Il crollo (parte II). La Lazio si specchia nei soliti problemi di personalità
Le parole di Parolo a fine gara sanno di resa ("Oggi non abbiamo avuto l'atteggiamento giusto, la sveglia è arrivata solo dopo due schiaffi. Non è lo spirito che serve a questa squadra, spesso ci dimentichiamo di quello che vogliamo e dove vogliamo arrivare. La testa in questo mondo conta tantissimo, bisognava avere un altro tipo di umiltà e atteggiamento, dovevamo sudare anche contro questo Chievo") e difficilmente oggi lo stato d'amico in casa Lazio può essere diverso, dopo aver perso una gara contro il Chievo che andava vinta, con qualsiasi mezzo possibile. I biancocelesti, a tre settimane dal ko di Ferrara contro la SPAL, si specchiano nei soliti problemi di personalità, che hanno impedito anche l'anno scorso di arrivare nel gota del calcio italiano e che hanno troppo spesso condizionato il rendimento della squadra in questo. L'inconcepibile nervosismo di Milinkovic-Savic, che dovrebbe essere uno dei leader della squadra, e il crollo nella ripresa, testimonia come i problemi della squadra non vadano ricercati nelle caratteristiche tecniche o fisiche, ma semplicemente nella mentalità.
E quanto pesa, in momenti come questi, l'assenza di un leader nato come Lucas Leiva. E' vero, lui c'era a Ferrara, in una gara totalmente diverse da questa ma non riuscì a impedire ai suoi di perdere un treno importantissimo verso la Champions. Un secondo treno, verso la stessa destinazione, è appena passato davanti agli occhi spalancati di giocatori e tifosi biancocelesti, che ora forse hanno smesso di credere al raggiungimento di una competizione che forse è oltre le possibilità della squadra di Simone Inzaghi.
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