
Samardzic e quel talento che Bergamo non può sprecare
È nella pazienza che si coltivano i grandi talenti, è nella fiducia costante che i giovani calciatori trovano il modo di diventare campioni veri. Lazar Samardzic, il ragazzo arrivato a Bergamo con una valigia carica di aspettative, rischia oggi di diventare il simbolo perfetto di quella categoria di giocatori eternamente in bilico tra la gloria e l’incompiutezza. La sua prima stagione con la maglia dell’Atalanta è stata come una sinfonia interrotta troppo presto, suonata a tratti e incapace di regalare il finale che tutti si aspettavano.
Quando a Zingonia è apparso il volto timido di Lazar, accompagnato da un sinistro elegante e da una fama di fantasista in rampa di lancio, non è stato difficile immaginare un percorso di crescita rapido e travolgente. Eppure, a poche giornate dalla fine del campionato, la realtà racconta tutt'altro scenario. Quel talento così acclamato, accolto con entusiasmo dal popolo nerazzurro, è rimasto finora cristallizzato in pochi lampi di qualità, imprigionato tra le maglie di un calcio veloce, fisico, intenso. Un calcio che Gasperini predica con rigore e nel quale Samardzic fatica ancora a inserirsi pienamente.
La stagione del serbo è stata un'altalena continua: promettente nei mesi centrali, quando sembrava aver finalmente conquistato fiducia e spazio in campo, deludente e contraddittoria nella fase decisiva. Eppure, chi lo ha visto in quei pochi momenti brillanti, non può dubitare delle sue qualità. Perché, a ben guardare, il problema di Samardzic non è il piede né la tecnica, ma l'ambientamento tattico, quel passaggio mentale e agonistico che rende davvero un giocatore "da Gasperini".
Forse ultimamente ci siamo abituati bene, forse troppo. I nuovi acquisti sono attesi al varco, chiamati a dimostrare subito di saper reggere il ritmo, di saper cambiare il volto delle partite con una giocata. Ma a volte si dimentica che dietro al talento, soprattutto giovane, c'è una complessità psicologica e tattica che richiede tempo, coraggio, e soprattutto costanza. Quella costanza che Lazar, per mille motivi, non ha ancora trovato.
Ora, dunque, cosa resta da fare con questo ragazzo dal piede mancino e dalla visione illuminata? La risposta è semplice quanto complessa: aspettarlo, con intelligenza e fiducia. Perché Bergamo ha già vissuto storie simili, storie di talenti che hanno rischiato di perdersi prima di diventare grandi protagonisti. Lo stesso Gasperini, maestro nel plasmare giocatori e uomini, sa che il percorso di crescita non è lineare, ma costellato di ostacoli, incertezze e frenate improvvise.
Samardzic può e deve diventare una risorsa. Non può essere archiviato frettolosamente come una semplice incompiuta, né lasciato partire con il rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere. L'Atalanta ha bisogno di un giocatore con le sue caratteristiche, capace di spezzare equilibri, di aprire spazi e inventare soluzioni che sfuggono ai normali schemi di gioco. Il club nerazzurro, che nella valorizzazione dei giovani ha costruito il suo modello vincente, deve adesso applicare proprio quel metodo con il serbo.
Se Lazar saprà trovare equilibrio, continuità e quella fame agonistica che ancora sembra mancargli, allora Bergamo potrà dire di aver vinto ancora una volta la sua scommessa più grande. Non quella sulla qualità tecnica, evidente a tutti, ma quella sulla maturità, sulla pazienza, sulla fiducia reciproca.
Perché in fondo è così che si costruiscono i successi duraturi: non con l'impazienza dei risultati immediati, ma con la visione lungimirante di chi sa che certi talenti meritano tempo. Lazar Samardzic è uno di questi. Sarebbe un errore imperdonabile, ora, non aspettarlo ancora un po'.







