso non viene valorizzato come dovrebbe. Ripeto, bisogna lavorare di sistema, provare a trovare le risorse, anche finanziarie, all’interno del sistema, condividere le conoscenze, coordinarsi. Questi sono aspetti fondamentali”.

Veniamo all’attualità: in settimana è stato annunciato Mario Balotelli al Monza…
“Questa rappresenta una grandissima chance per Mario. Mi auguro, per lui e per il club, che possa mettere in mostra tutto il suo talento anche se nel calcio, come in ogni altro contesto, non conta solo quello; occorre avere e sviluppare una serie di competenze. Sono sempre stato dalla parte di Balotelli, quando si trasferì al Brescia sperai che nella sua città potesse dare il meglio di sé, così non è stato purtroppo”.

Nell’ultimo weekend calcistico Jacopo Segre è stato bersagliato da minacce ed insulti per aver scattato una foto con la maglia di Dybala. Cosa ne pensa?
“I social oggi sono importanti, oserei dire fondamentali per la comunicazione. Capisco il tifoso che può arrabbiarsi visto un derby perso da poco e considerando il momento delicato in casa Torino, ma passare ad insulti e minacce non è accettabile. Conosco personalmente Jacopo e so quanto possa essere dispiaciuto per la sconfitta contro la Juventus, è assolutamente sbagliato demonizzare un ragazzo davanti a quello che per lui potrebbe essere stata la realizzazione di un sogno, vale a dire ricevere la maglia di un calciatore come Paulo Dybala. Una maggiore attenzione avrebbe impedito tutto questo ma riconosco l’innocenza del ragazzo”.

Da sempre al fianco de La Giovane Italia, come giudica il nostro progetto?
“LGI è stata la prima a credere nel mondo dei giovani portando avanti un lavoro ben strutturato. Non è facile parlare o scrivere di calciatori alle loro prime esperienze nel calcio professionistico, bisogna sempre avere una certa attenzione perché è un tema delicatissimo”.

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