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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Invincibles e paradosso Wenger. Altro che eterno secondo

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Invincibles e paradosso Wenger. Altro che eterno secondoTUTTO mercato WEB
© foto di Imago/Image Sport
lunedì 27 aprile 2020, 01:05Serie A
di Simone Bernabei
#iorestoacasa - Tuttomercatoweb.com propone ai suoi lettori delle storie di calcio per tenerci compagnia in queste giornate tra le mura domestiche

Sono serviti 115 anni di storia calcistica per far sì che il Dio pallone concedesse per la seconda volta un regalo del genere ai tifosi. L’Arsenal 2003/2004, guidato da Arsene Wenger in panchina, era davvero Invincibles. Nel senso che in quella stagione di Premier League non perse neanche una partita. 115 anni dicevamo. L’ultima volta (nonché prima) che successe una cosa del genere occorre sfogliare l’album “dei ricordi” di due secoli. Era il 1889, il campionato inglese era nato da soli 18 anni e il Preston North End conquistò il titolo rimanendo imbattuto per tutta la stagione. 115 anni dopo ecco che la magia si ripete, senza preavviso e con tanto tanto romanticismo. Quello che per molti circonda(va) Highbury, palcoscenico di quella meravigliosa recita teatrale messa in atto da quei Gunners.

L’undici invincibile - Erano passati alcuni anni dal ’98-’99, stagione in cui per la prima volta l’Arsenal con Arsene Wenger in panchina vinse qualcosa. Più di qualcosa, visto che portò a casa il double campionato e FA Cup. Di quella squadra di fine millennio, erano rimasti solo due interpreti titolari, oltre a Ray Parlour e Martin Keown: Patrick Vieira e Dennis Bergkamp, ovvero due delle colonne della rosa. In porta c’era Jens Lehmann, la difesa fu sistemata a percorso iniziato. Kolo Toure era stato acquistato idealmente come terzino. Fu ben presto affiancato al centro a Sol Campbell. Lauren, centrocampista a Maiorca, fu dirottato a destra. Dall’altra parte, il fenomenale Ashley Cole, interprete perfetto per l’idea di calcio di Wenger. Al fianco di Vieira il molto poco brasiliano Gilberto Silva con Freddie Ljungberg e Robert Pires a creare il panico sgli esterni. Coadiuvati dall’olandese non volante Bergkamp e soprattutto da Thierry Henry là davanti. Pronti ad aiutare, poi, José Antonio Reyes, Edu, Cygan e Sylvain Wiltord. Da lontano, pure un 16enne Cesc Fabregas osservò con gusto.

I momenti chiave - Un 4-4-2 nelle idee che sul campo aveva attuazione in un 4-4-1-1 ben disegnato, con Bergkamp a giostrare alle spalle del mobile Henry. Gli interpreti come detto furono perfetti fin da subito per il gioco offensivo, corale, fatto di tanto movimento e cambi di posizione, con passaggi stretti e sviluppo veloce, proposto dal francese. Nono partirono col favore del pronostico, i Gunners. Nonostante una grande stagione l’anno precedente chiusa con secondo posto e FA Cup. L’Arsenal era visto come favorito da pochi, fra i media solo The Observer e Guardian United (edizione web del quotidiano) pronosticarono a suo favore.
Il campionato iniziò alla grande, dopo la sconfitta in Community Shield contro il Manchester United: vittorie con Evertom Middlesbrough, Aston Villa e Manchester City, successo quest’ultimo arrivato nonostante un clamoroso autogol di Lauren. A settembre, dopo la pausa per le nazionali, l’Arsenal era un po’ arrugginito: pareggio contro il Portsmouth di Teddy Sheringam, quindi altra X contro lo United. Fino a fine 2003, l’Arsenal continuò a vincere le gare importanti, pareggiando qualche sfida ‘apparentemente’ semplice: con Charlton, Fulham, Leicester e Bolton. Poi, da gennaio, il cambio marcia: 9 vittorie filate, dal 10 gennaio al 20 marzo e primo posto in classifica consolidato. Anche perché, alla 30esima contro il Manchester United, arrivò un altro pareggio. Così come fondamentale, per chi seguì dal vivo quelle gesta, fu il pareggio alla 34esima contro il Tottenham per poi chiudere il campionato con 2 vittorie e 2 pareggi. 38 partite consecutive senza perdere. Considerando anche le due della stagione precedente e le 9 di quella successiva, una non indifferente striscia di 49 risultati utili consecutivi.

Il paradosso di Wenger - Era spavaldo e ambizioso in quegli anni, il tecnico Arsene Wenger, manager dell’Arsenal dal ’96 al 2018. 22 anni pieni di tutto, con lamacchia di un finale inaspettato. La sollevazione popolare per chiedere il suo esonero. Da non credere, ma striscioni e hashtag #wengerout in quei giorni non si contavano. “Siamo stufi di arrivare secondi”, “Wenger eterno secondo, non è un vincente”, le critiche che tifosi, critici e stampa rivolgevano al francese. Troppi, per quelle teste, i 14 anni senza successo in Premier League. Bene le FA Cup, ok anche i Community Shield. Ma il piatto ricco mancava da troppo tempo, all’Emirates. Una serie di accuse popolari che però in parte stridono con quella che è stata la carriera dell’allenatore francese: nei primi anni, quelli da cui sono passati anche gli Invincibles, portò a casa 3 Premier League, 4 Fa Cup e 4 Community Shield. Poi, dal 2004, il tracollo in termini di trofei, almeno per una decina d’anni. E il sentimento descritto prima che lentamente, ma inesorabilmente, cresceva. Fino all’addio, fra rimpianti e (poco) romanticismo, del 2018.

I quasi Invincibles di oggi - 26 vittorie e 1 pareggio nelle prime 27 stagionali. Il Liverpool di quest’anno, almeno fino a fine febbraio, più che “invincibile” sembrava “perfetto”. Sotto ogni punto di vista. Una macchina da gioco e da gol, come e più che quell’Arsenal, incapace di perdere. Se a quelle 27 prime giornate del 2019/2020 si sommano le 17 della stagione precedente, ecco che le partite senza sconfitta degli uomini di Klopp diventavano 44. 5 in meno rispetto alle 49 degli Invincibles. A 6 successi dalla storia della Premier, 50 risultati utili consecutivi. Alla 28esima però, poco prima del lockdown, il destino si è messo di mezzo portando in dote la sconfitta sul campo del Watford. Un ko che di certo nulla toglie alla straordinarietà di quel Liverpool. Ma che, almeno per quest’anno, lascia al sicuro il record dell’Arsenal degli Invincibili.

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